10.

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Ecco.

Era finito, tutto.

Alice non riusciva a pensare ad altro mentre le lacrime scendevano, scendevano. Chissà se anche lei avrebbe creato un lago di lacrime in cui poi scivolare e farsi cullare.

Avvertì dal nulla una presa gentile e si rese conto di Sebastiano che con gentilezza l'aveva tolta dal passaggio della folla per darle un piccolo angolo di pace dietro le bancarelle.

«Alice, ti va... ecco, ti vado a prendere qualcosa da bere?» le domandò in tono premuroso e lei scosse la testa, poi si rese conto di avere sete e si ricorresse.

Non capiva molto, e Seb era troppo gentile per dirle di no.

Cinque anni. Cinque anni buttati al vento, e per cosa, poi! I suoi sogni, le ambizioni, i bocconi amari che si era dovuta ingoiare.

Tutto finito, oramai.

E dopo quei cinque anni lei era lì, a ventotto anni, sola, con un lavoro precario che non le piaceva a vivere in affitto in una casa condivisa. E ora che aveva deciso di cambiare qualcosa di tutto quel po' po' di disordine, l'unica sua costante in quegli ultimi anni la abbandonava.

Non ce la faceva, si sentiva scoppiare.

Si trovò in mano una bottiglietta d'acqua fresca e tra i singhiozzi riuscì a berne qualche sorso.

Voleva solo andare in un angolo buio e sparire.

«No, non te ne starai in un angolo buio da sola» le mormorò Seb delicatamente, e lei capì di aver espresso il proprio pensiero ad alta voce.

«Mi sento... così...»

«... sola» concluse lui fermando con due dita il tremolio del suo labbro inferiore.

Ad Alice sbocciò nel petto un sentimento caldo per quel gesto così tenero nei suoi confronti, una sensazione a cui non seppe dare una classificazione precisa.

Si alzò dal muricciolo sul quale si era seduta ed entrambi raggiunsero il banchetto, che non c'era.

Un altro spazio vuoto.

Alice ebbe un barlume di lucidità e inorridì, pensando al tavolino che Lina e Franco avevano così gentilmente prestato loro. «Devo... devo sentire Tiffany» balbettò cercando con mani tremanti il cellulare dalla sua piccola borsa a tracolla e dopo aver fatto cadere a terra metà del contenuto prese il cellulare in mano.

Cinque chiamate senza risposta, quattro di Tiffany e una di Paride, ventisette messaggi Whatsapp non letti, notifiche di Facebook come piovesse e altrettante su Instagram, ma ora aveva una priorità e avrebbe pensato dopo a tutte le altre informazioni da smaltire. Mentre scriveva a Tiffany, ebbe un'altra ondata di tristezza al pensiero di tutte le foto, video e messaggi di lei e di quello che era appena diventato il suo ex. Tanta, tanta cartastraccia ormai.

«Hanno preso loro il tavolo.» Seb stava scorrendo con cipiglio aggrottato i vari messaggi nel gruppo Whatsapp "Let's Rock!" «Dai, ti accompagno a casa.»

«No, Seb, non voglio disturbarti.»

«Ma quale disturbo.» La prese sottobraccio e Alice si lasciò guidare. «Ho scritto io a Tif che ti sto portando a casa» aggiunse mentre si allontanavano dall'allegro vociare della sagra.

«Io... ho fatto cadere a terra delle cose dalla borsa, devo tornare...»

«Te le ho rimesse io dentro.» Le cinse i fianchi. «Tranquilla, ci penso io a te.»

Quelle parole erano un balsamo. Era da troppo tempo che lei e Amodeo parevano in perenne guerra, con attacchi di rabbia di lui per ogni cosa, e lei che cercava di appianare la situazione, con un groppo allo stomaco che si faceva più fastidioso col passare del tempo.

Arrivarono a casa senza che Alice avesse capito come fossero giunti lì.

«Grazie Seb. Di tutto» fece lei tirando su col naso. «E scusa ancora... per tutto.»

«Ma che dici» ribatté lui piano con un sorriso smorzato.

«Buonanott...»

Alice si ritrovò Sebastiano contro, che premeva le sue labbra sottili contro le proprie.

Si scostò con fare goffo, arretrando verso l'interno.

«Seb cosa... cosa stai facendo?!»

Sebastiano con un passo varcò la soglia di casa, avvicinandosi ad Alice, che lo guardava quasi con spavento.

«Alice, io... Tu meriti una persona che si prenda cura di te, che sia disposta a fare tutto per te, e io... io lo farei.»

La afferrò con mani tremanti per le spalle, e lei non lo fermò. «Seb, no, noi siamo... siamo solo...»

La baciò nuovamente, meno irruento di prima ma con maggior decisione.

E Alice non oppose resistenza, lasciandosi cullare tra le braccia sottili di Sebastiano, aprì delicata le labbra e permise alla sua lingua di giocare con la propria.

Ebbero giusto il buonsenso di chiudere la porta alle loro spalle prima di crollare sul divano, aggrovigliati l'uno all'altra.

Alice aveva un piccolo segreto.

Qualcosa che si portava dietro da tempo e di cui aveva solo accennato qualcosa a Tiffany, ma che serbava come un peccato inconfessabile.

Già da ragazzina aveva un gran ardore verso gli uomini, ma lei non era mai stata grande fan di discoteche o altri posti dal limone facile, ed essendo da sempre stata un po' sovrappeso e insicura di sé, non aveva mai avuto un fidanzato prima dei ventidue anni. In compenso, si era già fatta una scaletta ben dettagliata di quello che ci avrebbe fatto, con lui: aveva letto libri, riviste, guardato film e pure qualche video, e con impazienza focosa, si era preparata in attesa del proprio fedele compagno a cui poter diligentemente applicare le sue meticolose fantasie.

Ragazzo che arrivò ai suoi ventidue anni: Amodeo. Dopo le prime settimane di petting intenso, Alice ebbe il suo primo choc: Amodeo non voleva fare sesso con lei.

Alice aveva pianto, implorato spiegazioni, ed era addirittura arrivata ad alzare la voce, ma ahimè la risposta era sempre la medesima per tutti quei cinque anni: ad Amodeo non piaceva fare sesso.

No, non c'entrava lei.

No, non la trovava brutta.

Lui non ne sentiva il bisogno.

Il problema era che invece lei sì, ne sentiva, e urgentemente. Le loro prime settimane di passione ardente avevano solo innescato una bomba che però era implosa.

A volte Alice di notte piangeva per la frustrazione, ma si faceva passare tutto dopo un bel pianto liberatorio, pensando alle coppie attorno a lei che avevano problemi di ogni sorta, dove il sesso era diventato scontato e aveva perso quella piccantezza iniziale.

Ma lei, oh! Al contrario! Avendo circa barattato una serata di cosacce al mese, o una ogni due, lei era sempre vigile e in agguato, pronta a spuntare almeno a una delle voci di quella vecchia lista stilata da adolescente.

E poi lei aveva sempre sacrificato quelle sue voglie per un bene superiore: un rapporto di coppia stabile. Amodeo era un ragazzo semplice e gentile che non aveva grilli per la testa, e Alice amava tutto questo, in fondo a lungo andare cosa vinceva: chi era bravo sotto le coperte o chi ti affiancava nella vita come buon copilota?

Lei non aveva mai avuto dubbi in merito, anche se spesso aveva sentito pesarle quella scelta sulle spalle come un macigno.

Nell'ultimo anno di litigi, poi, i rapporti si erano ancor più dileguati, lei aveva messo tutto quel peso, e lui in uno dei suoi attacchi di rabbia aveva additato la sua reticenza al sesso come conseguenza del suo cambiamento.

Alice non si era mai sentita tanto brutta, grossa e indesiderabile, così per sopperire, aveva dedicato alla sua cura personale una fissazione quasi maniacale, ma senza gli effetti desiderati.

Ora eccola lì, avvinghiata a un suo buon amico, confusa come non mai, che si lasciava andare alle carezze di Seb, ai suoi baci delicati, ed il suo corpo vibrava, in risposta con un urlo trionfante, represso da tutta una vita.

Finalmente sesso!


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