Sdraiata sul letto, rivolta col viso alla parete e le gambe rannicchiate al petto, resto a rimuginare su quello che è successo; o meglio ad incolparmi per quello che ho pensato.
Mi sento tremendamente in colpa, non per il fatto in se poiché sono consapevole non sia stata colpa mia, ma per quello che ho pensato; ho dubitato di Alex e questo mi uccide perché so che lui non lo avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai messo in dubbio le mie parole, i miei gesti, il mio amore per lui ed io mi sento uno schifo per averlo fatto; basandomi solo sulle parole di un idiota.
Eppure quella paura mi è rimasta dentro, come un virus che ormai ha preso possesso del mio corpo, una pulce messami nell'orecchio da Gio.
Forse dovrei parlarne con Alex, magari dovrei dirglielo ma come posso guardarlo in faccia e confessargli di aver avuto dei dubbi dei suoi scopi, di aver anche solo sospettato che mi stesse usando e di aver pensato che i suoi sentimenti non fossero reali.
Il calore del corpo di qualcuno si avvicina al mio, tremendamente freddo, e mi abbraccia da dietro, appoggiandomi un bacio sulla spalla coperta; un profumo mi invade le narici e sono sicura si tratti di Alex, lo riconoscerei tra milioni.
A stento trattengo le lacrime, singhiozzando silenziosamente per non attirare l'attenzione del castano alle mie spalle; <Mi dici che ti prende?> chiede in tono dolce, premuroso.
<Niente> mormoro io, con la voce che si spezza sul finale della parola.
Lui si alza sul gomito, reggendosi la testa sul palmo della mano e mi forza a girarmi a pancia in su; <Perché stai piangendo?> chiede allarmato vedendo i miei occhi rossi e lucidi.
Scuoto la testa, non sentendomi pronta a rivelargli quello che è successo. Conosco Alex e sono sicura che quando, e se, verrà a conoscenza di quello che è successo non se ne starà fermo.
Mi giro completamente, mettendomi sul fianco, con il volto rivolto verso di lui e si riporta alla mia altezza sdraiandosi sul morbido cuscino bianco.
<Ho fatto qualcosa?> chiede preoccupato, posandomi la mano sulla guancia, accarezzandomi delicatamente con i polpastrelli.
<No>
<Ho detto qualcosa?> scuoto la testa, non guardandolo direttamente negli occhi; <Ho sbagliato qualcosa?>
<Non hai fatto niente Alex, tu non c'entri> bisbiglio in un soffio, vicino al suo viso.
<Allora mi dici che hai per favore?> mi supplica; <Odio vederti così> sussurra, i miei occhi incontrano i suoi e ci leggo dentro un profondo senso di tristezza e paura.
So che Alex, dopo quello che è successo mesi fa, si sente costantemente in colpa ed ha paura di ferirmi in qualche modo, me l'ha detto lui; ma ciò che deve capire è che ormai è acqua passata, io l'ho perdonato e vorrei tanto che anche lui perdonasse se stesso.
<E' solo un momento, non ti preoccupare> mormoro mentre un brivido di freddo mi percorre il corpo.
Mi posa una mano sulla fronte e poi ci appoggia anche le labbra; <Sei bollente> dice poi, allontanandosi di poco per guardarmi; <Ti senti bene?>
<Ho freddo>
<Aspetta> si alza dal letto, portandomi la coperta azzurra sul corpo a coprirmi fino alle spalle, e poi sparisce dalla porta per tornare qualche secondo dopo con un termometro tra le mani.
Mi scopre fino ai fianchi e solleva il top che porto, sfilandomelo da un braccio solo e, fortunatamente, non levandomelo del tutto altrimenti avrebbe visto il segno violaceo sul mio collo; mi infila il termometro sotto il braccio e poi mi ricopre, stendendosi accanto a me sopra alla coperta circondandomi con il braccio.
Restiamo in silenzio fin quando sono passati i cinque minuti necessari allo strumento per rivelare la mia temperatura interna, a questo punto mi sfila l'aggeggio da sotto il braccio e ne legge il valore mentre io mi rivesto, infilandomi sotto le coperte per proteggermi dal freddo.
<Trentotto e mezzo> legge lui, posando il termometro di vetro sul comodino accanto al letto, per poi riportarsi sdraiato e tirandomi vicina a lui con un braccio.
<Ti prenderai la febbre se stai qua> dico a bassa voce, tirando su col naso.
<Non m'importa>
<Ma domani c'è la puntata>
<Non m'importa> ripete.
<Ma->
<Ma niente> mi interrompe; <Stai male ed io sto qui con te, del resto non m'importa> mi lascia un bacio sul naso e poi mi fa appoggiare il capo sul suo petto mentre mi accarezza i capelli, lasciandoci qualche bacio ogni tanto.
Lacrime silenziose riprendono a scendermi dagli occhi; lui è qui che rischia di ammalarsi e non cantare domani, mentre io qualche ora fa ho dubitato di tutto quello che stiamo avendo per delle stupide parole senza senso.
<Alex> lo richiamo a bassa voce.
<Mh>
<Tu- no, niente>
<Dimmi> dice guardandomi.
Mi mordo il labbro, indecisa sul da farsi, poi prendo un respiro profondo infondendomi coraggio; <Perché- stai con me?>
<Perché ti amo, te l'ho già detto> risponde ovvio.
<Si ma- perché?>
Lui mi guarda stranito, non capendo il senso della mia domanda, ma inizia a parlare comunque; <Perché sei tu, non so spiegarlo> dice con una mezza fossetta sulla faccia.
<Ti amo> bisbiglio; il suo sorriso si allarga, mi posa nuovamente le labbra sulla fronte e poi mi fa riappoggiare il capo su di lui.
<Riposati> sussurra.
Senza farmelo ripetere due volte mi accoccolo meglio a lui che, nel mentre, si è portato sotto alle coperte con me e nel silenzio della stanza chiudo gli occhi respirando profondamente dalla bocca socchiusa.
Stringo con le braccia il busto di Alex, come per paura che potesse scomparire da un momento all'altra e lasciarmi da sola.
Dall'inizio della nostra storia ho sempre la costante paura di perderlo, di svegliarmi una mattina e rendermi conto che non è più al mio fianco e se succedesse una parte di me morirebbe, ne sono sicura.
Forse è anche per questo che le parole del milanese mi sono rimaste così scalfite dentro; sono sempre stata così: mi preparo al peggio, creando i peggiori scenari, così da prepararmi alla più brutta verità. In qualsiasi occasione della mia vita, che si trattasse di una prova da superare o del legame con qualcuno, mi sono sempre ritrovata a pensare a tutti i modi in cui sarebbe potuta finire male senza crearmi mai alcuna aspettativa per paura di rimanere delusa.
Mi costruisco castelli di pensieri in testa, schemi da cui non riesco a scappare mai e che mi tengono rinchiusa in un circolo vizioso senza fine; alle volte mi sento stremata e sono tentata di lasciar perdere tutto ma, una vocina nella mia testa, me lo impedisce sempre.
-Non perdere il controllo- continua a ripetere come un mantra, come se fosse la cosa più importante del mondo, come se perderlo significasse mettere fine a tutto, venire schiacciata da qualcosa di più grande di me.
Non ho più tempo di pensarci però, poiché il mio corpo si abbandona ad un sonno profondo, cullato dalle carezze del mio ragazzo e leggero battito del suo cuore che risuona nell'orecchio che tengo appoggiato al suo petto.
La casetta è deserta da quasi due ore ormai dato che tutti gli altri stanno registrando la puntata in questo momento; ieri quando mi sono svegliata erano tutti alle prove ed ho approfittato per chiamare la redazione e comunicare che oggi, purtroppo, non sarei stata presente a causa del mio malessere.
La febbre non è scesa, anzi è salita ancora di più, ed ora ho anche un forte mal di testa, senza contare la nausea costante che mi disturba da stamattina.
E' da ieri che non oso alzarmi dal letto, se non per andare in bagno, e gli unici contatti umani che ho avuto sono stati con i ragazzi che sono passati di qua per vedere come stavo, soprattutto Alex, Luigi e Christian, comprendendo Luca e Carola nelle presenze più frequenti.
