Capitolo 18: Una foresta incantata.

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Aideen

Osservo Caronte che impugna il suo remo mentre cerca di evitare che i dannati salgano sulla barca, poi torno a guardare la spiaggia del Purgatorio che si scorge in lontananza.

Dopo aver chiamato Lentiggini per chiedergli di vederci, lui mi ha detto che al momento non poteva, ma che avrebbe mandato qualcuno per recuperare quello che dovevo dargli. Non gli ho detto che cosa fosse, ma credo che il biglietto di Anakin glielo farà capire.

Sono stata con mio fratello per un po', e lui ne è sembrato davvero felice. Alla fine però si è addormentato, e ho deciso di portare il regalo a Theo mentre si riposava.

Caronte mi fa un cenno per dirmi che siamo arrivati, e annuisco.

«Ci vediamo dopo» dice, mentre io mi incammino e comincio a sporcare la sabbia di nero con i miei passi.

Mi domando come dovrei riconoscere la persona che mi ha mandato Lentiggini... È un peccato che non sia venuto in persona... eppure forse è meglio così. Non sono pronta a dirgli che cosa sta per succedere.

Mi rigiro tra le mani la busta che contiene il regalo di Anakin. Sono sicura che a Theo piacerà... è comunque un peccato che non potrò vedere la sua faccia mentre lo apre.

Sono felice che Anakin mi abbia dato una cosa da fare per distrarmi. Non so che cos'avrei fatto altrimenti... mi è piaciuto stare un po' con lui, ma piangere tutto il giorno non è qualcosa che mi piace fare, soprattutto che poi mi fa male dappertutto.

Quando rialzo lo sguardo vedo una persona venire verso di me, e per un attimo resto scioccata.

«Dev'essere uno scherzo...»

Osservo l'uomo che si avvicina a me, vestito ancora con la sua specie di tunica rossa fiorentina e non riesco a credere che ce l'abbia anche nell'aldilà quello stupido cappuccio a punta. Dannazione, quel naso lo potrei riconoscere tra tutti i nasi del mondo.

«Aideen cara, sei proprio tu?» dice, facendo una specie di sorriso.
«Tu» sbotto, guardandolo malissimo.

Lui si toglie il cappuccio rosso e mi guarda con compassione. La coroncina di alloro però se la rimette sulla testa. Non sapevo nemmeno che ce li avesse i capelli, sotto quel cappuccio.

Non ci credo, davvero Theo doveva farmi questo scherzo? Non è divertente!

«Tesoro, calmiamoci un pochino, va bene? Lo sai dove vanno a finire i dannati pieni di ira-»
«Non cominciare a farmi lezioni sul posto da dove vengo» ringhio, cercando di allontanarmi da lui.

Cammino in fretta ma non riesco a seminarlo. È veloce, lo stronzo.

«Aideen... Che cosa vuoi che faccia per perdonarti? Farei di tutto, davvero... Vuoi una poesia? Un elogia? Posso scriverti un canto intero se vuoi-»
«Io non lo voglio il tuo canto del cazzo» lo interrompo.
«Aideen, modera il linguaggio, per favore...»

Eh no! Io non perdono di certo il suo non avermi nominato nell'opera della sua vita che ha scritto con il mio aiuto.

Mi giro verso di lui, e osservo prima quello che sarebbe una specie di mantello con davanti dei risvolti e le maniche larghe, poi il suo viso. Dante Alighieri non è cambiato per niente dall'ultima volta che l'ho viso.

«Il tuo naso è restato lo stesso» commento.
«Non è divertente! Pensavo che arrivando qui sarebbe sparito...» sospira per calmarsi, poi giunge le mani e guarda verso l'alto, «Eppure il Signore ha deciso di mostrarmi ancora una volta quanto le apparenze non contino-»
«Basta.»

Lui smette e torna a guardarmi, sbattendo le palpebre. Gli porgo la busta, distogliendo lo sguardo dal suo.

«Senti, porta questo a Theo e lasciami in pace.»
«Aideen cara, non me ne posso andare prima che tu mi abbia perdonato, altrimenti non troverò mai pace, lo sai...» si rimette il cappuccio ma acconsente a prendere la busta.
«No» ribatto, «Non hai trovato pace con la bellissima tomba che hanno fatto per te a Santa Croce? "Onorate l'altissimo poeta"... non ti fa sentire meglio?»

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