55. Epilogue

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*Le parti scritte in corsivo indicano un flashback

Quattro mesi più tardi...

Liam
Era un caldo pomeriggio d'estate. Il paesaggio fuori al Mr. Payne sembrava immobile. Il sole bruciava l'asfalto e infuocava l'aria solleticata solo da una leggera brezza. Il frinire ritmico di una cicala riusciva a raggiungere distintamente le mie orecchie. Mi piaceva, era rilassante. In lontananza si avvertiva il triste cigolio di un'altalena che scricchiolava sull'asse di ferro. Mi affacciai brevemente dalla finestra e una folata di aria bollente mi investì in pieno. Mi schermai gli occhi con la mano e volsi lo sguardo in fondo alla strada; una macchina aveva appena abbandonato il viale e più si allontanava più il suo passaggio pareva sfocato, quasi la sua immagine oscillava prima di scomparire del tutto dalla mia visuale. Una goccia di sudore percorse il mio viso accaldato. Con il braccio tentai di asciugare la fronte bagnata. Rientrai nel locale e, per qualche secondo, chiusi gli occhi beandomi del vento generato dallo spostamento d'aria del ventilatore. Il solo sentire il suo rumore meccanico mi procurava una sensazione di freschezza. Poco lontano, tornai ad avvertire quel cicaleccio ininterrotto. Respirai lentamente, ispirai ed espirai con tutta calma. Gettai fuori uno sbuffo più pesante e fu solo allora che mi risvegliai da quel torpore. Mossi le mie gambe con una lentezza disumana, quasi a voler risparmiare le energie e rendere i movimenti quanto meno accentuati possibile. Mi avvicinai al bancone e sorseggiai un bicchiere d'acqua rigenerante. Il suono cristallino del ghiaccio contro il vetro era destinato a durare poco, il calore lo sciolse subito. Mi guardai attorno. L'ampia sala era vuota. Erano le quattro del pomeriggio e tutti erano andati via. Io ero rimasto solo per dare una sistemata alle ultime faccende contabili con i fornitori: carte da firmare e pagamenti da versare. Mi recai nel mio piccolo ufficio e mi sedetti sulla poltroncina. Il tavolo era pieno zeppo di scartoffie. Non era mai stato così disordinato e non era di certo una cosa da me. Le mie labbra si curvarono involontariamente in un sorriso nel ricordo di cosa era avvenuto su quella scrivania qualche ora prima, o meglio, di cosa sarebbe potuto avvenire ma che io avevo fermato prima che potesse essere troppo tardi. Fare sesso sul posto di lavoro era sì "fottutamente eccitante" come diceva Zayn ma per me era solo scomodo e ansioso. Non volevo mica correre il rischio di essere scoperto da mio padre. A proposito di mio padre, avevo presentato il mio ragazzo a tutta la famiglia. Non che già non lo conoscessero. Zayn era stato parecchio impacciato, "Voglio fare bella figura. È la prima volta che mi importa dei genitori del ragazzo che frequento" aveva detto. Io ero inevitabilmente arrossito a quella affermazione. Ancora una volta mi aveva dato conferma che con me faceva sul serio, che io ero diverso da tutte le sue fiamme e che mi amava davvero. A mio padre piaceva Zayn, gli era sempre piaciuto. Non c'era un motivo, era così e basta. Lui stravedeva per Zayn, lo trattava meglio di chiunque altro a lavoro, sorvolava perfino sui suoi ritardi cronici e sui suoi modi poco eleganti di mandare 'a quel paese' clienti troppo esigenti ed arroganti. Era il suo preferito, Zayn aveva avuto un lavoro proprio grazie a lui. Mio padre aveva passato diverse fasi dopo aver scoperto la mia omosessualità. Prima ne era rimasto deluso, così come aveva detto lui, 'avrebbe abbandonato l'idea di avere dei nipotini', poi però qualcosa era cambiato. Ebbi l'opportunità di parlare con lui, di spiegargli come Zayn mi rendesse felice e quanto io lo amassi, ed in seguito, ebbi anche l'opportunità di mostraglielo. Quando Zayn era venuto a casa mia per le presentazioni, mio padre non aveva più avuto dubbi. "È lui. È Zayn l'uomo giusto per te" mi aveva detto. Il mio cuore era scoppiato di gioia e avevo abbracciato l'uomo che mi aveva cresciuto con tutta la mia forza. Dopotutto era evidente che io e Zayn fossimo nati per stare insieme. Ci rendevamo felici e ci miglioravamo a vicenda. Di questo si era reso conto anche mio padre e quale genitore non vuole la felicità del proprio figlio, sangue del proprio sangue?
Sorrisi mentalmente a quel ricordo lontano nel tempo ma non troppo. In fin dei conti la mia vita era cambiata molto negli ultimi mesi. A conferma di ciò, mentre frugavo tra le scartoffie, trovai quell'oggetto prezioso, quello che aveva cambiato la mia vita tre mesi prima.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora