10. Maybe I deserve more

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Harry
Quel bacio arrivò inaspettato come un fulmine a ciel sereno.
"Perdonami, Harreh."
"Perdonami, Harreh."
"Harreh."
"Harreh."
Quella voce appariva alle mie orecchie morbida e sensuale. Quasi un sussurro. Accarezzava dolcemente i miei sensi. Era tentazione. Mi lasciai incantare e rapire dal fascino del suo volto. Assaporai con dedizione il sapore delle sue labbra. Godetti del dolce e tenero contatto dei nostri visi e del profumo della sua pelle. I miei occhi, prima chiusi, si aprirono desiderosi di ammirare il suo sguardo puro e trasparente, di sbirciare e scoprire la dolcezza del suo volto. Di quella voce rude e volgare che, non molti giorni fa, aveva pronunciato il mio nome con tanta oscenità, non ve ne era più traccia. Avrei voluto ascoltare all'infinito quel dolce suono. Desideravo continuare a deliziarmi di quella melodia che era la sua voce. Ad un tratto mi resi conto di quanto sbagliato fosse agognarlo. Agognare Louis. D'impulso separai le nostre labbra che sembravo essere fatte apposta per appartenere le une alle altre. Decisi di porre fine a quel bacio così semplice, ma al contempo così intenso. Quando lo feci sentii tutte le mie certezze cadere. Con un solo gesto, Louis era riuscito a mandarmi in confusione. Non sapevo cosa fosse accaduto però una cosa era certa: era successo tutto troppo velocemente. Quello che stavo provando, in quel momento, non lo avevo mai provato per nessun altro. Mi era tutto talmente nuovo e sconosciuto. Lo guardai negli occhi. Le sue pupille si restrinsero, rendendo ancor più visibile il blu acceso delle sue iridi. Forse stava cominciando a capire quale grande errore avesse commesso. Vedendo il suo sguardo, capii che rimanere in quella stanza non aveva più senso. Presi la parola e "Hai bisogno di riposare" dissi quasi a bassa voce. Mi incamminai verso la porta. Prima di uscire mi voltai. Louis si era già avvolto nelle lenzuola come se volesse sparire dal mondo. Aveva bisogno di pensare e anche io dovevo riordinare le idee.
Quello era stato il mio primo bacio. Poteva apparire ridicolo agli occhi di chiunque ricevere il primo bacio superati i 18 anni. Io, però, non avevo mai trovato la persona giusta. Volevo che per me fosse un evento importante. Non mi sarei mai accontentato di baciare qualcuno di carino ma che per me non significasse nulla. Quel giorno però era successo e non avevo nemmeno capito il perché. Ero convinto che Louis mi odiasse e che non mi volesse a casa sua. Quel suo gesto era stato impulsivo e sconsiderato. Forse era stato dettato anche dalla febbre. Nulla aveva senso per me. Quanto più mi sforzavo di cercare un motivo o una qualsiasi soluzione, tanto più non riuscivo a comprendere. Non potevo minimamente credere che lui provasse dei sentimenti per me. Quest’attrazione che pian piano si stava creando tra noi era nata dal nulla. Non c'era stato nessun gesto da parte sua che mi aveva fatto pensare ad un interesse nei miei confronti, anzi. Nei giorni successivi al nostro scontro per le vie del centro, ci eravamo completamente ignorati a vicenda. Nessuna parola, nessuno sguardo, nessun commento inopportuno riguardante quella sera. Niente di niente.
Per nulla al mondo sarei tornato in quella stanza. Probabilmente, non avrei avuto nemmeno più il coraggio di guardarlo in faccia. Ero imbarazzato e fottutamente timido. Perché dovevo essere per forza così? Se avessi avuto un altro carattere, me ne sarei fregato e avrei continuato a vivere la mia vita. Mi facevo troppi problemi, ma purtroppo ero fatto in quel modo. Sarebbe stato così semplice dimenticare quel bacio e continuare a volere l'unico ragazzo che mi avesse mai fatto sentire importante, ma per me non lo era. Non solo perché il mio carattere me lo impediva, ma anche perché mi resi subito conto che cominciavo a desiderare qualcuno di diverso da Zayn. Non sapevo nemmeno il perché ma, da quel momento, forse anche inconsapevolmente, cominciai a desiderare Louis Tomlinson.

Zayn
Quando tornai a casa regnava un silenzio assoluto. Inizialmente credetti addirittura che non ci fosse nessuno. Mi accorsi che non ero solo quando sentii diversi movimenti di piatti in cucina. Harry stava lavando alcune stoviglie.
"Zay, sei tornato un po' prima."
"Sì, sono riuscito a svignarmela un quarto d'ora prima senza farmi vedere da Liam."
Mi avvicinai a lui,  gli afferrai i fianchi e "Lascia stare. Li lavo io" dissi.
"No, non ti preoccupare. Sei appena tornato da lavoro. Faccio io" rispose immerso nei suoi pensieri.
Un'espressione assorta dominava il suo viso. Un'altra cosa strana era che evitava intenzionalmente il mio sguardo. Di solito, quando tornavo a casa, mi aspettava con un bellissimo sorriso sulle labbra e mi accoglieva con un caloroso abbraccio. Il verde acceso dei suoi occhi mi invadeva di una sensazione di gioia e benessere. Quel giorno però questo non accadde e poteva esserci un solo motivo. L'unica persona che sarebbe stata in grado di fargli quell'effetto era Louis.
"Harry, è successo qualcosa con Lou?" gli domandai preoccupato.
"Cosa?! No. Perché me lo chiedi?" trasalì.
"Mi sembrava così... scusami per l'invadenza ma lo sai che possiamo parlare di tutto io e te, vero?"
"Certo..."
"Come sta Louis?" gli chiesi per cambiare discorso.
"Penso che si sia alzata la temperatura... prima gli ho dato da mangiare..."
"Grazie per esserti preso cura di lui. So che non provi una grande simpatia nei suoi confronti."
"Figurati. Non potevo abbandonarlo, aveva bisogno di me."
"Non essere modesto dai."
Detto così gli strinsi ancora di più i fianchi e, posando la testa nell'incavo del suo collo, gli scoccai un bacio sulla guancia. Lui sorrise e si girò.
"Sono contento che sei tornato prima" mi abbracciò a lungo.
Doveva essere successo per forza qualcosa fra quei due. Il comportamento di Harry era strano. Sembrava quasi sollevato del fatto che io fossi lì. Stare tutta la mattinata con Lou e prendersi cura di lui non doveva essere stato facile. Evidentemente stava scaricando solo un po' di tensione. In quel momento, mi venne in mente quella frase che mi disse Louis quando lo avevo recuperato dalla strada ubriaco. Con Harry ci stavo andando troppo piano. Questo non era da me e Lou lo sapeva. Ma perché allora non riuscivo a buttarmi con lui come avevo sempre fatto? Forse perché lui non era come gli altri. Lui aveva bisogno del mio aiuto. Era così debole e fragile. Qualsiasi gesto avventato nei suoi confronti, lo avrebbe spaventato e fatto fuggire. Mettersi sulle difensive e proteggersi da tutto e tutti era tipico di lui.
Quando si allontanò, sorrise ancora e si asciugò le mani bagnate.
"Vuoi andare da lui? Penso che stia ancora dormendo" mi propose.
"Sì adesso ci vado."
Baciandolo ancora una volta sulla guancia mi diressi verso il piano di sopra.
La stanza di Lou era buia e silenziosa. Era avvolto nelle coperte, immerso in un sonno leggero e tranquillo. Quando sfiorai la sua pelle mi resi conto che era molto calda. Il respiro era irregolare ed agitato. Il suo corpo era immobile ma la sua cassa toracica si alzava e si abbassava sistematicamente. I capelli erano appiccicati alla fronte sudata. La sua faccia era pallida, colorata da due chiazze rosse sulle guance. Aveva davvero un brutto aspetto. Con tutto ciò stonava un sorrisetto soddisfatto e compiaciuto che gli delineava il contorno delle labbra. Sembrava come se solo il suo corpo fosse stato stravolto dalle febbre e che la sua mente fosse rimasta lucida ed integra. Gli accarezzai delicatamente il viso e fu allora che si mosse ed aprì gli occhi.
"Zay, sei tornato finalmente."
"Ti ho lasciato in buona compagnia però."
"Ehm..."
"Non inventarti scuse, lo so che Harry si è preso cura di te. Hai anche mangiato. Di solito quando sei malato non ti va di mangiare nulla di quello che ti preparo."
"Harry cucina meglio di te."
Misi su un finto broncio e "Allora c'è una cosa che ti piace di lui."
Sembrò infastidito da quell’affermazione e "Non rompere Zay" mi rispose.
"Voglio solo sottolineare che hai fatto bene a farti aiutare da lui. Non devi fare affidamento solo e soltanto su di me."
"Io non gli ho chiesto niente. Ha fatto tutto da solo."
"Che gentile, non è vero?"
Gli pizzicai la guancia e lui si finse innervosito. Adoravo metterlo in difficoltà, mi divertiva troppo.
"Se trascorressi più tempo con lui ti accorgeresti di tutte le qualità che possiede" continuai a sfotterlo.
Lui rise e "ti diverti, vero Zay?"
"Beh, un po' " risposi.
"Contento te..."
"Ora dormi. Vedrai che starai meglio. Magari poi Harry ti prepara qualche altro pranzetto e..." non riuscii a finire la frase che mi arrivò un cuscino dritto in faccia.
"Vattene. Ho sonno" disse.
Gli scompigliai i capelli e "Riprenditi presto" dissi prima di abbandonare la camera.

Niall
L'aria fresca del mattino era pungente sulla mia pelle. Fare jogging era il modo migliore che conoscevo per godermi un po' di silenzio dopo le lunghe ore notturne di assordanti rumori in discoteca. Anche se poteva sembrare assurdo, l'abitudine mi spingeva a percorre le stradine dei parchi di Tottenham nonostante abitassi a Londra. Prima che mia madre sposasse Geoff, abitavo proprio lì. Personalmente, preferivo correre a Tottenham piuttosto che a Londra. La capitale, anche nelle prime ore della mattina, si accendeva di mille voci e colori. Io, invece, preferivo rilassarmi in posti silenziosi e pensare. Pensare a me stesso, alla mia vita, a Zayn. Non potevo non pensare a lui perché era stata proprio in una di quelle mattine che lo vidi per la prima volta. La sua pelle ambrata, bagnata da piccole gocce di sudore, appariva di un color caramello ancor più vivo. I tatuaggi, messi ben in mostra sulle sue braccia scoperte e infreddolite, gli avevano fatto assumere un'aria misteriosa ma anche un po' aggressiva. Il giorno successivo, così come in tutti quelli che seguirono, avevo continuato ad osservarlo da lontano, lasciandomi magicamente rapire dai tratti raffinati ma al contempo virili del suo viso. Mai una parola fu scambiata tra di noi in quelle mattine. Quelli erano stati i tempi nei quali avevo cominciato ad infatuarmi di lui. Vedendolo così lontano, appariva ai miei occhi come qualcosa di irraggiungibile, un sogno. Le cose cambiarono quando lo trovai in discoteca.
Sapevo di correre il rischio di imbattermi in lui se avessi continuato a frequentare quel parco, però il destino voleva che non lo incontrassi più così spesso. Forse perché prima mi alzavo la mattina con il preciso pensiero di incontrarlo e avrei fatto di tutto per riuscire nel mio intento. Adesso, invece, non lo cercavo più, anche se il mio cuore lo desiderasse più di ogni altra cosa.

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