40. I don't love you anymore

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Harry
Mi sentivo soddisfatto. Avevo guidato io i giochi. Max aveva seguito ogni mio movimento, aveva atteso le mie mani, era stato succube di ogni mio desiderio. Avevo dettato le regole, mi ero imposto, mi ero sentito potente. Lo avevo sedotto, compiaciuto e appagato. Avevo messo da parte ogni limitazione e inibizione, mi ero lasciato andare, mi ero abbandonato ai sensi. Sentivo crescere dentro di me una strana sensazione di fiducia, di forza e di sicurezza che non avevo mai provato prima. Era chiaro che non fossi più il ragazzino impaurito di Holmes Chapel. Ero cambiato, ero cresciuto; le esperienze di vita avevano aiutato questa trasformazione, anzi, ne erano state la matrice. Allo stesso tempo mi rendevo conto che era avvenuto un altro cambiamento. Fino a quel momento, durante il sesso con Max, ero stato sempre totalmente passivo. Mai un'iniziativa, mai una pretesa, mai un desiderio particolare. Quella volta però era stato diverso, ero stato maggiormente partecipe, avevo sorpreso sia me stesso che Max.
Sospirai immerso nei miei pensieri. Ciò nonostante, ero ugualmente attento ai rumori che provenivano dal corridoio oltre la porta. Max era andato via da nemmeno trenta secondi, chiudendosi la porta alle spalle. Ma qualcosa scattò. Era la maniglia che veniva abbassata ancora una volta. Mi voltai di colpo mentre la porta veniva richiusa con un suono sordo. Bastò un attimo, un millesimo di secondo e mi ritrovai delle labbra premute prepotentemente contro le mie. Soffocai un gemito quando mi accorsi a chi appartenevano. Ciò nonostante non mi sottrassi al loro bacio famelico. Feci l'esatto contrario. Mi sbattè con forza contro il muro, tenendo ferme saldamente le mie spalle. Approfondì il movimento della lingua nella mia bocca, provocandomi ansimi sommessi. Cercai di protestare, anche se debolmente, ma non me lo permise.
"Te lo avevo già detto una volta, Harry!"
Piegò la mia testa di lato per avere una più facile angolazione.
Il suo corpo era spalmato sul mio, avrei dovuto ribellarmi ma non lo avrei fatto per nulla al mondo.
"Le tue labbra sono mie!" escalmò con ferocia.
Allontanò la sua bocca dalla mia per un attimo, giusto il momento per riprendere fiato. Morse con decisione il mio labbro inferiore e gemetti per la sorpresa. Un rivolo di saliva, teneva unite le nostre labbra nel momento un cui si staccò per poi affondare ancora una volta nella mia bocca. Sentivo la pelle andare a fuoco, le guance colorarsi di porpora e il labbro inferiore pulsare prepotentemente.
Non volevo separarami da lui, avrei gestito la situazione per poi prenderne il controllo. Volevo giocare un po'.
Lo spinsi dalla parte opposta al muro, come per volermi liberare dalla morsa nella quale mi aveva intrappolato. Finsi un tentativo di ribellione, restando comunque saldamente ancorato alla sua bocca. Agganciai la mia lingua alla sua e portai una mano alla sua nuca per spingerlo ulteriormente verso il mio corpo accaldato.
"Forse un tempo" replicai col fiato corto.
Leccai con decisione il contorno delle sue labbra e poi lo guardai fisso negli occhi.
"Ora non più" lo sfidai.
Un guizzo rabbioso si fece largo nelle sue iridi del colore del cielo. Sorrisi provocatorio sulla sua bocca. Fu allora che mi condusse con forza verso il mobile vicino il letto. Mi fece sedere sopra e, al contempo, feci cadere a terra la lampada e le varie cianfrusaglie che erano lì sopra. Si schiantarono al suolo frantumandosi. Il suono riecheggiò nelle nostre orecchie. Dopodiché agganciai le mie gambe attorno al suo bacino e continuai a baciarlo. Mi spinse leggermente all'indietro, in modo tale da avvolgere la mia schiena con entrambe le braccia. Io, invece, portai le mie al suo collo.
"Cazzate" disse duramente.
Morse ancora una volta il mio labbro inferiore. Gemetti, questa volta di piacere. Portai la testa all'indietro e strinsi maggiormente le mie gambe attorno al suo bacino. Le nostre erezioni si scontrarono per un istante. Bastò quello affinché un gemito strozzato si fece spazio in entrambe le nostre gole.
