41. Be honest

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Harry
Era passato un mese dall'ultima volta che avevo visto Louis. Un mese. Un arco di tempo oggettivamente breve durante il quale erano successe molte cose. Io ero cambiato, ancor di più se è possibile. Louis non era più venuto a cercami, forse si era arreso e non sapevo se esserne felice o meno. Mi aveva lasciato in pace ed era quello che volevo, ma ciò non mi impediva di pensare che per lui fossi stato solo un errore che non valeva la pena ripetere. D'altronde, anche io ero arrivato a considerare Louis Tomlinson un errore, un piccolo grande incidente di percorso sulla strada lunga e tortuosa che era la mia vita. Sì, la mia vita era proprio una merda. Ero diventato un parassita che viveva rintanato tra le pareti dello Scandals. Non uscivo più, neanche per fare jogging con Niall nei parchi di Tottenham come un tempo. Non mi stavo più godendo Londra. Ero dimagrito, non riuscivo a dormire bene e non avevo fame. Per non parlare delle mie abitudini che ormai erano cambiate. Fumavo pesante regolarmente. Mi faceva stare bene, occupava la mia mente e mi impediva di pensare in continuazione. Avevo imparato da Max a preparare una canna da solo e ormai ero diventato esperto ed indipendente. Solo in quello però. Per il resto mi sentivo un mantenuto. Max si prendeva cura di me, non mi faceva mancare niente, probabilmente si era innamorato ed il solo pensiero mi faceva venir voglia di fumare ancora di più, perché io non avevo la minima idea di cosa provassi nei suoi confronti. Con i soldi che guadagnava provvedeva a coprire tutti i miei bisogni. Dal canto mio, io gli permettevo di soddisfare solo quelli più impellenti e necessari, per il resto mi rifiutavo categoricamente, anche se inutilmente visto che lui non mi dava mai ascolto. So che lo faceva solo per rendermi felice, ma mi dava fastidio. Molto spesso mi regalava qualcosa, dai vestiti, di cui non sapevo cosa farmene visto che non uscivo più e mi bastavano quelli che già avevo, ai dolci, cioccolate, caramelle e orsetti gommosi che, dovevo ammettere, mi sollevavano un po' il morale, ma che non erano necessari ed io non volevo che spendesse i suoi soldi in cose inutili per me. In quel momento Max uscì dal bagno dopo essersi fatto una doccia e si rivolse a me con un sorriso.
"Riccioli d'oro?" mi chiamò.
"Mh?" risposi, sistemandomi con la schiena contro la testiera del letto.
Si avvicinò al mio corpo e si mise a cavalcioni su di me. Inutile dire che i miei occhi caddero inevitabilmente verso il basso, dove le sue parti intime erano coperte da un misero asciugamano avvolto attorno alla vita.
"In bagno ho notato che il tuo shampoo per ricci perfetti e definiti sta finendo. Vuoi che te ne compri un altro?" domandò portando una mano ai miei capelli. Me li strinse e li tirò appena verso di sé per poi tuffarsi sulle mie labbra. Ricambiai velocemente e poi mi separai malamente da lui.
"Che c'è?" chiese con fare interrogativo e un sopracciglio alzato.
"Che bisogno c'è di comprare uno 'shampoo per ricci perfetti e definiti' che costa un sacco?" gli feci il verso.
"A me basta uno shampoo economico, lo sai" continuai con tono stizzito.
"Piccolo, sai quanto amo i tuoi capelli."
"E tu sai che non voglio fare il mantenuto. Sono stufo!"
Lo spinsi in modo che si alzasse dal mio corpo. Lui si scansò e mi guardò incredulo. Forse stava pensando che fosse davvero ridicolo litigare per quelle cose. Chiunque sarebbe stato felice di ricevere in continuazione regali di ogni genere, ma non io. Non ero fatto così. Per me era importante che lui capisse.
"Harry, ci sono io per te. Non mi pesa provvedere a queste cose. Davvero" affermò con sincerità.
"Lo so, ma io sono stanco di questa situazione e voglio trovare un lavoro."
Ci stavo pensando da parecchio tempo in realtà. Volevo saper badare a me stesso da solo, senza l'aiuto di nessuno. Per una volta, volevo essere totalmente indipendente.
"Fammi lavorare allo Scandals. Qualsiasi occupazione andrà bene" lo supplicai.
"No Harry. Non se ne parla. Allo Scandals non ci lavorerai né ora né mai" alzò di poco il tono della voce.
"Perché?! Ormai vivo qui dentro ventiquattro ore su ventiquattro! Qual è il problema se ci lavoro?!" mi alterai.
"Non mi va che la gente sbavi sul tuo corpo! Tu sei mio e il tuo corpo è mio! Non riuscirei neanche a lavorare tranquillamente sapendo che altri ragazzi ti metterebbero gli occhi addosso!" mi rispose stavolta anche lui su tutte le furie.
"E il tuo corpo non è mio?!"
Era la prima volta che avanzavo dei diritti su di lui. Noi non stavano insieme ma ciò non mi impediva di fare il suo stesso ragionamento, solo dalla mia prospettiva. Se valeva per lui, allora valeva anche per me.
"Eppure ti diverti a scopare con altri ragazzi nel nostro letto e poi usi i tuoi guadagni per comprarmi delle cose! Quelli sono soldi sporchi e non li voglio. Troverò un lavoro, che ti piaccia o no!" continuai.
Forse sì, ero geloso, ma finalmente gli avevo detto come stavano le cose. Forse avevo anch'io dei sentimenti per lui ma non riuscivo ancora a definirli con certezza. Era la prima volta che dimostravo che a lui ci tenevo, forse non quanto lui tenesse a me, ma almeno era un inizio. Il rapporto che si era creato tra noi era strano e nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di parlarne, di capirci qualcosa, ma probabilmente quel momento stava arrivando ed era più vicino di quanto pensassimo.
Mi guardò incredulo. Era come se non si aspettasse quelle parole. Forse credeva di farmi un piacere, di rendermi felice. Oppure si sentiva offeso per quello che avevo detto sul suo lavoro. O ancora, era sorpreso per i sentimenti che gli avevo mostrato. Fatto sta che non indagai oltre e me ne andai.
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Quasi non mi sembrava vero che fossi per strada. Non ricordavo neanche più la sensazione di calore del sole sulla mia pelle. Dovevo ricominciare a vivere e trovare un lavoro era la mossa più giusta da fare. Però non sapevo da dove iniziare. Non avevo delle doti o delle qualità particolari. Mi rassegnai a girovagare senza una meta alla ricerca di qualche cartello di assunzioni sulle vetrine dei negozi. Comprai anche un giornale e lessi i vari annunci. Non c'era nulla che faceva al caso mio, cercavano solo laureati o gente con esperienza. Sbuffai pesantemente buttando quell'ammasso inutile di fogli stampati in un cestino. Ad un tratto la mia attenzione fu catturata dalle grida gioiose di alcune bambine che saltavano la corda.
"Dieci! Undici! Dodici!"
Due di loro tenevano le estremità della corda e quella al centro saltava tenendo il ritmo. Erano così belle e spensierate.
"Nooo. Forza, ricominciamo!"
Per un momento mi ricordarono le sorelle di Louis. Le due bambine che tenevano la corda erano gemelle. Non somigliavano fisicamente a Daisy e Phoebe, non erano bionde, al contrario, però la mia mente riuscì a collegarle in qualche modo, forse perché Louis era ancora il mio chiodo fisso. Mi mancavano molto. Ogni volta che andavamo a farle visita, sul loro volto si spalancava un sorriso a trentadue denti. Da quando io e Louis ci eravamo lasciati, però, non le avevo più viste e la cosa mi dispiaceva molto. Dopotutto loro non mi avevano fatto niente di male e non era giusto che, per colpa del loro fratello, ci avrebbero rimesso anche loro. Così, senza ulteriori indugi, mi diressi all'orfanotrofio. Dopo una buona mezz'oretta mi ritrovai al St. Peter. Nonostante non fossi un parente delle sorelle Tomlinson, mi lasciarono entrare lo stesso. Mi avevano visto molte volte in quel posto e sapevano che non ero un malintenzionato. Mi giustificai dicendo che Louis era impegnato e che quindi ero venuto da solo. Non appena entrai in camera, Daisy, Phoebe, Fizzy e Lottie mi guardarono incredule, forse credevano che non mi avrebbero visto mai più. Le bambine si lanciarono tra le mie braccia, mentre le due ragazzine mi salutarono poco dopo. Lottie arrossì vistosamente e abbassò lo sguardo non appena posai un bacio delicato sulla sua guancia. Si era presa una bella cotta per me, ormai lo avevo capito. Sorrisi al pensiero. Nonostante i suoi lineamenti mi ricordassero incredibilmente Louis, io avevo altri gusti. Avrebbe subito la sua prima delusione d'amore.
"Boo ci ha detto che ultimamente sei stato male" esordì Phoebe.
"E che è per questo motivo che sei sparito. Ma adesso stai bene!" continuò Daisy felice.
Louis aveva davvero detto così? Evidentemente non voleva far soffrire le sue sorelline dicendo loro che avevamo litigato e che probabilmente non mi avrebbero visto mai più.
"Sì, adesso sto bene" sorrisi.
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Passai l'intero pomeriggio a giocare con loro. Parlammo di molte cose, raccontai delle storie alle bambine e ci divertimmo molto. Era da tanto che non mi sentivo così sereno e in pace con me stesso. Purtroppo era arrivato il momento di andare. Salutai ognuna di loro con un lungo abbraccio.
"Haz! La prossima volta vieni con Boo? Così ci divertiamo tutti insieme!" domandò Phoebe con un sorriso.
"Non lo so, tesoro. Si vedrà..." le diedi un altro bacio e mi diressi fuori.
Proprio mentre stavo per uscire dall'edificio, mi sentii richiamare da una voce femminile. Mi voltai. Di fronte a me si parò una donna sulla quarantina, alta, con i capelli neri raccolti in una coda di cavallo e vestita con un tailleur blu.
"Mi scusi signor Styles, giusto?"
"Sì. Lei chi è?"
"Io sono Samantha. La direttrice di questo posto."
Mi sorrise e mi porse la sua mano delicata. L'afferrai e gliela strinsi.
"Piacere!"
"Ha un minuto?"
"Certo. Dica pure."
"Andrò subito al dunque. La settimana scorsa una nostra assistente è stata trasferita alla casa famiglia di Brighton. Da allora abbiamo un posto libero e mi chiedevo se lei volesse lavorare qui per qualche ora il pomeriggio. Ho notato che con i bambini ci sa fare e mi farebbe molto piacere se si unisse a noi."
I miei occhi si spalancarono. Ero uscito di casa per trovare un lavoro, ma adesso sembrava che lui avesse trovato me.
"Lei arriva nel momento più opportuno. Stavo giusto cercando un lavoro!"
"Allora è andata?"
Mi porse di nuovo la mano.
"Sì, sono dei vostri."

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora