1. I'm tired

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Harry
Ero stanco. Stanco di quella vita. Ogni sera mi rifugiavo sotto le lenzuola con le lacrime che tormentavano gli occhi, i singhiozzi che impedivano quasi di respirare e i pensieri che affollavano la mente convinto che, anche quella notte, non sarei riuscito a dormire. Allo stesso modo ogni mattina mi svegliavo con la consapevolezza che quel giorno sarebbe stato esattamente come quello appena trascorso. La vita mi appariva ormai come una spirale senza uscita. Come un topolino che tenta di raggiungere un pezzo di formaggio viene intrappolato, io, alla ricerca disperata della libertà, ero rimasto imprigionato dall'odio delle persone che avevo creduto mi amassero fino a quel fatidico giorno. Quel fottutissimo giorno di due mesi fa, quando avevo deciso di uscire allo scoperto e di mostrare a tutti chi fosse veramente Harry. Holmes Chapel é una cittadina fin troppo piccola e sapevo che le voci sul figlio gay del rispettabile signor Styles non avrebbero tardato a diffondersi a macchia d'olio. Ben presto gli sguardi divennero insostenibili, le parole taglienti come lame di coltelli, i sussurri e il vociare della gente insopportabili. Sapevo che non potevo piacere a tutti, ma di questo potevo anche accontentarmi. Non pretendevo di essere subito compreso e accettato, ma speravo almeno in un minimo di comprensione da parte dei miei genitori. Ero arrivato alla conclusione che nessuno sarebbe stato in grado di capirmi. Avevo fatto la mia scelta, perché solo rischiando avrei saputo se fosse stata quella giusta. Ed ora non mi rimaneva che soffrire perché loro, i miei genitori, coloro che mi avevano cresciuto e amato, adesso mi avevano abbandonato. Non nascondevano la vergogna e il disgusto che provavano ogni volta che i loro occhi si incrociavano con i miei. L'odio che ora nutrivano nei miei confronti sembrava aver spazzato via tutti quegli anni in cui eravamo stati uniti. A volte avrei voluto gridare senza che nessuno mi sentisse, distruggere tutto senza che nessuno mi vedesse e piangere senza che nessuno se ne accorgesse. Ma per fortuna c'era lui. Lui che era per me la luce in fondo al tunnel, l'unico raggio di sole in una giornata buia, il primo fiore sbocciato in primavera e l'ultima foglia caduta in autunno. Lui che per me era unico. L'unico che mi era stato vicino se pur fisicamente lontano. Erano circa 300 km che ci separavano, ma avevo capito che nessuna distanza può separare chi si sente davvero vicino. Con lui avevo condiviso tutto: le mie piccole gioie, le mie incertezze, i miei dolori e le mie preoccupazioni. Tutte le volte che mi sentivo solo sapevo di poter contare sul suo aiuto, sul suo conforto. Mi aveva insegnato che ognuno di noi potrebbe essere unico se solo imparasse ad essere più vero. Quelle parole mi consolavano ogni volta che ero triste e affranto. Ringraziavo quel giorno in cui avevo deciso di iscrivermi su quel social e l'avevo conosciuto. Chattare prima e messaggiare e parlare al telefono poi, era diventata una abitudine da tempo. Non riuscivamo più a fare a meno l'uno dell'altro. L'unico problema era la distanza. Questa mi impediva di guardarlo negli occhi, di sfiorargli la mano e di abbracciarlo quando più ne avevo bisogno. Mi rassicuravano solamente quelle parole scritte da lui in una sera d'estate: "Se stiamo guardando lo stesso cielo stellato, vuol dire che non siamo poi così lontani". Ma non era solo dolce. Era forse il ragazzo più bello che avessi mai visto. Pelle ambrata come il caramello; capelli scuri; occhi grandi, profondi e castani contornati da ciglia lunghissime; labbra carnose ma non troppo; sorriso ammiccante. Avevo pensato spesso di mollare tutto e andare via, ma non avevo mai avuto abbastanza coraggio. Tutto cambiò quando arrivò quella proposta. Spesso allontanarsi da certe persone è l'unico modo per non soffrire.

Zayn
Avevo appena posato il cellulare sul letto. Sapevo di avergli fatto una proposta che avrebbe messo a dura prova i suoi nervi. Tuttavia quello sembrava l'unico modo per aiutare il ragazzo del Cheshire. Conoscevo Harry ormai da 2 anni e invitarlo a stare da me, a Tottenham, era la cosa giusta. A lungo, dopo la mia relazione, avevo pensato a lui e non sempre in modo innocente. Il mio coinquilino non sembrava infastidito dal fatto che mi masturbassi pensando a lui. Sapeva che erano passati ormai mesi dalla fine del mio rapporto con Niall e che quindi ora non avevo più nessun divertimento o sfogo. Non avrei mai immaginato di legarmi così tanto ad una persona così lontana. Non sono mai stato un tipo sentimentale. Sono sempre stato abituato a prendere quello che voglio come e quando mi pare, con la persuasione o con la forza. Non importava. L'importante era acquisirne la proprietà, il possesso. Se qualcuno, anni fa, mi avesse detto che avrei perso letteralmente la testa per un ragazzo dal quale non avrei mai ricevuto alcun beneficio carnale, non ci avrei mai creduto. Eppure era successo e non riuscivo a capacitarmene. Non che mi dispiacesse. Conoscerlo aveva sicuramente migliorato la mia vita. È vero. Tuttavia caricarmi dei suoi problemi aveva contribuito anche ad appesantirla. Il problema più grande e senza apparente soluzione erano sicuramente i suoi genitori. Due completi stronzi. Come si può rinnegare un figlio? Lo si dovrebbe amare a prescindere dalla sua sessualità o dai suoi gusti. Questo era ciò che pensavo, ma di certo io non potevo saperlo. Ero solo ormai da troppo tempo. I miei erano morti in un incendio quando avevo solo quattro anni. Da quel giorno avevo vissuto da mio zio. Nessuno può comprendere veramente cosa si prova in certe situazioni. Solo sperimentarla sulla propria pelle può rendere l'idea. Quando raggiunsi la maggiore età avevo potuto usufruire dell'eredità e trasferirmi in una villetta lasciatami dai miei genitori e da lì cominciai una nuova vita. Non dovevo più rendere conto di niente a nessuno. Perso nella giungla dei miei pensieri, mi accorsi che il telefono stava squillando di nuovo. Era Harry ed era in lacrime.
"Zay, io non ce la faccio più. Ogni giorno spero che qualcosa migliori, ma qui è uno schifo. Va sempre peggio. Ho troppo bisogno di te...".
"Harry. Harry!" strillai. "Ora stai calmo e prendi un bel respiro. Andrà tutto bene. Te l'ho già detto, puoi trasferirti qui quando vuoi."
"È per questo che ti ho chiamato. Voglio... vorrei venire da te. Ti prego" singhiozzò quasi vergognandosi della sua pretesa.
"Piccolo, non mi devi pregare. C'è solo una cosa che non ti ho ancora detto...".
In quel momento sentii la voce di un uomo gridare "...frocio di merda smettila di parlare con il tuo amichetto...", "...vieni ad aiutarmi in officina, magari così diventi un vero uomo...", "...mi fai schifo!".
Così Harry fu costretto a chiudere la chiamata. Capii che per lui la situazione era diventata insostenibile. Potevo aspettare. Non c'era fretta. Sperai solamente che quel piccolo dettaglio omesso non gli facesse cambiare idea.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora