Capitolo 20

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Ooh, each morning I get up I die a little

Can barely stand on my feet

Take a look in the mirror and cry


Queen, "Somebody to love"


CIÒ CHE È SCRITTO NEL DIARIO DI TEA


ANNO 2009

NOVEMBRE

Città Grande


Pioveva a intermittenza da giorni, ma quella mattina era ancora più buia del solito. Sotto la cappa di nuvole nere, l'oscurità era tale da rendere impossibile distinguere il confine tra il giorno e la notte. A nord le cime delle montagne erano nascoste alla vista; a valle, le acque grigie del lago minacciavano di esondare. Ed era evidente che il tempo sarebbe ulteriormente peggiorato.

Tea si svegliò prima dell'alba, bevve al volo un caffè e andò a prepararsi per l'ufficio, scegliendo e infilandosi un anonimo completo nero con la medesima indifferenza con cui si metteva il pigiama la sera.

Quando Alice le faceva notare che avrebbe dovuto prendersi più cura di sé, la ragazza si appellava al poco tempo libero a disposizione: dal lunedì al venerdì, dopo una lunga giornata al lavoro, raggiungeva l'università per le lezioni serali. Tornava a casa tarda ora e non le rimanevano le forze che per buttarsi sul letto, sfinita. Trascorreva i fine settimana e i periodi di vacanza studiando, e gli unici momenti di svago che si concedeva erano delle fugaci uscite con la sua migliore amica o sporadiche cene a casa di Ruby e Simone.

Da un paio di anni a quella parte, la sua esistenza era diventata una noiosa melodia monocorde. Nessun cambiamento si profilava all'orizzonte, nessuna novità capace di provocarle quella scossa di elettricità che le era sembrato così ovvio provare quando... insomma, prima.

C'erano momenti, anche se radi, in cui tutto questo le dispiaceva, in cui provava ancora qualcosa di vagamente simile alla tristezza. Allora si ricordava che nella vita poteva esserci più di quello che aveva: se ne sentiva tagliata fuori, e il suo cuore sanguinava un po'.

Erano le uniche sensazioni rimaste a rammentarle di essere giovane, di essere viva. Per il resto, dopo la grande delusione che l'aveva segnata, niente riusciva a smuovere i suoi battiti.

Nulla sembrava scalfire la corazza dentro cui si era rifugiata, figuriamoci quel tempo lugubre. Al contrario, in mezzo all'oscurità Tea si sentiva a suo agio. Lei stessa era parte integrante di quell'atmosfera cupa. Sembrava aver rinnegato la propria indole solare, quella che la aveva sempre spinta ad amare i cieli azzurri e la vita all'aria aperta.

Era il potere della rassegnazione, della consapevolezza di quanto c'è di definitivo. L'unico modo per non soffrire era procedere impassibile lungo la propria strada, senza perdere tempo a voltarsi indietro per rimpiangere ciò che aveva perso.

Sul lavoro Tea era riconosciuta come una risorsa valida ed affidabile. I suoi voti universitari, sebbene fosse un po' in ritardo con il piano di studi, erano ottimi. Le sue giornate erano dense di impegni e scadenze: non le avanzava di certo tempo per fermarsi a rimuginare, e a lei stava bene così.

Come ogni giorno, Tea guidò l'auto giù per la montagna, osservando le nubi cupe sciogliersi e riversare sulla vallata tuoni, fulmini e un vero e proprio diluvio di pioggia. La giovane trascorse quasi un'ora destreggiandosi nel traffico ormai in tilt di Città Grande. Raggiunse l'azienda all'ultimo minuto utile per essere in orario, ma non trovò un posteggio nei paraggi. Quando finalmente parcheggiò l'auto e scese, una folata di vento impietoso rovesciò e spezzò il suo piccolo ombrello, lasciandola senza alcuna protezione. Non avendo alternative, Tea sollevò il bavero della giacca per coprirsi alla meno peggio e corse a testa bassa fino all'ingresso del palazzo.

Non c'è una nuvolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora