24. È stata una lunga notte.

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Alexandria

«Buon compleanno!»

Sbatto l'anta dell'armadietto solo per ritrovarci dietro un Kai sorridente, con un cupcake in mano con sopra una candelina.

Non sono nel mood, ma grazie lo stesso.

Per questo gli volto le spalle, e mi incammino verso la prossima lezione a cui devo andare, ignorandolo completamente.

«Hey!» esclama Kai con enfasi, mi rincorre cercando di stare al mio passo, ma l'unica cosa che voglio è allontanarmi da quelle due parole contenenti quattordici lettere.

«Non ora» gli porto una mano davanti per bloccarlo.
So che risulto fredda e scorbutica, ma non posso pensare al giorno di oggi.

Non voglio nemmeno vedere le espressioni delle persone che pensano di farmi una sorpresa, o addirittura di rendermi contenta facendomi gli auguri, ma in realtà aumentano solo la mia voglia di sparire dalla faccia della terra.

Chiudo gli occhi per non notare come l'entusiasmo di Kai sia calato, di come le labbra non siano più tirate all'insù, ma minacciano di calare, portando con sé un espressione triste e delusa.

Mi dispiace Kai, ma non è il momento adatto.

Guardo gli armadietti, dal lato opposto di Kai, e mi concentro su di loro.

Che bel blu acceso, perché non l'ho mai notato prima.

Pensa ad altro Alex.

Mi strofino l'occhio sinistro così forte che inizio a vedere strane forme di color arancione.
Riprendo a camminare, e finalmente mi ritrovo nella classe di biologia.

Mi siedo in un posto qualsiasi, vicino alla finestra però, mi trovo a fissare un anziano che sta cercando di prendere il rastrello dall'altra parte del cancello, il fatto è che il cancello è aperto.

Gli umani, tutti uguali.

Alzo lo sguardo sull'albero vicino alla finestra, le foglie cadono, pian piano coprono il terreno, rendendolo pieno di colori, marrone, rosso, arancione...

Lo stesso tempo di tre anni fa, triste e secco.

***

11 Dicembre, tre anni fa

«Mamma non ho voglia di una festa con i tuoi amici» mi lamento al telefono, come sempre d'altronde, dato che non mi è nuova questa conversazione.

«Fallo per me» addolcisce la voce, e puntualmente ci aggiunge un "ti voglio bene".

Come sempre.

«Nat, io vado!» Rosy affaccia la testa dallo spogliatoio, sorridendomi furba, io ricambio facendo un occhiolino.

«Mamma lo sai che a quest'ora sono impegnata» borbotto un po' lagnosa, lo riconosco, ma vorrei tornare in acqua.

«Va bene, ci vediamo sta sera alla festa con i miei amici Natalie» posso sentire una nota soddisfatta nel suo tono, quasi come se adorasse farmi soffrire in questo modo.

Ti voglio bene anche io mamma.

Appena attacca, non ci penso due volte, esco dallo spogliatoio quasi correndo, e mi butto nella piscina.
Rabbrividisco per l'acqua gelata che mi circonda, rimango immobile per qualche secondo, ma poi inizio a nuotare.

Amo il modo in cui l'acqua mi fa barriera, come se mi proteggesse dall'esterno, ogni volta che sono sott'acqua non posso sentire i soliti commenti cattivi verso il mio carattere, non vedo i sorrisi deridenti della gente, non posso dire qualcosa di brutto per poi pentirmene subito dopo.

Swim or DrownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora