cinquantasette

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<Ciao mamma> esclamo sorridente appena il volto familiare della mora compare sullo schermo. 
<Ciao tesoro, da quanto tempo> sorride lei mandandomi un bacio. 
<Lo so, scusa- con il serale non possiamo prendere il telefono per andare sui social, solo per telefonare ma con tutte le cose da fare spesso mi passa di mente> mi giustifico scuotendo il capo. 
<Non ti preoccupare, concentrati su quello che devi fare> mi rassicura subito lei. 
<Voi come state? Fiocco?> chiedo, preoccupandomi anche del mio cane, mi manca un sacco. 
Lei ridacchia, gonfiando le guance arrossate che stringono gli occhi in due fessure; <Stiamo tutti bene, anche Fiocco> 
<Luigi vi saluta, ha detto che quando usciamo vuole venire a provare la tua torta di mele> 
<E' invitato, anzi invita tutti> lei è sempre stata una persona accogliente; ogni qual volta capitava l'occasione invitava tutti i miei amici a cena e si impegnava tutto il pomeriggio a preparare al minimo cinque portate che potessero soddisfare i palati poco raffinati di quattro adolescenti. 
<Lo farò- le nonne come stanno?> domando, cambiando totalmente argomento. 
<Stanno bene, ti guardano sempre in tv- non si perdono nemmeno un daytime> 
Sorrido pensando alle mie nonne sedute davanti al televisore ogni giorno alle 16:10 spaccate. Nonna Maria, la più vecchia delle due, seduta sulla sua sedia pieghevole arancione, con uno scialle sulle ginocchia dato che ha sempre freddo alle gambe; nonna Bruna, più giovane di qualche anno, seduta sul divano blu del suo salotto a fare merenda con pane e marmellata come ogni santo giorno. 
<Pensa che il sabato sera ci troviamo tutti e guardiamo la puntata insieme> mi informa mamma; <Persino papà> 
<Addirittura?> rido io; gli anni scorsi quando seguivo il programma da spettatrice dal mio soggiorno, lui si rifugiava in camera a vedere le partite mentre io e mamma seguivamo le puntate. Immaginarlo a guardarsi un intera puntata di tre ore mi sembra un utopia.
<A proposito- dov'è papà?> chiedo non avendolo intravisto nemmeno un secondo durante la chiamata. 
<E' dovuto andare al lavoro, gli hanno spostato il giorno libero a domani> 
<Capito> 
Mentre mi racconta di quello che è successo nell'ultimo periodo la porta che da sul retro, dove sono io adesso, si apre rivelando la figura del castano con le fossette che si copre gli occhi accecato dalla luce del sole che si riflette sul cestino di alluminio. Si è appena svegliato e ciò è reso palese dai suoi capelli scompigliati e dalla faccia assonnata. Gli faccio cenno di essere al telefono così lui prende posto alla mia destra in silenzio. Non gli ho ancora fatto conoscere i miei genitori; le uniche persone della mia vita esterna che ha conosciuto è stata la mia migliore amica e mia cugina, la seconda per altro solo attraverso racconti e fotografie. Non so per quale motivo ma l'idea di presentarlo ufficialmente ai miei come il mio ragazzo mi mette un po' d'angoscia; non ho mai avuto una storia così seria da sentire il dovere di presentare l'altra persona ai miei genitori, così come io non sono mai stata presentata alla famiglia di nessuno. Non so cosa aspettarmi dal loro eventuale incontro che, sono consapevole, dovrà avvenire prima o poi dato che quella con Alex non è solo una storiella estiva, o almeno non per me. Me lo sono immaginata parecchie volte, l'incontro tra lui e mamma e papà. Di mamma non mi preoccupo, lei lo adora tanto che ogni volta mi ricorda che -se avesse ancora vent'anni- ci proverebbe lei; papà un po' di pensieri me li reca, lui è una brava persona ma è molto protettivo e mettermi in imbarazzo credo sia il suo hobby preferito. 
Mi sono immaginata anche come potrebbe essere un incontro tra me e la famiglia di Alex; sua sorella già l'ho conosciuta e mi ci sono trovata in sintonia fin da subito. Prima che iniziasse il serale ci siamo scritte un paio di volte su Instagram e ci siamo anche scambiate il numero. Mi piace parlare con lei e, nonostante sia più piccola di qualche anno, ha una maturità paragonabile alla mia. Di sua mamma non so granché, solo che vive con la sorella a Como; di suo papà conosco giusto quel poco in più, ma nulla di troppo serio. Nonostante mi abbia raccontato un paio di aneddoti della sua vita antecedente ad Amici non si è mai calato nei dettagli, soprattutto quelli che riguardano la sua famiglia, ed io non ho voluto insistere o estorcerglieli con la forza. 
<Lo vedo che c'è qualcuno lì- vedo una spalla, chi è?> chiede mamma, sporgendosi di lato come se potesse vedere oltre il limite dell'inquadratura tirando di più il collo. 
<E' solo Alex> mormoro velocemente, non scandendo bene le parole.
<Ah, gira che lo voglio salutare> esclama. Il ragazzo vicino a me si sistema la bandana blu scuro che tiene legata in fronte, come a volersi dare un tono prima di parlare per la prima volta con la donna che ha sempre e solo visto in foto. 
<Okay- non farmi fare figuracce> dico puntandole l'indice contro attraverso la telecamera, ricevendo un 'si si' in risposta. Giro il polso e mi avvicino ad Alex, così che entrambi possiamo rientrare nello spazio ristretto dello schermo. 
<Ciao, piacere sono Alex> scuote la mano in aria, salutandola, con tono leggermente più acuto del solito. Ridacchio guardandolo con la coda dell'occhio. 
<Ciao Alex, come stai?> 
<Tutto okay, lei?> 
<Dammi del tu ti prego, che già mi sento vecchia> dice seria. 
<Mamma> canzono io. 
<Che c'è?> chiede roteando gli occhi; <Comunque tutto bene- sono contenta di conoscerti, sta disgraziata di mia figlia poteva aspettare anche di meno> tiro le labbra in un sorrisetto sarcastico, socchiudendo gli occhi in due fessure. Alex al mio fianco ridacchia un po', pizzicandomi il fianco con l'indice. 
<Aspetta di conoscere suo papà, preparati ad un interrogatorio degno dell'FBI> 
<Mi farò trovare pronto> ride lui, portandosi una mano alla fronte in un finto saluto militare. 
<Quando uscite portalo a casa che gli devo far provare la mia lasagna> mi dice mamma; <E anche il mio risotto ai funghi, ti piace il risotto?> 
<Mamma stai calma> esclamo io, placando il flusso di parole che le scivola fuori dalla bocca fin troppo velocemente per riuscire a seguirlo; <Lo porterò se ci vorrà venire> canzono. 
<Si che ci vengo, e mi piace il risotto, soprattutto ai funghi> prende parola il castano. Lo guardo sorridendo e lui mi lascia un leggero bacio sulla guancia, facendo rilasciare da mia mamma un versetto addolcito, è sempre stata un inguaribile romantica. 
<Io vi devo salutare che devo andare a lavorare, ma ci sentiamo presto> dice poi. 
<Certo mamma, salutami papà e tutti gli altri> mi raccomando. 
<Lo farò e- Alex> richiama prima di terminare la chiamata; <Grazie di fare felice mia figlia, non la vedevo sorridere così da tanto tempo> dice con occhi dolci. Abbasso gli occhi sentendo le guance pizzicare leggermente mentre il cantante vicino a me mi stringe la mano sulla coscia e mi accarezza col pollice. 
<Spero di continuare così- è bella quando sorride> dice a bassa voce guardandomi, rivolgendosi più a me che a mamma. 
<Sei un bravo ragazzo Alex- ci vediamo presto>
<Ciao mamma> la saluto, le mando un bacio e chiudo la chiamata; blocco lo schermo del telefono e lo getto sul cuscino rosso a schermo in giù. 
<Mi piace tua mamma> 
<E a lei piaci tu> ridacchio; <Mi dice sempre che se fosse più giovane ci proverebbe con te> 
Lui mi guarda ridendo, sollevando le sopracciglia per la sorpresa; <Sei fortunata che sia troppo grande per me, non avresti nessuna chance> 
<Lo so bene> rido stando al gioco. 
Poi lui si fa serio di colpo; <Che voleva dire con 'non la vedevo sorridere così da tanto'?> 
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli; <Prima di entrare qui le cose non andavano proprio bene- stavo ricadendo in quel problema, col cibo intendo, e non riuscivo più ad essere felice> 
Lui non dice niente, si limita ad ascoltarmi attentamente mentre mi accarezza il dorso con i polpastrelli. 