Fortunatamente non ho più rivisto Gio dopo quello che è successo, non so come potrei reagire e mi spaventa il fatto che prima o poi dovrò parlarci, o per lo meno stare nella stessa stanza con lui, abitando sotto lo stesso tetto; ma la cosa che mi preoccupa di più è la reazione che Alex potrebbe avere.
So di doverglielo dire, mi sento in dovere di farlo per correttezza morale e anche perché tenermi dentro questa cosa mi sta distruggendo; non ne ho parlato con nessuno, né con Luigi né con Christian, con nessuno.
Nessuno sa di questa cosa se non io e il milanese, nemmeno la produzione ne può essere a conoscenza dato che sono sicura al cento per cento che le telecamere fossero spente in quel momento, ricordo di aver puntato lo sguardo su di esse in cerca di aiuto ma la luce rossa lampeggiante non c'era.
Un vociare proviene dalla cucina, segno che i ragazzi stanno cominciando a tornare, così mi alzo a fatica dal letto con la vista semi oscurata da un ombra scura e mi dirigo a passo lento verso il rumore; stretta nella felpa nera di Alex, sotto la quale porto una maglia a collo alto che dopo l'accaduto non ho mai tolto, e nei pantaloni del pigiama faccio capolino in cucina trovandovi Luigi ed Albe già intenti a prepararsi da mangiare.
<Ei zombie> mi saluta il moro con gli occhiali sul naso, alzo gli occhi al cielo al nomignolo e mi siedo su uno degli sgabelli; <Come ti senti?> chiede poi tornando serio.
<Una merda> sospiro sincera; <Com'è andata la puntata?>
<Bene, credo che dovrai sorbirti Alex per almeno due ore> ride Albe al mio fianco, ridacchio e scuoto la testa, immaginando già il castano intento a raccontarmi ogni singolo dettaglio.
<Qualche spoiler?> chiedo facendo il labbruccio ma il riccio scuote la testa.
<Te lo scordi> ride Luigi rompendo le uova in padella; <Ti dico solo che il tuo Romeo è molto felice>
Faccio una faccia stupita e divertita allo stesso tempo; <E' stata proprio una puntata strana allora> rido.
La porta si riapre rivelando le figure di Carola, Luca, Serena e- Gio; quest'ultimo incrocia il mio sguardo fermandosi sull'uscio della porta di vetro e mi guarda fisso negli occhi, come a sfidarmi a chi avrebbe distolto lo sguardo per primo.
Accenna un sorrisetto, impercettibile a tutti tranne che a me; mi sento il cuore martellare nel petto, il respiro si fa affannoso e una sensazione di paura mi si propaga dentro anche se so che non succederà nulla, data la presenza degli altri.
Fortunatamente la mia attenzione viene ripresa da Alex che entra, superando il biondo, stretto in un felpa dorata- la felpa dorata del serale, realizzo dopo poco.
Un sorriso si allarga sul suo viso quando incrocia il mio, le fossette che decorano le sue guance si fanno sempre più profonde contagiando anche me; mi alzo dal posto con non so bene quale forza e mi avvicino velocemente a lui, stringendogli le braccia al collo mentre le sue mi cingono la vita.
<Non ci credo> esclamo poi, allontanandomi di poco per ammirarlo.
E' bello, come lo è sempre ma ora ha una luce in più, quel luccichio negli occhi che lo rende ancora più luminoso.
<Nemmeno io> mormora.
Gli sorrido nuovamente, abbracciandolo ancora; <Sono tanto fiera di te Ale> sussurro al suo orecchio.
<Adesso manchi solo tu> bisbiglia lui, ricevendo un colpetto sulla spalla.
<La vuoi una piadina?> chiede Luigi al mio ragazzo che annuisce subito, andandosi a sedere sullo sgabello dapprima occupato da me, io prendo posto alla sua sinistra e lo osservo di profilo; <Oi> esclama il moro dalla parte opposta del bancone, riportando la mia attenzione alla realtà.
<Cosa?>
<Ti ho chiesto se hai fame, vuoi qualcosa da mangiare?> chiede Gigi; scuoto la testa alla sua domanda ricevendo un sospiro da parte del castano alla mia destra.
