8.

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Alice rimase un attimo incantata ad ascoltare Tiffany ruggire al microfono "Why don't you get a job" mentre Alessandro la seguiva con cipiglio concentrato ma divertito. Lorenzo dietro con la batteria picchiava con foga su piatti e grancassa in un allegro baccano, tanto che Paride di tanto in tanto gli lanciava occhiate tra l'ammirato e il divertito.

La gente si era accalcata attorno a loro, alcuni addirittura saltellavano in prima fila e Alice provò soddisfazione per l'amica.

«Sono una pessima persona» gracchiò Seb mogio mentre si soffiava rumorosamente il naso.

«Ma va.» Lei gli diede un buffetto sulla spalla, strappandogli un sorriso.

Alice sapeva che si sarebbe dovuta preparare al peggio a breve: Amodeo era in giro e lei gli aveva chiesto di raggiungerla.

Gli avrebbe raccontato del suo progetto.

«Non devi essere nervosa, Ali. Se ti ama, capirà.» Era stato il timido commento di Sebastiano quando lei si era sfogata con lui, nervosa per l'incontro.

«Speriamo» sussurrò a bassa voce, vedendolo arrivare nella propria direzione.

«Ciao.»

«Ehi, ciao!» Alice trillò di un'ottava più in alto del solito verso il suo ragazzo. Amodeo aveva una trentina d'anni circa e una folta zazzera scura attorno al viso dalla mascella squadrata ricoperta da fitta peluria rossiccia.

Le sorrise con un guizzo dei piccoli occhi verdi e lasciò che Alice gli saltasse al collo e gli stampasse un grosso bacio sulla guancia. «Guarda, ti ho lasciato da parte un pasticcino.» Lei gli fece scivolare in mano un biscottino ai pistacchi, cosa che lui gradì parzialmente, ma se lo infilò in fretta in bocca, vorace, fulminandola con lo sguardo.

«Buono» fu il solo commento che diede spolverandosi dalla prominente pancia delle briciole immaginarie.

Lei fece un sorriso colpevole. «So che non ti piace che cucini...»

«Non mettermi in bocca parole non mie» la interruppe secco alzando un indice nella sua direzione. «Mi dici sempre che sei ingrassata, che non sai come fare, ed io ti ho risposto: è evidente che devi evitare ogni tipo di dolce.»

Alice gli guardò la pancia flaccida, e avrebbe voluto ribattere che neanche lui era messo meglio, ma era inutile: lui avrebbe trovato il modo di rigirare la frittata e arrabbiarsi con lei. Preferiva lasciar correre, e nel caso farlo presente quando era più predisposto ad ascoltare.

«Io ti ho dato un consiglio, visto che l'hai chiesto, e mi secca poi tu faccia tutt'altro nonostante ciò che ti ho detto...»

«Sì ma...»

«Fammi finire.»

Alice capì che si stava già alterando, quel giorno non era uno dei più felici per le discussioni.

«Oh.» Incrociò le braccia villose, spazientito. «Se chiedi un consiglio e non lo segui, questa è una presa per il culo. Ecco il punto, non è che non mi piaccia che tu cucini, anzi, sai che mi piace quello che prepari.»

«A tal proposito...» Ad Alice morì la voce in gola, al contrario di Tiffany sul palco alle sue spalle che intonava "Acida" mentre la piccola folla radunata attorno a lei la inneggiava con entusiasmo.

«Sai, io e Tif pensavamo...»

Amodeo si incupì tempo zero. Alice si ricordò che a lui non piaceva che chiamasse l'amica con abbreviativi e si corresse in fretta: «Io e Tiffany pensavamo di aprire una piccola pagina per prendere ordinazioni di dolci, ma così, da fare a tempo perso.»

«Ah! Sei proprio recidiva, eh? Ma va bene, va benissimo, ma bada non voglio da te nessuna lagna su cellulite, pianti o altro del tuo solito pacchetto» sibilò sventolando minaccioso l'indice verso di lei.

Stavolta ad Alice la cosa non andava giù e ribatté timidamente: «Io vorrei fare qualcosa che mi piaccia, e non solo il mio pulcioso lavoro al call center, voglio fare di più! Anche io ho diritto a volere altro, non è una cosa che c'entra con il cucinare per me.»

«Ma cosa c'entra con il tuo lavoro? Che problemi hai con il tuo lavoro full time? Perché buttarsi in una cosa così instabile e insicura, quando hai qualcosa di serio già tra le mani?»

«Perché ora non sono felice!»

«Stai dicendo che non stai bene con me?»

«No, non c'entri tu, stiamo parlando di lavoro...»

«No, tu hai detto "Non sono felice" o no?»

«Ma io...»

«O no?»

«Ok, sì, ho detto così ma intendevo... pensavo che capissi stessi parlando del lavoro perché prima...»

«Pensavo! Tu e i tuoi "pensavo"! Tu pensi troppo, e sbagliato. Sai, a volte ti sopravvaluto, perché poi non sai neanche parlare.»

«Smettila di parlarmi così Amodeo! Io non ti ho insultato o altro...»

«Ti ho insultato? Usato parolacce? Dai Alice, non farmi arrabbiare, fa' la brava, su.»

Alice piangeva, non riusciva a frenare le lacrime, sapeva che la stavano guardando tutti ma non era in grado di bloccare quel fiume salato. «Io volevo... volevo solo renderti partecipe delle mie decisioni e tu... tu mi attacchi! Perché non puoi appoggiarmi, una volta?»

Amodeo, livido in volto, torreggiò sopra di lei con atteggiamento decisamente minaccioso. «Io non ti ho attaccato, smettila di fare la vittima e inventarti le cose.»

«Amodeo, ma ti senti? Anche ora tu...»

«Stai zitta, o me ne vado» sibilò stringendo convulsamente i grossi pugni.

«Amodeo, io non voglio...»

«Ok, me ne vado.»

«Aspetta, Amodeo! Perché...»

«Ti ho detto di non parlare, e vai avanti. Arrangiati.»

«No, tesoro, aspetta!» Provò a prendergli una mano ma lui gliela tolse dalla presa, brusco.

«Alice, da ora ti arrangi. Sono stufo, stufo, stufo. Stammi bene. E non cercarmi più.»


RUM MATESDove le storie prendono vita. Scoprilo ora