<Da quando è morto nonno è andato tutto un po' a rotoli> dico con un sorriso amaro sulle labbra; <Mi sono sentita così in colpa che ho rigettato tutto su di me, credo sia stata un sorta di auto punizione che mi sono inflitta> 
<Ma non hai nessuna colpa> bisbiglia lui. 
<Non l'ho salutato> dico scuotendo la testa piano; <Non l'ho nemmeno guardato> 
<Avevi nove anni> mi ricorda lui. 
<Lo so> dico con la voce spezzata, mentre gli occhi mi si inumidiscono. 
<Lui è fiero di te adesso, dovunque sia> sussurra Alex, posandomi una mano sul viso; mi lascia un bacio in fronte che mi fa sorridere.
<Perché ridi adesso?> chiede sorridendo anche lui. 
<Nonno mi baciava sempre la fronte> spiego tornando a guardarlo negli occhi, i suoi così calmi e i miei che somigliano ad un fiume in piena che sta per straripare; <Il pomeriggio, mentre facevo i compiti, mi passava dietro e prima di andare a dormire mi lasciava un bacio qui> dico indicandomi con l'indice il centro della fronte; <Poi mi diceva 'Mi raccomando studia' e spariva nel corridoio, per ricomparire due ore più tardi> 
Alex mi guarda sorridendo dolcemente, non sapendo bene cosa dire. In effetti non lo biasimo; che cosa puoi dire ad una persona che ti ha appena parlato di un suo caro defunto senza sembrare banale o superficiale? 
<Tuo nonno era una grande persona, si capisce da come ne parli> dice a bassa voce, quasi come avesse paura di dire le parole sbagliate. 
Annuisco sorridendo, gli occhi puntati nei suoi; <Lo era- me lo ricordi, un po'> ammetto poi. 
<Davvero?> 
<Mh mh> faccio annuendo; <Entrambi sapete sempre cosa dire usando le parole giuste, al momento giusto; e siete gli unici con cui parlerei di qualsiasi cosa senza la paura di essere giudicata> 
<Sono onorato> 
<Gli saresti piaciuto> bisbiglio sorridendo mentre tra la mente mi passa l'immagine di Alex che stringe la mano di mio nonno salutandolo con un 'Buongiorno' formale a cui avrebbe risposto ironicamente 'Mi stai dando del vecchio?'; un'immagine che purtroppo resterà solo una fotografia nella mia mente. 
Alex mi tira a se avvolgendomi con le braccia, il mio viso nell'incavo del suo collo mentre inspiro il suo profumo familiare. Chiudo gli occhi beandomi del canto lontano di un usignolo e dal profumo fresco della primavera. In questo abbraccio mi sento così protetta, così in sintonia con il mondo e tutti i suoi esseri, che vorrei mantenere questa posizione per sempre. Potrei anche restare pietrificata guardando dritta negli occhi Medusa mentre stringo Alex a me, non mi peserebbe nemmeno un secondo, dato che non ci altri posti dove vorrei essere adesso. Purtroppo però il momento dura poco, interrotto dalla voce di Maria che ci richiama sulle gradinate per comunicarci i guanti di sfida. Alex mi accarezza un'ultima volta i capelli, mi lascia un bacio a stampo veloce e poi mi prende per mano, camminando verso le gradinate e raggiungendo gli altri. 

Alla fine a me sono toccati due guanti. Uno contro Luca, lanciato da Zerbi, su Sorry di Justin Bieber; l'altro contro Francesco, lanciato da Anna, su Sei tu di Fabrizio Moro ed incentrato sulla scrittura di barre. Sto andando proprio ora ad incontrare Lorella, sia per discutere di questi guanti, ma anche e soprattutto per parlare del mio inedito. Ho un blocco, da due settimane a questa parte, e tutti i testi che scrivo finiscono accartocciati sul pavimento o strappati in mille pezzi per l'esasperazione. Sono abbastanza abituata a queste fasi di vuoto, ma non erano mai durate così tanto -al massimo tre o quattro giorni-. 
Entro nella stanza due, e saluto cortesemente la bionda sorridente come al solito. 
<Come stai?> chiede lei. 
<Benino> mormoro io prendendo posto sullo sgabello di legno chiaro; <In realtà sto un po' giù> 
<Come mai?> chiede preoccupata. Lei è come una seconda mamma per tutti noi, e il modo in cui ci dimostra affetto è qualcosa di davvero speciale. 
<Sono un paio di settimane che non riesco a scrivere, e mi da un fastidio incredibile> 
<Hai provato a chiederti il perché?> 
<Si- ma non ho trovato molte risposte> sospiro; <Mi da tanto fastidio perché adesso che sono qui mi sento quasi in dovere di scrivere, e poi vedo tutti gli altri che producono pezzi, compongono senza sosta ed io mi sento l'ultima della classe> ammetto affranta. 
<Ognuno ha i suoi tempi, non ti devi fissare su quello che fanno gli altri. Così facendo ti aggiungi pesi insignificanti che ti rendono ancora più difficile il lavoro> 
<Lo so- hai ragione> dico guardandomi le mani. 
<Di solito cosa fai per scrivere, proviamo a ragionare> 
<Solitamente è una cosa che mi esce naturale, mi viene un idea e nel giro di poche ore scrivo tutto> scrollo le spalle. 
<E l'ispirazione di solito dove la prendi?> 
<Generalmente dalla mia vita, o da cose che ho passato; qualche volta anche da ciò che mi sta attorno> 
<Hai provato a pensare che, forse, tu vuoi scrivere di qualcosa ma te lo impedisci perché non sei pronta a dargli voce?> questa domanda, che potrebbe sembrare solo uno spunto di riflessione, mi colpisce appieno. In effetti mi sento proprio così. Sento l'esigenza di raccontare la mia storia, ma non lo voglio fare allo stesso tempo. Fin ora ho parlato di parti della mia vita: nonno, i pensieri che ti pesano dentro, persino dell'amore. Ma non ho mai raccontato chiaro e tondo la mia storia, la storia di Rebecca a trecentosessanta gradi. Lo vorrei fare; vorrei parlare del mio disturbo alimentare, vorrei parlare  di tutte quelle volte in cui mi sono sentita inutile per tutti, vorrei parlare del bullismo alle medie, vorrei urlare al mondo cosa ho passato per essere chi sono adesso. Ma dall'altro non voglio farlo; forse per paura di essere giudicata o non essere capita, per l'ennesima volta. 
<E' così, vero?> chiede lei, comprensiva. 
<Ho paura di parlare di me> mormoro; <Ho paura che la gente non capisca, come è già successo> 
<Quando?>
<Molte volte in realtà, alle medie soprattutto- sono stata bullizzata per anni perché venivo vista come quella strana> tiro su col naso. 
<Sei arrabbiata per questo?> 
<No, non direi arrabbiata- direi più affranta> 
<Senti> dice alzandosi e posando le mani sul plexiglass; <Lo so che parlare di qualcosa che ci ha fatto tanto male è difficile, ma è solo parlandone che si può superare> 
<Se non venissi capita?>
<E se invece venissi capita eccome?> chiede di rimando; <Rebi, nella vita prenderai tante porte in faccia. Tante persone ti diranno che non vai bene, che non sei adatta e te lo diranno perché non ti capiranno; ma ti giuro che per ognuna di queste ce ne saranno dieci che comprenderanno ogni tua parola> 
Annuisco, standomene rifugiata nel mio silenzio.
<Vieni qui> mi dice, appoggio le mani alle sue, divise solo dal sottile materiale trasparente; <Una tua canzone è disco d'oro giusto?> annuisco; <Ciò vuol dire che le persone l'hanno ascoltata tante volte- perché secondo te?>
<Non lo so- perché gli piace la canzone> scrollo le spalle. 
<Perché le persone ascoltano le canzoni in cui si rispecchiano, che danno voce alla loro anima. Le persone ti capiscono, Rebecca; devi solo capirlo tu> conclude con un sorriso. 
<Grazie Lorella, davvero> sorrido anch'io, con gli occhi ancora lucidi. 
<Vai, delle cover ne parliamo domani> afferro le mie cose e faccio per uscire. 
<Grazie ancora> dico sull'uscio.
<Grazie a te, di avermi parlato di te> sorrido uscendo, lasciando che la porta nera con il 2 bianco dipinto sopra si chiuda da sola con un leggero botto. 
Me ne torno in sala relax, ripensando alla conversazione appena avuta. Forse Lorella ha ragione e sono io che non mi accorgo che chi mi sta attorno mi capisce, forse la convinzione di non essere ascoltata mi si è conficcata così a fondo nel cervello che ormai è diventato impossibile per me vedere il contrario. Penso automaticamente al pubblico che canta con me le mie canzoni, ai gruppi di Instagram fatti per supportarmi, ai commenti sotto i post, ai miei amici qui dentro, a Luigi e ad Alex. Tutte queste persone mi hanno capita da quel, ormai lontano, 19 settembre allora perché non dovrebbero continuare a farlo? 