<Che c'è?> chiedo vedendolo affranto.
<Non mangi da ieri pomeriggio> mi ricorda. Abbasso gli occhi sulle mie mani, ringraziando il fatto che in questa stanza siamo rimasti solo noi tre, e mi mordo il labbro consapevole che ha ragione e dovrei sforzarmi un po' di più, soprattutto per come è finita due anni fa.
<Puoi provarci almeno?> chiede con un evidente preoccupazione nella voce.
<Alex non iniziare> canzono io, sospirando.
Si passa nervosamente le mani sulla faccia, respirando a fondo prima di riprendere a parlare; <Ti prego> mi supplica.
<Sto male, ho la nausea> provo a giustificarmi, non ottenendo però grandi risultati.
Il cantante mi prende il viso tra le mani e si alza, ponendosi tra le mie gambe e guardandomi dall'alto; <Se mangi qualcosa starai meglio, te lo prometto>
<Non ne ho voglia> piagnucolo.
<Solo mezza piadina> propone, lo guardo negli occhi e mi maledico di averlo fatto; penso che Alex sia l'unica persona sulla faccia della Terra a cui non riesco a dire di no, mai.
Sbuffo; <Okay> mormoro. Lui sorride vittorioso e mi lascia un bacio veloce sulle labbra, risedendosi per addentare ciò che Luigi gli aveva appena posto nel piatto.
Dopo aver mangiato ammetto di sentirmi leggermente meglio, almeno il mio stomaco non è più sottosopra anche se il mal di testa è diventato ancora più forte.
Alex ha passato l'ultima mezz'ora a raccontarmi della puntata e di come Lorella abbia deciso di consegnargli la maglia del serale dopo che è arrivato primo alla classifica generale.
Ho ascoltato attentamente ogni passaggio ma la mia concentrazione sta iniziando a sparire, lasciando posto ad una confusione assoluta nella mia mente; penso che la mia faccia riveli abbastanza bene questo mio stato d'animo poiché il cantante si ferma e mi chiede se è tutto okay.
<Si- si tutto bene> dico a bassa voce, tirando su col naso. Lui mi appoggia una mano sulle guance e poi sulla fronte.
<Stai scottando troppo> dice poi, recuperando il termometro dal comodino affianco al letto su cui siamo distesi e passandomelo. Quando lo estraggo da sotto alla felpa glielo passo affinché possa leggerne il valore, che segna trentanove e quattro.
<Vieni con me> dice tirandomi per le braccia e portandomi seduta sul bordo del materasso.
<Non ho voglia di alzarmi Alex> piagnucolo, opponendo quanta più resistenza possibile; lui però mi prende per le cosce e mi solleva dal letto, facendomi allacciare le gambe al suo busto.
<Dobbiamo abbassare la temperatura, hai la febbre troppo alta> dice aprendo con la gamba la porta del bagno della mia stanza; posandomi una volta entrato sul mobiletto bianco e chiudendosi la porta alle spalle; <Togliti la felpa> mi ordina.
Sbuffo facendo come dice e sentendomi colpire da un freddo pungente, accentuato dall'elevata temperatura del mio corpo.
<Anche questo> dice pizzicando il top che porto con le dita per poi dirigersi verso la doccia e aprire il getto d'acqua; <Sbrigati> dice quando si rigira e vede che indosso ancora l'indumento.
<Non mi va> mormoro. Se dovessi levarmelo vedrebbe il mio collo, cosa gli direi allora?
<Non m'importa se ti va o no, te lo devi togliere>
<Ti ho detto di no, e poi che devi fare?>
<Quando avevo la febbre alta mia mamma ci metteva sotto l'acqua ghiacciata per alcuni minuti, fidati aiuta, adesso muoviti> spiega, incoraggiandomi a sbrigarmi.
In un suo momento di distrazione, nel quale si allontana per controllare la temperatura del flusso d'acqua, mi sfilo l'indumento coprendomi attentamente il collo con i capelli in modo da evitare che si possa intravedere la macchia violacea su di me, poco sopra alla base del collo.
Alex mi si avvicina nuovamente, mi fa scendere dal mobile e mi sfila i pantaloni, lasciandomi avvolta solo dall'intimo nero.
Non si sofferma troppo su questo dettaglio, anche se i suoi occhi che scorrono su di me non mi passano inosservati, e mi spinge dentro alla doccia posizionandomi proprio sotto al getto.
Inizio visibilmente a tremare, ho freddissimo e il mio corpo continua a rabbrividire tanto che sento le gambe cedere; lui mi tiene le mani sulle spalle, e mi continua a ripetere di aspettare ancora un po'.
<Alex- posso uscire adesso?> chiedo sbattendo i denti; lui annuisce e appena esco mi avvolge in un asciugamano bianco, stringendomi al suo petto noncurante del fatto che lo stia bagnando con i capelli.
<Starai meglio, fidati> bisbiglia, lasciandomi un bacio sui capelli bagnati da cui cadono goccioline d'acqua che si schiantano al suolo. Mi strofina le braccia con l'asciugamano, concentrandosi sul mio corpo quasi totalmente spoglio davanti a lui e sorride mordendosi il labbro inferiore; <Sei bellissima> dice poi.
Il mio cuore perde un battito, come ogni volta che un complimento di qualsiasi tipo esce dalla sua bocca, e resto a guardarlo con gli occhi a cuoricino come dice Luigi.
Il bello di Alex è anche questo: il suo coglierti di sorpresa; lui è il tipo di persona che ti dirà le cose quando meno te le aspetti, ma sempre e comunque al momento giusto.
<E sei altamente scopabile al momento ma ti risparmierò solo perché sei malata> mormora a bassa voce.
Le mie guance pizzicano di un calore per niente legato alla febbre, ma all'effetto che ha Alex su di me; <Peccato> sospiro io, portandogli le braccia attorno al collo mentre mi risiedo sul mobile bianco in marmo.
Le sue mani si appoggiano alle mie cosce scoperte, mentre il suo corpo si intrufola tra le mie gambe, portandosi vicino al mio; i suoi occhi scorrono su di me e si fermano ad ammirare le macchie scure che la sua bocca ha lasciato poco sopra al mio seno e sulla clavicola destra.
<Sono stato bravo> ridacchia, passandoci sopra con i polpastrelli.
<Non essere troppo modesto, mi raccomando> sorrido sulle sue labbra, senza però baciarlo.
Lascia un sospiro quando mi allontano da lui senza aver approfondito quel contatto, soffoco una risatina per la sua espressione infastidita, ricevendo uno sguardo frustrato accompagnato però dalle fossette.
Senza rendermene conto mi sposto i capelli appiccicati al lato sinistro del collo, dietro alla spalla, rendendo evidente il segno del morso che Gio ha impresso sulla mia pelle; mi rendo subito conto di quello che ho fatto e faccio per riportare i capelli nella posizione precedente ma ormai è tardi.
Alex mi ferma per il polso e scruta attentamente il livido; striscio via dalla sua presa e mi infilo la felpa che mi copre a malapena fin sotto al fondoschiena, e faccio per avviarmi verso la porta ma la sua mano fissa su di essa mi impedisce di aprirla ed uscire.
<Che cos'hai sul collo?> chiede con tono seccato, molto diverso da quello di qualche minuto fa.
<Niente, posso andare a cambiarmi? Ho freddo> dico velocemente, provando a trovare una scusa per uscire di lì.
<No, tu non vai da nessuna parte> dice fermamente, facendomi voltare verso di lui. Sono schiacciata tra la porta in legno e il suo corpo, le sue dita stringono attorno al mio polso per impedirmi di fuggire anche se di fatto non potrei andare da nessuna parte, e il suo viso è vicino al mio.
Mi sposta i capelli con la mano libera e tira leggermente in basso il collo della sua stessa felpa per osservare meglio il punto sul quale è presente quel segno che tanto odio.
<Che cazzo hai fatto?> chiede alzando il tono di voce, senza però urlare.
<Non- non ho fatto niente> dico con un nodo in gola che si fa sempre più grosso, impedendomi di respirare normalmente.
<Questo-> dice indicandomi il collo; <Non l'ho fatto io, che cazzo hai fatto?> alza ancora il volume di voce.
<Non ho fatto niente> ripeto in un flebile sussurro, con gli occhi che iniziano a pizzicare.
<Rebecca che cazzo hai fatto?> stavolta urla, urla eccome, sbattendo una mano sulla superficie di legno alle mie spalle al lato della mia testa, facendomi sussultare e chiudere gli occhi per lo spavento.
<Non ho fatto- niente> ripeto con la voce spezzata, accasciandomi a terra e portando le gambe nude al petto; <Io- non volevo> lacrime copiose mi scendono dagli occhi, una dopo l'altra senza interruzione.
Alex si piega sulle ginocchia davanti a me; <Cosa non volevi?> chiede, ancora un po' spazientito ma con tono decisamente più pacato. Scuoto la testa, non riuscendo nemmeno a parlare e d'un tratto, come se gli si fosse accesa una lampadina nel cervello, connette i pezzi e mi prende il viso tra le mani; <Chi è stato?> chiede.
Respiro a fatica, mentre singhiozzi rumorosi mi fuoriescono di bocca e continuo a negare col capo, non riuscendo nemmeno a reggere i suoi occhi nei miei.
<Chi ti ha fatto- chi è stato?> chiede ancora, continuando a non ricevere risposta; <Me lo devi dire> dice con una vena pulsante sul collo.
<Gio> pronuncio il suo nome così piano che fatico anch'io a sentirlo, ma Alex lo percepisce e si alza di scatto afferrando la maniglia della porta; mi porto prontamente in piedi posandogli le mani sul petto.
<Spostati> dice senza guardarmi.
<Alex, ti prego> supplico con gli occhi ancora umidi; <Lascia perdere>
<Io lo ammazzo> la vena sul suo collo pulsa di rabbia nei confronti del milanese, e i suoi occhi sono iniettati di sangue, tanto che potrebbero incenerire qualcuno solo posandosi su di esso.
<Alex> lo richiamo, posandogli le mani sulle guance.
<Lui non si doveva permettere, nessuno si deve permettere di farti del male> dice stringendo il pugno tanto da farsi diventare le nocche bianche; <Lo ammazzo, ti giuro che lo ammazzo> continua a ripetere.
<Alex, guardami> forzo il suo viso ad abbassarsi, così da far scontrare i miei occhi con i suoi che si addolciscono all'istante, anche se quella punta d'odio che scorre in lui non si è cancellata; <Lascia perdere> bisbiglio appoggiando la fronte sulla sua.
<Come faccio a lasciar perdere?> chiede.
<Ho bisogno che tu stia qui adesso> sussurro; <Ho bisogno di te>
Annuisce e si risiede al suolo con me, che mi accoccolo tra le sue gambe distese davanti a lui sul pavimento; ricomincio a piangere stretta a lui seduta al suolo in un bagno, cercando conforto nell'unico posto in cui sono riuscita a trovarlo: le sue braccia.spazio autrice
Ciao amici! Orario strano per pubblicare -lo so- ma ci tenevo a mettervi lo stesso il capitolo.
Ho finito di scriverlo ora dato che oggi, tra tutti gli impegni, non ho avuto tempo; spero non ci siano troppi errori -non l'ho riletto- e vi prego in caso di farmeli notare.
Detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto e noi ci vediamo domani con il prossimo.
Buonanotte, VI VOGLIO BENE <3
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Combinazioni di parole// Alex W
Storie d'amore"𝘚𝘦𝘮𝘱𝘭𝘪𝘤𝘦𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 è 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘤𝘰𝘴ì 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘭𝘪𝘤𝘢𝘵𝘰, 𝘌 𝘯𝘰𝘯 è 𝘨𝘪𝘶𝘴𝘵𝘰 𝘮𝘢 𝘯𝘦𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘣𝘢𝘨𝘭𝘪𝘢𝘵𝘰 𝘚𝘦𝘮𝘱𝘭𝘪𝘤𝘦𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘢𝘤𝘤𝘢𝘥𝘦, 𝘢𝘤𝘤𝘢𝘥𝘦 𝘦 𝘴𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘳𝘦"