Capitolo 8

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With the record selection

And the mirror's reflection

I'm dancing with myself


Billy Idol, "Dancing with myself"


CIÒ CHE È SCRITTO NEL DIARIO DI TEA


ANNO 2006

OTTOBRE

Città Grande


L'autobus che aveva preso a Panesecco era in ritardo. Ma il treno che per un soffio era riuscita a prendere a fondo valle lo era ancora di più.

'La solita fortuna sfacciata', constatò Tea fra sé.

Primo giorno di università, prima lezione del corso di Economia Aziendale e Contabilità, e lei sarebbe arrivata fuori orario. Tamburellò con le dita, impaziente, sul bracciolo del sedile, mentre il convoglio percorreva gli ultimi metri per accostarsi al binario in stazione.

I mesi che la separavano da gennaio, ossia dai suoi primi stipendi, e finalmente da un'auto tutta sua, in quel momento le parvero eterni.

Quando le porte automatiche si aprirono balzò giù dal treno facendosi largo tra la gente. Non appena fu fuori dalla stazione prese a correre per le vie del centro, in mezzo al traffico del primo mattino, sgomitando tra folla e semafori, mentre la tracolla con i libri rimbalzava contro la sua schiena ad ogni passo.

Arrivò con il fiato corto, ma per fortuna in tempo per la lezione. L'aula era già gremita di studenti, e non c'era da stupirsene. Era il primo giorno di lezione del primo anno, nessuno mancava all'appello.

Dal basso dove si trovava la porta d'ingresso, Tea alzò lo sguardo verso le scalinate e i banchi affollati, su fino all'ultima fila in cima all'ultimo gradino. Era emozionata, certo, ma non c'era tempo per farsi incantare dalla maestosità dell'ambiente. Doveva sbrigarsi a trovare una sistemazione o sarebbe finita a prendere appunti seduta sulla scalinata.

L'occhio le cadde allora sulla prima fila, dove un paio di posti erano ancora liberi.

"Scusa, è occupato qui? O posso sedermi?" chiese, avvicinandosi titubante.

Il ragazzo corpulento seduto lì a fianco era concentrato a disporre in modo simmetrico penne, libri e fogli per gli appunti. Sollevò il viso tondo e sudato verso di lei e disse: "Chiedi a me? Davvero? I posti accanto a me sono sempre liberi. A nessuno piace doversi fare in là e stringersi per lasciare spazio alle mie chiappe. O constatare quanto copiosamente io possa sudare."

Detto questo tornò a preoccuparsi dei fatti propri, aprendo il libro di economia con religiosa devozione.

"Hai già iniziato a studiarlo?" sfuggì a Tea stupita, scorgendo le pagine sottolineate.

Il ragazzo si voltò di nuovo, fissandola dritto negli occhi. "Ovviamente. Se non l'avessi fatto, non avrei potuto stilare la lista di domande da fare oggi al professore!" rispose scocciato, come se fosse costretto a specificare una cosa ovvia.

"Ah, certo. Capisco." rispose Tea, decidendosi a prendere posto accanto a lui.

"Perché sei qui?" le domandò allora il suo vicino.

"Ah... beh... non che ambissi esattamente a finire in prima fila, ecco, avrei preferito un posto un po' più defilato, ma il treno era in ritardo, e i posti in alto sono già tutti occupati, così..."

"No, non hai capito. Intendo perché sei qui. Come mai questo corso, questa facoltà?" specificò lui.

"Dunque, vediamo" rispose Tea, colta alla sprovvista, "sono qui perché mi voglio laureare... e perché cercavo una facoltà con molti sbocchi, che mi rendesse facile trovare un lavoro... e anche perché con una laurea in economia avrei le conoscenze per poter aprire una mia piccola attività, uhm, che sarebbe restau..." si bloccò di colpo, fissando il suo interlocutore, temendo di aver parlato a sproposito. "Resta... resta solo un'idea per il momento, ecco." concluse, distogliendo lo sguardo e iniziando ad estrarre libri e astuccio dalla borsa.

"Un'idea, già," riprese lui, "belle le idee, ma le idee non sanguinano" affermò, senza smettere di squadrarla.

"Ci insegnano a ricordare le idee e non l'uomo, perché l'uomo può fallire", ribatté lei.

"Visto il film?"

"Sì, anche se non è esattamente il mio genere."

Il ragazzo si strinse nelle spalle. "La graphic novel era meglio. E tu dovresti rifletterci, su quelle parole. Ma è comunque un punto a tuo favore."

Tea sorrise, tendendogli la mano. "Io sono Tea, e tu sei...?"

Lui esitò, poi ricambiò la stretta con la sua mano appiccicaticcia. "Giangiacomo Sottile" dichiarò fiero, sollevando il doppio mento. "E se hai qualche battuta da fare sul nome che è capitato ad uno come me" continuò, indicando con la mano libera il suo corpo voluminoso, "accomodati pure, ne ho sentite talmente tante che ormai non mi offende più niente."

"Non preoccuparti: testa-di-ruggine qui potrebbe fare a gara con te per le battute incassate negli anni dell'adolescenza!" ridacchiò Tea in risposta.

Giangiacomo la percorse con gli occhi dall'alto in basso. "Nah. Troppo gnocca per credere che sia andata davvero così. Ma se lo dici tu..." Poi si lasciò sfuggire una risatina amara. "Puoi chiamarmi JoJo, se preferisci... ma non sottovalutarmi solo perché sono un ragazzino."

Poi, davanti all'evidente espressione smarrita di Tea, si trovò costretto a specificare: "Jotaro Kujo. Non pretendo che tu capisca, ma sappi che il permesso di chiamarmi così è una concessione fatta a pochi. A pochissimi. Ricordatelo. Sempre."

Tea sorrise, ignorando la provocazione e sfogliando distrattamente il suo libro.

"E tu?" le venne poi spontaneo domandare, tornando al precedente argomento. "Tu come mai sei qui, JoJo?"

"Ah. Io sono qui perché tra qualche anno sarò il titolare del più importante studio di consulenza finanziaria e revisione contabile di questo Paese. La laurea è solo il primo passo." rispose lui orgoglioso. "E questa non è un'idea: è una certezza."

Subito dopo entrò in aula il professore e la lezione ebbe inizio.

Non c'è una nuvolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora