50. Run!

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Harry
Ero stanco. Sentivo le palpebre pesanti, gli occhi appiccicati; non riuscivo ad aprirli. Ero confuso. Mi fischiavano le orecchie, quel silenzio era assordante. Dolore. Il corpo era intorpidito, come se stesse dormendo. Mi mossi appena ed avvertii il famigliare formicolio espandersi sotto la pelle, fino alle ossa. Strizzai gli occhi. Mi pulsavano le tempie. Non c'era bisogno che mi sforzassi di ricordare. Tutto quello che era successo era vivo nella mia testa. Avrei tanto voluto dimenticare, ma era tutto lì, fissato nella mia mente con un chiodo, pronto a torturarmi fino alla fine dei miei giorni. Max mi aveva stuprato. Ero stato stuprato da Max. Era facile pensarlo, dirlo ad alta voce, invece, sarebbe stata tutta un'altra cosa. Sapevo che Max era arrabbiato, ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato capace di fare una cosa del genere. A me. Avevo sbagliato con lui, mi ero spinto troppo in là, mi ero esposto più del dovuto. Probabilmente me lo ero meritato. Era tutta colpa mia. Avrei dovuto capire che le mie azioni, i miei errori, tutto il dolore che gli avevo causato, avrebbero avuto una conseguenza. Ciononostante mi ero illuso. Cullarsi nell'amore che Max diceva di provare per me, mi aveva indotto ad osare, ad essere spavaldo, a credere che non me l'avrebbe fatta pagare, che sarebbe stato buono con me, che non mi avrebbe punito. Mi sbagliavo. Ero stato un ingenuo, uno stolto. Accidenti a me. Tutto quello che riuscivo a provare in quel momento era: umiliazione, rabbia, paura. Max mi aveva violato, mi aveva costretto a fare qualcosa contro la mia volontà, mi aveva privato della dignità, della libertà di scelta. E adesso rimaneva solo il vuoto, come se non potessi più tornare ad essere quello di un tempo. Harry Styles era morto quella notte, non sarebbe stato più lo stesso, gli era stata portata via una parte importante, senza la quale poteva solamente limitarsi a vivere una vita mediocre e diversa da quella alla quale era abituato. Avevo cercato di oppormi, avevo scalciato, morso, combattuto, ma era stato tutto inutile. Le mie grida inudite divennero dei flebili sussurri. Non ricordavo quando smisi di pregare, perché nessuno mi avrebbe salvato. Credetti di morire. Prima di ieri notte, avevo creduto di conoscere la parte peggiore di Max, ma mi sbagliavo. Il peggio doveva ancora arrivare. Quello non era il ragazzo al quale tenevo, no, era una belva famelica, violenta, cattiva. Non ero stato in grado di oppormi, ero stato debole. Mi ero ritrovato a pregare che finisse il prima possibile.

"D-dove sono?" sussurrai ormai quasi completamente cosciente.
La mia voce era più roca del solito. Tutto quel gridare aveva compromesso la mia gola. Mi faceva male, graffiava.
Vidi una sagoma fare ombra sopra di me. Misi bene a fuoco. Era Niall.
"Al sicuro" rispose, poi si sedette sul letto e mi strinse una mano con entrambe le sue.
"Mi dispiace così tanto, Harry" piagnucolò.
"Non saresti dovuto venire qui. Ti avevo chiesto di risolvere con Max, ma non sapevo che stesse male fino a quel punto. Se solo lo avessi saputo, io... io non ti avrei mai detto di incontrarlo. È tutta colpa mia. Perdonami, Harry."
Si accasciò sul mio ventre e mi strinse forte. Delle lacrime bagnarono la coperta. Rafforzai la presa sulle sue mani per attirare l'attenzione. Non ero arrabbiato con lui. Avrei voluto dirglielo, ma non riuscii a parlare. Mi limitai a guardarlo negli occhi e scuotere leggermente il capo. Lui non c'entrava niente, non doveva colpevolizzarsi in quel modo.
"Po-portami a casa... L-Lou..." riuscii a farfugliare.
"Oh sì, certo! Adesso chiamo Zayn, così ci viene a prendere con la macchina" disse ridestandosi dal momentaneo stato di depressione nel quale era caduto.
"Ah... Harry. Louis non faceva altro che chiamarti ieri notte. Ti ha anche lasciato decine e decine di messaggi. Io non ho osato rispondere. Non sapevo cosa dirgli... ecco" detto così si precipitò a chiamare Zayn.

Ne approffitai per sollevarmi dal letto. Inizialmente la testa prese a girarmi poi, fortunatamente, si arrestò. Mi diressi allo specchio. Volevo vedere in quale stato versavo, con quale aspetto mi sarei presentato a Louis. Avevo paura, ma lo feci. Graffi, segni sui polsi, un occhio nero, macchie rosse cosparse qua e là. Avevo la guerra sul mio corpo. La testa cominciò a vorticare nuovamente. Era come se nella mia mente si stessero ripetendo, affiancando, sovrapponendo, spezzoni degli episodi di quella notte. Io ero un soggetto esterno, costretto a guardare impotente quelle scene. Gridavo per farmi sentire dal me stesso vittima di violenza, ma non emettevo suono. Cercavo di afferrare Max per allontanarlo da me, ma non riuscivo a toccarlo. Ero come un fantasma, un'anima in pena. Cercavo di incoraggiarmi a non arrendermi, ma lo feci. Fui spettatore del momento stesso in cui persi i sensi. Sentii due paia di braccia sollevarmi. Ero svenuto, di nuovo. Zayn e Niall erano lì. Mi stavano aiutando.
"Tutto bene, Harry?" gridò Zayn in preda al panico.
Gli volevo bene nonostante tutto. Annuii, ma no, non andava per niente bene. Avrei voluto piangere ma non lo avrei fatto, non lì, con loro. Perché, se fosse successo, sarei crollato definitivamente e nessuno di loro sarebbe stato capace di rialzarmi, come stavano facendo adesso sollevandomi dal pavimento. Sarei caduto molto più in basso e l'unico in grado di salvarmi sarebbe stato Louis. Stavo aspettando lui. Volevo buttargli addosso il mio dolore. Volevo che mi salvasse. Avevo bisogno di Louis.
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UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora