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Tif nel bagno cercò di frizionarsi i capelli davanti allo specchio appannato, tentando di liberarli dell'eccesso d'acqua. Vedendo che ci avrebbe messo troppo tempo, dopo poco scartò l'idea, e avvolgendosi nell'asciugamano, si affrettò a uscire. Doveva far mente locale su molte cose: si era lavata ogni zona erogena più volte? Dove si sarebbe potuta mettere ad attendere il suo bel visitatore, sdraiata sul letto o in piedi accanto alla finestra? Un lavaggio di denti sarebbe bastato o si sarebbe pentita di non essersi fatta un secondo giro di gargarismi col collutorio?

Sgattaiolò in punta di piedi fuori dal bagno e nella penombra del corridoio aprì la porta di quella che era stata la vecchia stanza di Lorenzo, e se la chiuse alle spalle, attenta a ogni cigolio o scricchiolio vario.

La colse completamente impreparata una voce suadente alle sue spalle: «Benvenuta, mia cara.»

Lei si voltò verso la finestra, e in piedi dove pensava di mettersi ad aspettare lui, ci stava Dante alla luce di varie candele, la sua vestaglia che scintillava come sangue scuro e un sorriso sornione e avvolgente.

Lei ricambiò il sorriso e lasciò la presa dal telo in spugna con cui si stava coprendo, e le cadde ai piedi con un tonfo ovattato, e l'altro alzò un sopracciglio e commentò compiaciuto: «Direi che l'attesa ne è valsa la pena.»

Tif ancheggiò nella sua direzione, lasciando goccioline d'acqua sul pavimento in cotto dietro di sé, e davanti a lui inquisì in tono basso e sensuale: «Potrò dire lo stesso, di te?»

Lui ridacchiò malizioso: «Prometti scintille, tesoro! Sei spumeggiante come questo champagne Krug grand cuvée.» Dalla cassettiera scura accanto a lui prese la bottiglia ancora appannata e l'aprì con poche mosse precise, e versò il contenuto nei due calici che l'altra aveva recuperato, senza che ne venisse sprecato neppure una goccia.

Brindarono guardandosi con aria complice, e prima di portare il proprio flute alle labbra, anche Dante lasciò cadere a terra la vestaglia.

Il Krug era deliziosamente gelido, le bollicine erano dure sul palato e Tiffany lo assaporò mentre le scivolava lungo la gola tra sommessi scoppiettii.

«Lo sai» iniziò lei posando il proprio calice, «questi flute sono proprio graziosi, ma ci sono tanti bei modi diversi per finire questa bottiglia.»

Lui le si avvicinò tanto da sfiorarsi, e lei passò due dita sui suoi pettorali lisci e scolpiti, mordicchiandosi il labbro inferiore con crescente languore nel basso ventre.

Dante ricambiò e con un lungo dito affusolato percorse con lentezza il profilo del suo seno abbondante. Si chinò e le leccò i capezzoli, la lingua ancora fredda per lo champagne glieli inturgidì e a Tif sfuggì il primo sospiro. «...Tipo qui?» con le mani a coppa le unì i seni e glieli alzò leggermente, e nel solco in mezzo passò nuovamente la lingua.

Tif prese la bottiglia dal collo, si versò addosso un goccio ghiacciato, e Dante lo bevve con un risucchio rumoroso; la bevanda fredda e il contatto con lui la facevano rabbrividire, un dolce fremito lungo tutta la spina dorsale.

«Ancora» le ordinò con voce bassa e imperiosa che la eccitò.

Obbedì e quando lui sorbì per la seconda volta, si alzò e chinandosi su di lei, le prese il mento sollevandole il viso, le versò in bocca il proprio Krug, e lei ne bevve avidamente. Gli morse il labbro inferiore con foga, lui lasciò la presa sul seno e le cinse i fianchi, facendo aderire i loro corpi, la sua erezione che le premeva contro, calda e pulsante. La fece stendere sul letto e le aprì le gambe, e tra le sue morbide pieghe segrete versò lo champagne. A Tiffany sfuggì una piccola esclamazione di stupore, il freddo e le bollicine in quella zona erano davvero una sensazione stranissima, ma buttando indietro il capo lasciò che Dante sorbisse il Krug e il proprio nettare, la lingua che carezzava le zone giuste. Si divincolò nelle coperte fino a quando venne con un ansito roco, al che lui si fece avanti, e, dopo essersi infilato un preservativo, la penetrò.

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