XV

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(Asmodeus)

Per due giorni resto confinata al Sheraton, in questa dannata e lussuosa suite all'attico. La perlustro da cima a fondo, cercando qualcosa da fare per scacciare gli orridi pensieri che mi invadono la testa; non c'è alcuna traccia di Az in giro, zero oggetti, niente vestiti su cui poter annusare il suo buon odore di liquirizia. Quando anche Legione scompare per i suoi doveri da principe, Amore tenta di consolarmi inutilmente.

Non riesco a deviare i miei pensieri da quella bestia di mio padre. Ho promesso a me stessa e ad Alees che non avrei fatto del male ad alcun essere umano, che non sono uguale agli altri Demoni, ma mio padre non può più dirsi un umano. Mi ha venduta al diavolo, mi ha ripudiata ogni giorno dalla mia nascita e non è tornato indietro per me. Non è un padre; ora è lui il Demone peggiore della mia vita.

Legione ha ragione. È l'ancora che mi sta trascinando a fondo. Non ce la faccio più a resistere, a vivere con questo peso. Se Azrael fosse qui mi capirebbe, so che lui può sentire come mi sento, e nonostante ne parli con Amore non è la stessa cosa. Voglio Az.

Scappo dall'hotel al tramonto, appena il cameriere di turno (di nuovo) si infatua di Amore e lei si diletta un po' con lui, prima di cacciarlo via. Esco dal retro e sguscio via veloce, infilandomi nel cappotto caldo che mi hanno dato.

Devo trovare mio padre e c'è solo un uomo che può dirmi dov'è: Samuel. Non credo di essere pronta a rivederlo, però devo ammettere che è stato fin troppo gentile nei miei riguardi a non cercarmi – o provare a uccidermi ancora. Forse non gli interesso abbastanza, cosa affatto strana dato che Azrael mi ha detto che suo padre non ha alcuna simpatia per gli Ibridi, e andare da lui non è una grandiosa idea.

Cos'altro potrei fare? Aspettare Azrael in quella bellissima suite, farmi del lunghi bagni e andare alla spa, niente riuscirebbe ad alleviare il prurito nel mio petto. Ho bisogno dell'aiuto di Samuel e lo costringerò a darmelo: me lo deve.

Non devo vagare molto prima di trovare uno dei suoi stupidi manifesti. Prima non ci avevo mai fatto caso e leggo l'indirizzo del suo ufficio. Per mia fortuna non è distante: 4th Ave, 1116, Seattle, WA.

Dopo venti minuti a piedi, scavalcando l'immensa folla di lavoratori e ragazzini sugli skateboard, riders che quasi si fanno investire dai taxi, raggiungo l'enorme edificio in cui dimora. È un grattacielo moderno, con le vetrate di vetro oscurate, non è poi tanto diverso dal resto delle strutture del centro, a parte che il complesso di Samuel ha un'enorme iscrizione di bronzo con le iniziali N.C. New Contract Allan.

«Che pallone gonfiato» borbotto tra le labbra, poco prima di entrare.

La hall è enorme ed è ancora in piena attività, con luci abbaglianti che fanno pensare di essere ancora a metà giornata. Gli stagisti corrono su per le scale, ovunque, con scatoloni pieni di scartoffie e caffè bollenti, mentre gruppi di uomini di dirigono in diverse aule. Sono tutti vestiti eleganti, sobri e io finisco per sentirmi insignificante di fronte a questo colossale complesso.

Pattino fino alla reception dove tre donne sono indaffarate tra appuntamenti e auricolari all'orecchio. Picchietto le dita e contemporaneamente mi osservano stizzite.

«Devo vedere Sam» dico sicura. «Samuel Allan.»

Una di loro emette una risatina, alzando gli occhi. «Come tutti del resto. Ha un appuntamento?» Scuoto la testa. Sembro un tipo da appuntamento? «Allora deve prendere un appuntamento con il signor Allan, il primo che vedo disponibile è il venti.»

È tra due settimane. Non ho voglia di aspettare. «Di novembre?»

«Del settembre del prossimo anno.» È quasi felice di darmi questa cattiva notizia. Ticchetta veloce le dita nella tastiera, convinta che me ne andrò e quando mi vede ferma sospira. «Il signor Allan è molto impegnato.»

La leggenda di KiralDove le storie prendono vita. Scoprilo ora