sessantasette

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L'aereo ha toccato terra con un sobbalzo, rallentando pian piano; cerco di fissare gli occhi su un dettaglio fuori dal finestrino come un palo o uno dei catarifrangenti a terra ma l'elevata velocità del velivolo mi fa solo girare la testa a furia di spostare lo sguardo così velocemente.
Quando finalmente quest'enorme blocco di ferro arresta la sua corsa davanti ad uno dei gate dell'aeroporto di Malpensa e l'icona della cintura di sicurezza si spegne, mi alzo e prendo a camminare lentamente per lo stretto corridoio con Alex che mi tiene per mano per evitare di perderci in mezzo alla folla.
Aspettiamo più del dovuto che le nostre valigie -la sua nera e la mia rosa- appaiano sul nastro trasportatore, per un secondo abbiamo persino temuto le avessero perse come sempre o si fossero dimenticati di caricarle e fossero rimaste su un carrello a Roma insieme a tutte le altre; nel frattempo ci hanno fermato alcune persone e intorno a noi si è presto formato un gruppetto di persone con cui abbiamo scattato foto e chiacchierato durante l'attesa. Poi, man mano che le valigie hanno iniziato a spuntare una dopo l'altra, la folla si è diluita come sale nell'acqua e soltanto un ragazzo con le cuffie nelle orecchie è rimasto ad aspettare con il mento posato sul palmo su una delle poltroncine grigie.
Mi alzo sulle punte e assottiglio lo sguardo, tentando di mettere a fuoco la figura di mio papà in mezzo alla folla che si muove tutta nella stessa direzione; il braccio di Alex mi pende sulle spalle e le sue dita giocano con la collana che porto al collo, infilandosi di tanto in tanto nel colletto della felpa e pizzicando tra l'indice e il pollice la spallina del mio reggiseno. Continuiamo a camminare verso l'esterno dove un venticello fresco ci colpisce il viso; nonostante sia fine maggio di sera le temperature sono ancora abbastanza basse. Camminiamo per un po' fuori dall'aeroporto, in direzione dei parcheggi quando, appoggiato con la spalla ad un palo, vedo mio papà e alla sua destra mia mamma; entrambi stanno ridendo per qualcosa che guardando dal telefono di lui e non si accorgono di noi che camminiamo dritto verso di loro.
Quando arriviamo a pochi metri da loro, ma ancora distanti poiché si accorgano della nostra presenza, mi decido a parlare; <che accoglienza> dico sarcasticamente.
Mia mamma apre le braccia e me le getta al collo, stampandomi un bacio sulla fronte; <amore di mamma> esclama poi.
<Mamma, ti prego> dico imbarazzata per il nomignolo che usa fin da quando ero bambina, nonostante l'abbia pregata più volte di trovarsene uno meno spiacevole; ma lei non mi ha mai ascoltata ovviamente. Anche papà mi saluta lasciandomi un bacio tra i capelli e poi posa lo sguardo sul castano che è rimasto leggermente più indietro, in disparte.
Mi riavvicino a lui, prendendogli la mano e posando la testa sulla sua spalla; <Alex, i miei genitori> dico allungando un braccio verso di loro; <mamma, papà- Alex>
Lui e papà si osservano per alcuni attimi, quasi sfidandosi in una gara a chi distoglierà lo sguardo per primo; poi quest'ultimo allunga la mano verso il ragazzo al mio fianco.
<Piacere- ti ho visto in tv> deglutisco a vuoto dal tono di mio padre. È sempre stato un uomo abbastanza enigmatico e il non riuscire a capire che cosa voglia comunicare con il suo tono di voce mi mette sotto pressione, ora più che mai.
È molto peggio di quando gli chiedevo il permesso per restare a dormire da un amica o per andare ad una festa: se allora mi sembrava di essere sotto esame di Caronte, adesso mi sento davanti agli occhi di Lucifero in persona. Alex guarda lui, poi lancia uno sguardo a me e continua così, non sapendo bene come continuare quella conversazione.
Poi papà prende le nostre valigie e si mette a trascinarle entrambe con se; <andiamo, si sta facendo tardi>

Il tragitto fino alla macchina è animato solo da mamma che continua a fare domande ad Alex; del tipo che cosa ti piace fare, di dove sono i tuoi, che cosa fanno, che facevi prima di amici. Domande personali che so bene quanto ad Alex costi rispondere, solo per rivelare a me alcune di queste cose gli ci sono voluti mesi e certe nemmeno me le ha mai dette; ma pur di fare una buona impressione si sta sforzando di mostrarsi disponibile per qualsiasi tipo di curiosità. Sorrido guardandolo, mentre una gioia irrefrenabile mi si espande dentro. Lui, Alex, la persona più riservata che io abbia mai conosciuto, sta rispondendo alle domande opprimenti di una sconosciuta per me.
Arrivati alla macchina papà si mette al posto del guidatore, mamma alla sua destra, io dietro di lei ed Alex alle spalle di lui. Il castano mi guarda in silenzio mentre mia mamma continua con il flusso continuo di domande, come a chiedermi un consiglio su cosa fare; io alzo le spalle e ridacchio alla sua espressione.
Una canzone di Vasco alla radio fa da sottofondo al silenzio che è calato da quando mamma ha terminato il suo interrogatorio; mi perdo a guardare le strade familiari che portano al mio palazzo la cui facciata è costituita solo ed esclusivamente di vetri oscurati, uno dei quali è proprio quello della mia stanza.
<Come è stata la finale?> chiede mio papà, abbastanza inaspettatamente.
Alex mi guarda un po' impanicato, ma gli faccio cenno di restare calmo e poso la mano sulla sua; <bene, anche se è stato strano pensare che fosse tutto finito> dice con tono pacato mentre si mordicchia il labbro. Lo maledico mentalmente per questo gesto, poiché nemmeno la presenza dei miei genitori riesce a placare la costante voglia che ho di lui.
<Mi è dispiaciuto che tu non abbia vinto, sei molto bravo> dice l'uomo guardandolo dallo specchietto retrovisore, Alex sorride di poco facendo comparire per un istante le fossette sulle sue guance.
Si passa una mano tra i capelli, sistemandoli anche se non ne avevano bisogno; <la ringrazio>
Papà ridacchia; <non darmi del lei che mi fai sentire tuo nonno>
Dopo questa frase la tensione si allenta. Quella del finto duro è stata una sorta di iniziazione da parte di mio padre per il mio ragazzo, una prova da superare; e il suo essersi messo a parlare e scherzare con lui mi fa capire che l'abbia superata. Anche Alex si rilassa leggermente, lasciando andare un respiro di sollievo quando, dopo essere scesi dall'auto, papà fa il giro della macchina e gli posa un braccio sulle spalle trascinandolo verso l'ascensore parlando del suo primo viaggio in Egitto.
<Andranno d'accordo> dice mamma, facendo un cenno ai due che hanno già iniziato a slire le scale.
Annuisco sorridendo; <già>

Combinazioni di parole// Alex WDove le storie prendono vita. Scoprilo ora