"Tu mi hai tradito" lo ammonii respirando affannosamente.
Non si fece intimorire dalla mia accusa, al contrario, se è possibile, infiammò ancora di più il bacio, tirando leggermente i miei capelli.
"Anche tu mi stai tradendo" replicò.
Non poteva paragonare le due cose. Io lo avevo lasciato. Non stavamo più insieme!
Raccolsi le forze nelle mie braccia e lo respinsi con decisione. Scesi dal mobile e riagganciai le nostre labbra. Era come se volevo godermi quel momento che sapevo non sarebbe tornato molto presto, se non mai più. Era una guerra, una autentica lotta di lingue, denti e saliva. Sembrava non finire più.
Morse e succhiò ancora il mio labbro inferiore e ansiamai, stavolta rumorosamente, a bocca aperta. Sorrise nel vedermi cedere. Ma no, non mi stavo arrendendo. Fissai i miei occhi infiammati nei suoi altrettanto ardenti. Fu solo verde nel blu e blu nel verde.
"Ti odio" dissi a denti stretti.
Diede un un ultimo bacio languido alle mie labbra per poi rispondermi.
"Anch'io."
Ma lo sapevamo, sapevamo entrambi che non era vero. Ciò che avevamo detto corrispondeva all'esatto contrario.
Come se d'un tratto ci fossimo resi conto di cosa stavamo effettivamente facendo, sciogliemmo con forza il legame delle nostre braccia, separandoci con decisione. Gli occhi spalancati, le labbra gonfie e arrossate, i capelli scompigliati e le guance a fuoco. Era come se avessimo trattenuto il fiato. Prendemmo entrambi un profondo respiro.
Non era ancora finita.
La guerra continuava.
"Che fai qui?" dissi dopo essermi ripreso.
"Volevo vederti" rispose semplicemente alzando le spalle.
"Beh, adesso mi hai visto. Sparisci" dissi freddamente indicandogli la porta.
"Ti voglio."
Sbarrai gli occhi incredulo. Come poteva dire quelle cose? Ciò nonostante, il mio cuore sussultò a quelle parole. Non sapevo come avrei dovuto sentirmi.
"Io no" risposi acidamente.
"E come lo spieghi quello che è successo pochi secondi fa?"
Arrossii in imbarazzo e lui sorrise notandolo. Dopotutto ero sempre Harry. Cercai nella mia testa una risposta attendibile.
"Attrazione fisica" risposi semplicemente.
"Attrazione fisica? Soltanto?" inarcò un sopracciglio.
"Sì."
"Guarda che non sono Max."
Aveva centrato il punto. Aveva capito che con Max c'era solo sesso senza sentimenti. O, perlomeno da parte mia.
"Tra noi c'è stato amore e continua ad esserci. Non puoi negarlo" continuò.
Certo! Certo che c'era stato amore e che continuava ad esserci nonostante tutto. Ma non potevo, non potevo più amarlo dopo tutto quello che mi aveva fatto, dopo il tradimento, la sofferenza e i pianti. Ma al cuore non si comanda.
"Io non ti amo più" mentii.
"Certo, vallo a raccontare a qualcun'altro. L'amore non sparisce in un niente" mi ammonì.
Lo squadrai da capo a piedi con tutto l'odio che provavo.
"In questo momento vorrei che tu sparissi in un niente" dissi a denti stretti.
"Non dici sul serio."
"E invece sì! Sparisci stronzo."
Gli indicai con astio la porta.
"Fammi un favore, Harry. Smettila di essere così arrogante e di fare la puttana con Max. Finiranno per darti la paga qui dentro" disse con disgusto.
"Che bastardo! È la seconda volta che mi dai della puttana. Ma come ti permetti?!" urlai furioso.
"Forse non ci avevo visto male la prima!" mi rispose a tono.
"Non sono stato io a farmi sbattere da Zayn sul nostro letto quando ancora eravamo fidanzati!"
A queste parole entrambi ci rattristammo. Si poteva leggere il dolore nei nostri occhi. Non potevamo amarci e quindi eravamo solo in grado di farci del male. Trattenni con fatica le lacrime che minacciavano di rigare le mie guance.
Ci guardammo negli occhi per un tempo che parve interminabile finché Louis non interruppe il silenzio.
"Vorrei esserlo ancora."
"Sbattuto da Zayn? Complimenti" risposi sarcastico.
"No, fidanzato con te."