<Non capisco se tu sia felice, triste o se hai appena visto un fantasma> ridacchia Luca, sedendosi a fianco a me sulla gradinata semicircolare. 
<Sto pensando> alzo le spalle io; <Ho parlato con Lorella del mio blocco e mi ha aiutata molto> 
<Lei ci crede tanto in te> mormora lui, guardandomi sorridendo.
<Già, spero di non deluderla> 
<Non lo farai- anche se quel guanto lo vincerò io> 
<Non dirlo troppo forte, Luchino> rido dandogli un cicchetto sulla testa. 
<E' scientificamente provato> dice lui. 
<O antiprovato, come dice Nunzio> rido io, citando uno dei tanti strafalcioni linguistici del siciliano. 
<Andiamo in casetta così mi aiuti con la cena?> propone lui.
Mi alzo annuendo; <Meglio- la pasta di ieri era terribile> 
<Intanto l'hai mangiata, quindi zitta> ribatte lui. 
<L'ho mangiata per non morire di fame> ricevo una linguaccia da parte sua mentre ci incamminiamo per tornare a casa e metterci ai fornelli. 

L'acqua bolle da un po' di tempo ed io mi perdo a guardare le pennette che, di tanto in tanto, affiorano in superficie. Con il mestolo compio movimenti circolari, con lo sguardo fisso verso il fondo della pentola che neanche vedo. 
Sussulto quando delle braccia mi stringono per la vita, tirandomi all'indietro verso il petto di qualcuno. 
<Ti sei spaventata?> ride Alex dietro di me. 
<Si idiota> dico colpendolo sul braccio. 
<Ops> ridacchia lasciandomi un bacio sulla spalla; <Com'è andata a lezione?>
<Bene, ho parlato con Lorella e mi ha aiutata molto> mi giro nel piccolo spazio tra il suo corpo e il bancone di marmo, ritrovandomi praticamente spiaccicata al suo petto. 
<Anch'io ci ho parlato> 
<Si?> chiedo, portandogli le braccia al collo mentre le sue si allacciano fermamente alla mia vita.
<Mh> annuisce piano; <Vuole farci fare un altro duetto>
<Davvero?> esclamo felice. 
<Si> risponde sorridendo anche lui; <O forse sei tu, ha scelto questa>  
<Che bella> dico con occhi sognanti. 
Mi immagino già io e lui cantare su quel palco, tenendoci per mano, mentre ci immergiamo nella nostra bolla di intimità. Cantare con lui credo sia il momento che più mi piace condividere; una passione che ci unisce e mi fa sentire così vicina al suo essere. Quasi come se le nostre anime si sfiorassero in quell'istante in cui le nostre voci si fondono insieme. 
<Non vedo l'ora di provarla> bisbiglio. 
<Anch'io> chiudo gli occhi quando lo stento sfiorare le mie labbra, una scarica elettrica mi percorre la schiena come sempre. L'effetto che mi fa non cambierà mai, nemmeno tra mille vite. 
<Vi volete muovere? La pasta si fredda> ci richiama Luca dal tavolo, interrompendoci sul più bello. Alex sbuffa silenziosamente sulle mie labbra mentre io ridacchio piano. 
<Continuiamo dopo> bisbiglio vedendo i suoi occhi illuminarsi ancora. Andiamo a sederci a tavola dove tutti ci guardano tirandosi colpetti o inveendo contro Luca perché non ha permesso loro, nemmeno stavolta, di assistere ad un nostro bacio vero che non si limiti ad un rapido bacio a stampo. Insieme chiacchieriamo e scherziamo per almeno un ora: Carola racconta delle pirouettes da perfezionare, Luigi della base che sta ri-arrangiando, Francesco delle barre che sta scrivendo, Michele della variazione che deve preparare. Io ascolto tutti con curiosità, sentendomi finalmente a casa. 

spazio autrice
Ciao amici, come state? 
Oggi posto presto perché nel pomeriggio sarò impegnata. 
Non ho molto da dire in realtà se non che questo capitolo mi piace un sacco, è stra carino secondo me. Fatemi sapere voi cosa ne pensate. 
A presto con il prossimo <3


Combinazioni di parole// Alex WDove le storie prendono vita. Scoprilo ora