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Alice aveva smesso di nascondersi da Tiffany dopo tutto quel marasma della notte di Halloween, presa da sensi di vergogna per se stessa e del suo grande corpo fin troppo generoso.

Lei e Tiffany avevano urlato, pianto e poi mangiato cioccolato assieme come a riappacificarsi.

Ali avrebbe voluto che quello stupido giorno non fosse mai avvenuto, anche se a conti fatti non ricordava proprio un accidente di niente. Con Tif si era sciolta in lacrime, lei di certo non aveva voluto combinare nulla con Duccio, e si vergognava di quello che aveva potuto fare con il fruttivendolo per cui la sua migliore amica aveva una cotta micidiale.

Il solo pensarci le colorava le guance di porpora, scosse vigorosamente il capo come a volerlo scacciare come un insetto fastidioso mentre imboccava il vialetto che portava al suo squallore di ufficio.

Quel giorno aveva meno voglia del solito di lavorare, e sospirò, accodandosi a un gruppetto di ragazzi che sciamò in un brusio tranquillo di chiacchiere amichevoli verso il capannone che ospitava sedi di vari uffici. Il call center per cui lavorava Alice occupava più della metà dello spazio disponibile.

Entrando dalla porta a vetri, per colpa del riflesso che rendeva difficile la visuale dall'altro lato, Alice per poco non urtò qualcuno che invece stava uscendo.

«Scusa... scusa, non ti avevo visto» pigolò, imbarazzata, scostandosi di lato per lasciare passare il ragazzo, che le rivolse un sorriso rincuorante sortendo l'unico effetto di farla ammutolire, dato che si trattava del tipo che aveva attirato la sua attenzione alla festa di Halloween.

«Non c'è problema.» All'improvviso mutismo dell'altra rispose allargando ancora di più il sorriso e, prima di raggiungere gli altri suoi colleghi che chiacchieravano fuori, si congedò: «Buon lavoro, allora, e buona giornata!»

Una volta in ufficio, Alice si accomodò, si mise comoda alla sua postazione accanto alla finestra, per poi scoprire che la lista di clienti da chiamare quel giorno era di otto persone, visto che era fine mese e avrebbero caricato i clienti da chiamare tra uno o due giorni. Se la prese comoda per occupare più tempo possibile, ma dopo due ore e mezza aveva ormai finito pur con tutte le calme di questo mondo. Rassegnata, raccolse la borsa, si coprì bene che fuori iniziava a fare un freddo pungente e se ne tornò a piedi a casa, alternando pensieri su cosa cucinare per pranzo e quel ragazzotto dall'aria simpatica che le ricordava vagamente un attore inglese di cui non si ricordava il nome.

Passando davanti alla distilleria Leone, ci buttò speranzosa un occhio per vedere se ci fosse Alex, ma non scorse nessuno dentro, forse perché stavano per chiudere per la pausa pranzo, quindi fece spallucce e se ne tornò rassegnata a casa.

Dopo un pranzo frettoloso, Alice si mise di buona voglia ai fornelli: Tiffany aveva comprato tutta una serie di ingredienti disparati per fare esperimenti su dei tortini dal cuore caldo che stavano ideando di preparare per un buffet di dolci ad un aperitivo dolce organizzato da un bar della città accanto.

Alice scrutò con aria critica le materie prime che l'estro creativo di Tiffany aveva preso, colta da ispirazione: limoni siciliani non trattati, un barattolino di finissimo matcha giapponese, lamponi freschi, crema di pistacchio e di nocciole OGP e burro d'arachidi.

Cercando meglio, si trovò pure un pacco enorme di Oreo, se ne prese un pacchetto per sé e ne mise uno sul tavolo. Sgranocchiando un biscotto, fece un attimo mente locale di possibili combinazioni, poi si pulì dalle briciole, cercò il suo grembiule e si mise al lavoro.

Dopo quelli che le parvero attimi, udì suonare alla porta, e togliendosi un guanto da cucina, sbirciò dallo spioncino.

«So che sei in casa, ti sento da sotto che stai cucinando!»

RUM MATESDove le storie prendono vita. Scoprilo ora