Il mio cuore si riscaldò a quelle parole. Sentivo una strana sensazione di felicità propagarsi nel mio petto. Ma la realtà era diversa. La realtà era triste, inganno, sofferenza. Non dovevo lasciarmi abbindolare. Dovevo essere forte o, almeno, fingermi tale. Poco importava se non lo ero, poco importava che stessi facendo del male a me stesso. Dovevo costruirmi una corazza, un muro fortificato. Serrai per un attimo gli occhi per poi riapirli. Erano spenti, era come se non vedessi davvero.
Mi diressi verso la porta a testa bassa, posai la mano sulla maniglia e la abbassai. Si aprì con un cigolio sinistro. Dall'esterno, la musica da discoteca raggiunse anche le quattro mura della stanza.
"Va via" dissi a denti stretti.
Sollevai lo sguardo e non riuscii a trattenere una lacrima disperata.
Avevo fallito, ancora una volta. Mi ero imposto di non piangere davanti a lui ma non avevo resistito. Mi ero mostrato debole.
Mi guardò in faccia con un'espressione affranta, dopodiché mosse i primi passi verso l'uscita, per poi varcare la soglia e sparire nel corridoio.
Chiusi la porta alle mie spalle. Poggiai la testa sulla sua superficie liscia e fredda. Scivolai lentamente verso il basso per poi abbandonarmi a un pianto disperato.
Stavo male, stavo davvero troppo male.
Avevo trattenuto tutto, la corazza aveva ricevuto troppi colpi, si era scalfita. L'avrei ricostruita dopo.
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Passarono alcune ore. Piansi per tutto quel tempo, rannichiato su me stesso per terra. Non credevo che ci si potesse sentire liberi dopo un pianto così lungo. Per giorni, avevo fermato tutte le lacrime all'interno dei miei occhi e, una volta lasciate libere, mi sentivo in qualche modo svuotato. Ero stanco. Non solo una stanchezza mentale ma anche fisica. Tutte quelle lacrime e quei singhiozzi mi avevano sfinito. Avevo pianto per ore e avevo smesso solo quando non avevo più gocce da versare. Ora ero semplicemente immobile, poggiato con la testa e la spalla alla porta e con le gambe distese sul pavimento. Inspirai ed espirai tranquillamente per riprendere fiato. Sentivo il petto più leggero. Fu in quel momento che sentii la porta spingere contro la mia schiena. Ero evidentemente di intralcio a chi cercava di entrare nella stanza. Mi spostai un po', quel tanto che bastava per aprire uno spiraglio e far entrare quella persona che riconobbi in Max. Il suo volto si incuriosì non appena mi vide per terra. Lessi anche una nota di preoccupazione nel suo sguardo, ma non potei giurare di averci visto giusto.
"Hey, dolcezza. Che ci fai seduto per terra?" domandò piegandosi sulle ginocchia e raggiungendo la mia altezza.
"È venuto Louis" risposi come se fosse una spiegazione valida.
"Ci siamo baciati" aggiunsi.
Fui attento ad usare le parole. Non dissi 'mi ha baciato' ma 'ci siamo baciati' proprio per sottolineare il fatto che io avevo ricambiato volentieri.
"E quindi?" domandò con un cipiglio.
"E quindi è uno stronzo" risposi tranquillamente.
Di tutte le lacrime delle ore precedenti, non vi era più alcuna traccia.
"Dopo questo bacio della buonanotte non è cambiato niente, vero?" sorrise con una punta di sarcasmo.
Tipico di Max ma il suo non era semplicemente umorismo, voleva conoscere davvero la mia risposta.
Pensai bene a cosa dire. La mia mente vagò a poche ore prima, quando Louis era entrato nella stanza e mi aveva baciato con forza. Ripensai al fuoco sulla mia pelle, al calore al basso ventre, ai gemiti soffocati sulle sue labbra.
"L'unica cosa che è cambiata è che adesso ne ho ancora più voglia" sorrisi provocatorio.
Lo so che era sbagliato sfogarmi su di lui.
Lo so che non potevo chiedergli di soddisfare un'eccitazione che era nata grazie alle labbra di Louis sulle mie.
Sapevo anche che Max aveva capito la situazione e che comunque non si sarebbe tirato indietro. Dopotutto era lì solo per aiutarmi a dimenticare Louis.
"Diamoci da fare" disse infine, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
L'afferrai e in un attimo mi ritrovai sul letto con le labbra di Max premute sulle mie, pronte a portare via il sapore di Louis. Ma quello che non sapeva è che io stavo rispondendo al suo bacio pensando inevitabilmente al mio ex ragazzo.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora