cinquantuno

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ALEX'S POV

Sto sdraiato sul letto con un cuscino sulla faccia e le cuffiette nelle orecchie, senza ascoltare nulla; il mio modo per isolarmi dal mondo. Mi crogiolo del mio stesso silenzio, riempito solo dai sospiri frequenti che mi escono dalla bocca socchiusa. Non sono mai stato una di quelle persone a cui piace parlare di se, e penso si sia capito bene, soprattutto quando c'è qualcosa che mi turba; odio vedere gli altri che mi compatiscono senza riuscire a capirmi davvero, quindi ho sempre lasciato perdere a prescindere. Ho sempre preferito rinchiudermi nel mio mondo e aspettare che le emozioni si metabolizzassero in me, in modo da tornare a fare il finto indifferente di turno.
<Ale> la voce stanca della mia ragazza mi arriva da sopra, mentre mi scuote il braccio. Sollevo il cuscino dalla faccia, trovandomela davanti a sbuffare pesantemente; <Fatti in là> ordina. Mi sposto sulla sinistra del materasso lasciandole lo spazio per sdraiarsi accanto a me. Si distende a pancia in su, guardando il soffitto bianco e, dopo aver riposato gli occhi per qualche istante, li riapre e si volta a guardarmi, mi prende il viso tra le mani ed inizia a lasciarci umidi baci sopra, sparsi un po' ovunque.
<Ti devo raccontare un sacco di cose> esclama entusiasta, come se aver chiuso le palpebre per cinque secondi le avesse dato vita nuova.
<Cioè?> chiedo osservandola.
<Oggi ho provato con Elena per quel guanto contro Albe, e non ci crederai mai ma non ero così terribile> dice incredula delle sue stesse parole, ridacchio di poco senza estasiarmi troppo a causa del mio umore, che al momento è sotto terra; <Mi ha fatto i complimenti persino Sebastian>
<Sebastian?> chiedo mettendomi subito sull'attenti all'udire quel nome. Qualche mese fa, ancora prima che ci scambiassimo il nostro effettivo primo bacio, l'ho sentita parlare con Carola e Rea di quanto fosse bello il ballerino in questione. Lei sembrava davvero presa da quella conversazione, perciò non posso che essere infastidito dal sentire che quest'ultimo ha recato un complimento alla mia ragazza che, a quanto pare, aveva una cotta per lui.
<Si, Sebastian> ripete lei.
<Non dovevi fare le lezioni con Elena?> chiedo stizzito.
Lei fa spallucce; <Si, però passava di lì e si è fermato per dare una mano> spiega la castana, mettendosi a sedere a gambe incrociate di fronte a me.
<Capirai, se ne stesse per i fatti suoi sarebbe meglio> mormoro sottovoce, ma non abbastanza dato che lei riesce a sentirmi.
<Che hai?> chiede roteando gli occhi.
<Che ho?>
<Quando fai così è perché hai qualcosa, sputa il rospo>
<Non ho niente>
Sospira alla mia falsa affermazione; <Non mi puoi mentire Alex, ti conosco bene e so che hai qualcosa>
<Possibile che mi becchi sempre, ma come fai?> chiedo ponendole la stessa domanda che ieri mi ha fatto lei.
Ridacchia scuotendo il capo, con i capelli che le oscillano da destra verso sinistra; se li sposta dietro alle spalle e torna a guardarmi.
<Lo so e basta, dai dimmi> insiste.
Sospiro portandomi nella sua stessa posizione, le ginocchia che sfiorano le sue e le mie mani sulle sue cosce che fanno su e giù lentamente, quasi come se quel movimento fosse un anti stress per me.
<Ho parlato con Luigi prima> mormoro.
<E?> chiede speranzosa, ogni traccia di ottimismo però sparisce nel momento in cui scuoto il capo, sconsolato.
<Abbiamo finito per litigare ancora>
<Perché stavolta?>
<Lui è convinto che io non voglia stare a sentire gli altri>
<E tu?> chiede guardandomi.
<Io cosa?>
<Alex, la colpa non può essere solo sua>
<Io ho solo espresso un mio parere, è così difficile da capire?> esclamo infastidito, calmandomi però subito dopo traendo un respiro profondo che invade ogni cellula del mio corpo teso; <Possiamo non parlarne?> chiedo a bassa voce.
Lei annuisce e si alza, allungando la mano verso di me; <Vieni>
<Dove?> chiedo seguendola in soggiorno, dove afferra una coperta grigia.
<Nel mio posto segreto>
<Posto segreto?> chiedo sempre più confuso, seguendola fuori in giardino e lungo il perimetro della casetta.
<Puoi seguirmi e basta, senza fare domande?> chiede ridacchiando.
Sto zitto e la seguo nel buio del giardino, illuminato solo dalla flebile luce chiara della Luna; si ferma accanto ad una scaletta attaccata al muro che porta fin sopra alla casetta. Comincia a salire i primi gradini, incitandomi a fare lo stesso.
<Che stai facendo?> chiedo fermandola.
<Salgo la scala?> chiede retorica.
<Questo lo avevo capito> dico ovvio; <Non credo tu possa salire lì su>
<Lo faccio quasi ogni giorno Alex, e nessuno mi ha mai detto nulla, smettila di fare il guastafeste> sbuffa. Mi arrendo a seguirla solo quando è quasi giunta in cima e la sua figura è quasi interamente scomparsa dalla mia vista.
<Come hai scoperto questo posto?> chiedo una volta giunti sul tetto piatto della struttura, sopraffatto da un cielo pieno di stelle e contornato dal paesaggio notturno di Roma.
<La prima volta ci sono venuta con Rea, ad ottobre, per vedere le stelle> spiega sedendosi a terra e coprendosi le spalle con la coperta; <Da allora è diventato il mio posto; quando stavo male o ero in ansia per qualcosa venivo qui e stavo in pace>
<Perché non me l'hai mai mostrato?>
<Perché era il mio posto, Alex> ripete lei guardandomi mentre prendo posto accanto a lei sul pavimento freddo.
<Allora perché mi ci hai portato adesso?>
Lei si stringe nelle spalle, guardando la volta celeste che ci guarda da sopra; <Sento che è il momento giusto>
Le poggio un braccio sulle spalle, lei posa la testa sulla mia spalla e resta a guardare il cielo, tracciando come al solito linee immaginarie con l'indice, collegando tutte le costellazioni che riesce a trovare. Io, a differenza sua, non so niente di queste cose e mi limito a guardare il suo viso illuminato dalla luce pallida della luna piena; ammiro ogni lineamento del suo viso, ogni tratto come se potesse mutare da un momento all'altro ed io potessi pentirmi per il resto della vita di non aver goduto di simile bellezza.
<Lo conosci il mito di Psiche e Amore?> chiede di punto in bianco, continuando a guardare su.
Altro argomento di cui so meno di zero; durante le lezioni di narrativa non ho mai prestato attenzione, troppo preso ad appuntare sui quaderni o sui margini dei libri le frasi, o le note giuste, da inserire in un brano. Scuoto la testa, provando comunque a rispolverare le mie conoscenze ma non trovando nulla di concreto, se non un vago ricordo del loro nome.
<Psiche era una di tre principesse, la più bella; tanto bella che faceva invidia persino alla dea Venere che per ripicca chiese a suo figlio, Amore, di colpire con una delle sue frecce l'uomo più brutto del mondo, così che si innamorasse della ragazza. Amore però, accecato dalla bellezza di lei, sbagliò  mira e si colpì con la sua stessa freccia, innamorandosi di Psiche> inizia a parlare con quella luce negli occhi che la caratterizza quando tratta argomenti che le stanno particolarmente a cuore, ed io non posso fare a meno di incantarmi ad ascoltarla; <Amore, per nascondersi da Venere, portò la ragazza in un palazzo senza rivelarle la sua identità. Ogni sera, Amore andava da lei per vivere intensi momenti di passione, a patto che lei non avrebbe mai dovuto sapere chi si nascondeva nel buio; Psiche anche se spaventata accettò. Una sera, convinta dalle sorelle, si portò appresso un coltello e una lampada; aspettò che l'uomo si addormentasse e poi accese la luce, per vederlo in volto. Lei, che si aspettava di trovare un mostro al suo fianco, rimase stupita quando vide il Dio dell'Amore giacere con lei. Rimase a guardarlo finché una goccia di cera gli cadde sul petto, facendolo svegliare. Quando Amore si risvegliò scappò via, abbandonandola>
<Poi che succede?> chiedo, ormai preso da questa storia.
<Venere venne a sapere dell'accaduto e si arrabbiò molto, tanto che sottopose Psiche ad una serie di prove che riuscì a superare con l'aiuto di alcune divinità; questo però fece ancora più infuriare la Dea che le diede un ultimo compito: scendere negli Inferi e chiedere alla Dea Prosepina un po' della sua bellezza. Psiche non riuscì nell'intento poiché, presa dalla curiosità, aprì l'ampolla e cadde in un sonno profondo. Nel frattempo Amore che ne sentiva la mancanza si mise a cercarla e quando la trovò la risvegliò con un bacio; per proteggerla dalla madre la portò fino all'Olimpo, dove con l'aiuto di Giove, venne trasformata in una Dea>
<E finisce così?>
<Finisce con il matrimonio di Amore e Psiche> risponde sorridendo; <E' il mio mito preferito>
<Perché?> le chiedo, mentre i suoi occhi si posano nei miei.
<Perché insegna che l'amore, quello vero, sopravvive a tutto e supera ogni ostacolo>
<Credi che il nostro amore sopravvivrà a tutto?> chiedo posandole la mano sulla guancia.
<Lo spero> mormora lei, stampandomi un rapido bacio.
Si sdraia sul pavimento grigio ed io la seguo a ruota, facendole posare la testa sul mio petto.
<Come sai tutte queste cose della mitologia greca?>
<Mi è sempre piaciuta; da piccola i miei nonni mi hanno regalato molti libri sui miti greci, erano dieci ed io li ho letti tutti in un estate>
<Non ti facevo così secchiona> la prendo in giro, ricevendo una gomitata in risposta; <Ahia> dico massaggiandomi l'addome nel punto in cui il suo gomito mi ha colpito.
<Te lo sei meritato> risponde secca, quando si gira a guardarmi caccio in fuori il labbro inferiore, fingendomi offeso e ferito; <Non puoi fare così però> sbuffa lei.
<Non ho fatto niente> mi difendo subito.
<Si, invece- se mi guardi così come faccio a fare la stronza senza cuore?>
Faccio spallucce prendendole il viso tra le mani e lasciandole un bacio sulle labbra; dapprima timido, quasi impacciato, e poi più profondo ed intimo ma comunque senza malizia, solo amore.
<Perché sei ancora qui?> le chiedo sussurrando poco distante dal suo viso, continuando ad accarezzarle le guance con i pollici.
<Perché non dovrei?>
<Perché ti ho fatto male, tanto, e dovresti odiarmi>
<Smettila con questa storia Alex, passaci sopra> sospira lei, lasciandomi un bacio sul palmo della mano.
Sospiro anch'io scuotendo la testa; <Come posso passarci sopra?>
Si solleva su un gomito, guardandomi da sopra e percorre il perimetro del mio viso con i polpastrelli; <Mi hai fatto male, è vero, anch'io credo di avertene fatto> parla piano; <Ma ci siamo fatti anche tanto bene, e se per arrivare qui dove siamo ora, dovessi rifare tutto da capo lo farei>
<Sei masochista> ridacchio io.
<No> mormora lei; <Sono innamorata>
Sorrido premendo le mie labbra sulle sue, ogni volta è come fosse la prima. Con lei è sempre così; come se ogni volta che i nostri corpi si sfiorano, anche se per caso, dentro di me esplodesse qualcosa, una collisione tra stelle, qualcosa di gigante che ti riempie fino all'orlo e che, quando passa, lascia un vuoto incolmabile. Lei, con i suoi occhioni marroni, è riuscita a stregarmi come nessun altra ha mai fatto prima. Con lei non ho avuto una prima volta di niente; non è stata la mia prima ragazza, il mio primo bacio, non è stata la mia prima volta e nemmeno la prima toccata intima; eppure è più impressa nella mia mente rispetto a tutte queste. Forse perché, ora che ci penso, lei per me una prima volta lo è stata: il mio primo amore, la prima volta che mi sono sentito innamorato di qualcuno dalla testa ai piedi. Nelle relazioni che ho avuto in precedenza questo non era successo; ho provato delle cose, ovvio, ma non queste cose. 
Quando sto con lei mi sembra di volare anche solo quando mi rivolge un sorrisetto nascosto, sento il costante bisogno di averla vicino e non mi importa di risultare appiccicoso o sdolcinato; perché con lei voglio essere il più appiccicoso e sdolcinato possibile. Non sono mai stato il tipo di persona che organizza sorprese per San Valentino, regala viaggi o scrive canzoni per una ragazza; eppure per lei ho fatto tutte queste cose e le rifarei mille volte solo per vederla sorridere. 
<Torniamo di sotto?> chiede alzando il viso verso di me. 
<Mi ci stavo abituando a guardare le stelle con te> 
<Possiamo sempre tornare domani> propone lei. 
Annuisco piano, mettendomi seduto accanto a lei, per poi alzarmi e porle le mani che afferra prontamente; <Mi racconterai un altro mito?> 
<Mi ascolteresti blaterare per un altra mezz'ora?> ride alzando le sopracciglia nel guardare il mio viso serio. 
<Ti ascolterei per ore> tira le labbra in un sorriso addolcito.
<Non mi sarei mai immaginata di sentirmelo dire> mormora poi. 
<Perché?> 
<Quando ero più piccola la gente mi pregava di smetterla di parlare di cose inutili> sospira a bassa voce; <Forse anche per questo ho smesso di parlare, sai- per evitare di dare fastidio> 
<Tu non dai fastidio, sono gli altri ad essere degli idioti> alza le spalle, stringendosi nella coperta grigia e si avvicina al bordo del tetto, guardando Roma che ci fa da sfondo. 
<E' proprio bella Roma> bisbiglia quando arrivo accanto a lei e le stringo le spalle con un braccio. 
<Ti vorrei dire che sei bella come Roma> sussurro posando la fronte sulla sua; <Ma sarebbe riduttivo> 
<Smettila> ride colpendomi il petto; le prendo i polsi e le lascio un bacio sul naso; <Dai andiamo> canzona lei. 
<Aspetta> la richiamo io quando si allontana verso la scala.
<Che c'é?> 
<Vieni qua> si riavvicina a me, col viso leggermente rivolto verso l'alto per la differenza di altezza tra di noi; <Dammi un bacio> 
<Ancora?> 
<L'ultimo> dico posandomi una mano sul cuore.
Scuote il capo sorridendo e mi stampa un rapido bacio, che mi lascia perplesso. 
<Un bacio serio però> canzono. 
<Avevi detto l'ultimo> 
<L'ultimo serio> 
<Che palle che sei> sbuffa alzandosi sulle punte per raggiungere meglio il mio viso. La sua lingua picchietta sul mio labbro inferiore, che schiudo all'istante permettendole di incontrare la mia. Le sue mani si allacciano dietro al mio collo e le sue dita sottili mi accarezzano i capelli; le mie invece finiscono sul suo fondoschiena, la prendo per le cosce e la sollevo, leggera come una piuma. Ci stacchiamo solo quando entrambi siamo a corto di fiato e, appoggiando le nostre fronti, sorridiamo. I suoi occhi sono puntati verso il panorama illuminato di luci giallastre, contrastanti con quella bianca della Luna sopra di noi. 
Sembra la scena di una di quelle commedie romantiche, che per una volta viene raccontata dal punto di vista maschile. Lui e la ragazza che ama, sul tetto con Roma come sfondo, la Luna e le stelle a guardarli dall'alto mentre si scambiano pezzi di cuore. 
<Andiamo, ho fame> dice prendendomi per mano. 

Una volta tornati dentro incrociamo Sissi, che però non pone domande, e si limita a darci la buonanotte. L'orologio al muro segna la mezzanotte passata ma, fortunatamente, domani non abbiamo lezioni presto. 
<Vuoi un po' di tè?> chiede la castana, inserendo la sua tazza preferita nel microonde; io annuisco, prendendo posto su uno sgabello e osservando ogni suo movimento. La sua capacità di essere bella in qualsiasi situazione è incredibile; anche adesso, con una tuta addosso, i capelli sciolti e un po' arruffati dall'umidità, e le occhiaie che le segnano leggermente gli occhi, potrei comunque definirla la ragazza più bella che io abbia mai visto. 
Si siede porgendomi la tazza e si mette a mangiucchiare qualche biscotto, immergendolo prima nel liquido bollente per ammorbidirlo quel poco che basta. Per tutto il tempo tiene lo sguardo fisso sul fondo del recipiente in ceramica, pensando a chissà cosa; poi si alza, ripone ciò che ha sporcato nel lavello e se ne va sul divano. La raggiungo poco dopo, stendendomi nella sua stessa posizione dietro di lei; posandole una mano attorno alla vita la attiro più vicina così che il mio petto si scontri con la sua schiena.

Così, senza dire niente, ci addormentiamo. Non ci siamo nemmeno dati la buonanotte ma va bene così, tanto sono sicuro che con lei lo sarà in ogni caso. 

spazio autrice 
Ciao amici! Scusate l'orario ma oggi sono stata a Venezia tutto il giorno ed ho pubblicato il prima possibile -cioè adesso. In questo capitolo ho inserito -un po' a caso- un argomento che io AMO, cioè la mitologia, fatemi sapere se c'è qualche altro appassionato come me. Spero che il capitolo vi piaccia, come sempre. Godetevi questi momenti di pace finché durano, io vi avviso. 
VI VOGLIO TANTO BENE, a domani <3

Combinazioni di parole// Alex WDove le storie prendono vita. Scoprilo ora