Capitolo 18

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                                                                                                                                          Foolish pride

That's all that I have left

So let me hide

The tears and the sadness you gave me

When you said goodbye


Dionne Warwick, "Walk on by"


CIÒ CHE È SCRITTO NEL DIARIO DI TEA


ANNO 2007

LUGLIO

Panesecco


Persino durante la bella stagione capitano giornate, in montagna, in cui il tempo è così inclemente che tutti i verdi e gli azzurri della natura si sciolgono, resta solo la poltiglia di un fradicio ricordo. Le nubi scure e basse cancellano il panorama, il cinguettio degli uccelli e il ronzio degli insetti si interrompono, intimoriti dagli scrosci di pioggia. Nulla ha più il volto dell'estate, e le ombre delle vette più alte offrono una nitida immagine di ciò che gli abitanti del posto dovranno aspettarsi di lì a pochi mesi.

Quel clima tempestoso era la metafora perfetta per descrivere ciò che si agitava nel cuore di Tea. Nonostante fosse già pomeriggio e non avesse messo nulla sotto i denti dalla sera prima, si ostinava a rimanere rinchiusa nella propria camera dividendosi tra il letto, il cui cuscino era ormai intriso di lacrime, e le braccia di sua sorella Ruby, unica persona ammessa alla sua presenza quel giorno.

Quello che aveva vissuto con Daniel era stato un amore così incredibile che per mesi si era data dei pizzicotti, chiedendosi se davvero fosse lei la prescelta, che cosa avesse fatto per essere baciata dalla fortuna fino a quel punto. Averci creduto era, più di ogni altra cosa, ciò che la mandava in collera con se stessa. La disperazione che provava si mescolava alla sua rabbia, in un subdolo rincorrersi senza fine.

Tea aveva sempre saputo, in fondo, che non avrebbe mai potuto far parte di quel mondo lontano in cui viveva Daniel. Lo aveva capito fin dalla prima sera, quando aveva saputo il suo nome. Avrebbe fatto meglio ad ascoltare il suo sesto senso, che le aveva saggiamente suggerito di lasciare perdere, invece di infilarsi in una favola che – già lo sapeva – non avrebbe mai potuto avere un lieto fine. Avrebbe dovuto dare retta alla prudenza dei consigli di JoJo.

Già, avrebbe dovuto. Ma come avrebbe potuto combattere quella forza così potente che la attirava verso di lui senza possibilità di scampo? E anche se avesse resistito, non avrebbe poi finito col vivere di rimpianti?

Allora meglio provarci, meglio buttarsi a capofitto nella vita, pur tenendosi pronta al peggio, perché la vita di Daniel era troppo diversa dalla sua, e lei non avrebbe mai potuto chiedergli di rinunciarvi; non gli avrebbe mai negato la libertà.

L'amore però le aveva annebbiato la mente e lei aveva abbassato la guardia. Così, quando il momento era giunto, aveva colto Tea del tutto impreparata. Colpa sua. Solo colpa sua. Che rabbia, che disperazione.

A quel punto il circolo vizioso di pensieri ricominciava, e Tea si abbandonava di nuovo al pianto.

Celeste camminava su e giù per la casa come un'anima in pena, crucciata per la sofferenza della sua bambina.

Quando aveva provato a consolare la figlia, Tea l'aveva respinta. Aveva rifiutato qualsiasi offerta di cibo o bevanda, teneva il cellulare spento e le aveva risposto con male parole quando l'aveva pregata di rispondere alle tante chiamate che, Daniel prima e Alice poi, avevano dirottato sul telefono di casa Guisan.

Celeste aveva cresciuto due figlie femmine; le aveva viste spesso attraversare momenti di inquietudine e smarrimento, durante l'adolescenza, e a suo modo era sempre riuscita ad offrire loro conforto e consolazione. Ma non le era mai capitato di affrontare una situazione simile. Di solito dolce e disponibile, quel giorno Tea era irriconoscibile dietro la sua maschera di lacrime, tanto che la madre cominciava a temere per la sua salute.

Per questo scelse di mandare Ruby da lei, in veste di ambasciatrice, quando fu il momento di portarle un annuncio che non era certa avrebbe gradito.

La ragazza si sedette sul bordo del letto, su cui Tea stava stesa a faccia in giù.

"Devo dirti una cosa," esordì a voce bassa. "C'è Daniel. È qui fuori, al cancello... Chiede di vederti, vorrebbe parlare con te..."

"Mandalo via!" mugugnò Tea, che all'udire di quella scomoda incursione aveva ficcato la testa sotto al cuscino.

Ruby sospirò. "Tea, io non ho idea di cosa sia successo e del perché abbiate litigato in questo modo. Ma Daniel sembra davvero abbattuto. Se è venuto fin qui, probabilmente ha qualcosa di importante da dirti. Se ha fatto qualcosa che ti ha offesa, magari vuole chiederti scusa... Non vuoi provare a parlarci un po'?"

"Non voglio vederlo! Mai più!" strillò di nuovo la ragazza, scoppiando per l'ennesima volta in singhiozzi. "E... non... azzardarti a... dirgli che... sto piangendo... per lui! Non... lo deve... sapere!"

Celeste, che fino a quel momento si era tenuta ben nascosta dietro la porta ad origliare, fece irruzione nella stanza tentando a sua volta di persuadere la figlia, ma Tea per tutta risposta si rizzò a sedere sul letto e le lanciò il cuscino, intimandole di cacciare via lo sgradito ospite.

A quel punto la donna si arrese. Lasciò la stanza e si avviò verso l'ingresso, torcendosi le mani alla ricerca del modo meno sgarbato di dire no a quel ragazzo. Daniel era sempre stato così caro e gentile con tutti loro... Celeste non riusciva proprio a immaginarsi cosa mai avesse potuto fare di così grave alla sua bambina.

Afferrò un ombrello e si avviò lungo il vialetto che attraversava il giardino. Daniel stava in piedi oltre il cancello, in trepida attesa, con le mani in tasca e fradicio di pioggia, ma il suo sguardo speranzoso si tramutò all'istante in sconforto quando Celeste, avvicinandoglisi, scosse la testa e mormorò qualche parola di scusa, spiegandogli che non ci sarebbe stato modo di incontrare la figlia.

"Non importa" rispose il ragazzo che, anche se evidentemente scoraggiato, non aveva intenzione di rinunciare alla propria missione. "Io resto qui, se non le spiace. Magari più tardi cambia idea, e io devo assolutamente parlarle."

Daniel si ostinò a rifiutare l'invito di Celeste ad entrare in casa per asciugarsi e bere un caffè bollente, respinse l'offerta di un ombrello e non volle nemmeno risalire in auto. Rimase lì tutto il pomeriggio, in piedi, sotto la pioggia, incurante degli sguardi preoccupati che ogni tanto Celeste e Maurizio gli lanciavano da dietro le tendine della cucina. Restò fino a quando calò la sera, e allora il padre di Tea si decise ad uscire per convincerlo a tornare a casa, perché sua figlia non voleva saperne di cambiare idea, e non era il caso di rimetterci la salute. Magari, gli disse, trascorso qualche giorno anche la rabbia sarebbe sbollita, e allora avrebbero avuto modo di chiarirsi.

I modi gentili ma inamovibili di Maurizio spinsero Daniel a cedere, alla fine. Zuppo com'era il ragazzo risalì in macchina, mise in moto, e lanciando un ultimo triste sguardo alla villetta, anch'essa grigia e cupa come tutto ciò che lo circondava, scese lungo le strette stradine del paese e guidò lungo il fianco della montagna, giù, sempre più giù, e più scendeva più il suo cuore lo seguiva in quell'abisso, e quando varcò i confini di Città Grande una voce amara, dentro di lui, gli suggerì che quella strada tortuosa, un tempo compiuta col cuore traboccante di gioia ed entusiasmo, non l'avrebbe percorsa mai più.

Non c'è una nuvolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora