37. You're not a monster

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Zayn
Quella mattina mi risvegliai in un letto che non mi apparteneva. La sensazione che provai fu strana, resa ancora più ambigua dal fatto che col ragazzo stretto a me non ci avevo fatto assolutamente nulla. C'erano stati solo baci e carezze, abbracci e sguardi. Nulla di più. Il fatto è che, ritrovarmi in quella casa di mattina, non era un'esperienza del tutto nuova. La vera novità era nel fatto che mi trovassi nel letto del fratello sbagliato. In passato, ero solito svegliarmi accanto a Niall dopo una notte di fuoco. Il vero problema era che mi trovavo nel letto di Liam e la cosa più assurda era che non mi dispiaceva affatto, così come non mi era dispiaciuto sfiorararci e baciarci semplicemente, senza cadere nel sesso. Tempo fa avevo creduto che Liam non fosse compatibile con il mio carattere e con i miei bisogni. Ed invece, in quel momento, mi sentivo bene con lui. L'altra cosa che non riuscivo a comprendere era il mio comportamento della sera precedente. Perché lo avevo aiutato? Perché dentro di me era scattato qualcosa nel vederlo con Scott? Si era forse trattato di gelosia? Ma gelosia dettata da cosa? Lui non era mio e non lo era mai stato. Non avevo il diritto di provare quella gelosia. Eppure, in quel preciso istante, con Liam stretto al mio fianco, sentivo di provare qualcosa. Mi infastidiva non riuscire a riconoscere cosa quel sentimento fosse. Fatto sta che non riuscivo a togliermi Liam Payne dalla testa. Non avevo idea di come potesse essere successo. Prima non nascondevo di odiarlo, di insultarlo e di evitarlo come la peste. La situazione però era cambiata. Eppure Liam era sempre lo stesso. Ammisi che era in grado di esercitare un certo potere su di me.
Spostai il mio sguardo assorto dal soffitto al ragazzo accanto a me. Lo strinsi un po' di più e lo fissai. Solo dopo alcuni minuti notai che il mio volto era rilassato e che le mie labbra erano curvate in un sorriso. Mi sorpresi nell'avere un'espressione tanto dolce stampata in faccia. Scossi la testa con forza per togliermi quella smorfia inebetita. Ma che diavolo mi succedeva? Dovevo andarmene al più presto. Un minuto di più in quella casa e sarei diventato matto.
Mi allontanai da Liam con delicatezza, separando i nostri corpi nel modo meno brusco possibile. Solo in quel momento notai che anche le nostre gambe erano intrecciate. Tentai di divincolarmi dalla morsa con morbidezza. Riuscii a mettermi a sedere, dopodiché balzai in piedi con uno scatto. Mi diressi verso la finestra della stanza, tutto intento a darmela a gambe in fretta e furia. Non era la prima volta che fuggivo da quella casa usando la finestra. L'unica differenza era che mi calavo dalla finestra accanto a questa camera. Sorrisi in ricordo dei bei vecchi tempi. Scavalcai con una gamba, mentre l'altra rimase salda al pavimento. Voltai la testa in direzione del ragazzo assopito tra le coperte. Ancora una volta, un'espressione strana accese il mio viso. Fui combattuto dal tornare sui miei passi e il fuggire il più presto possibile. Mi girai in direzione della finestra e poi ancora verso Liam.
"Oh, al diavolo" sussurrai.
Rientrai la gamba e mi diressi verso il letto. Mi piegai su Liam e gli stampai un bacio leggero sulla fronte. Lo osservai ancora un po' e infine mi decisi ad andar via. Niall doveva essere già tornato a casa. Correre inutili rischi, non aveva alcun senso.
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Tornai a casa velocemente. Avevo ancora troppi problemi in testa e volevo rilassarmi un po' prima di andare a servire la colazione al Mr. Payne. Ciò nonostante, quando entrai in casa capii che rilassarmi sarebbe stato impossibile quella mattina. I miei occhi si fermarono sul ragazzo seduto in modo scomposto sulla sedia della cucina. Aveva una bottiglia di alcol ancorata alla mano destra, mentre il braccio sinistro era disteso sul tavolo e la testa poggiata su di esso. Dei singhiozzi strozzati riempivano l'aria, per il resto c'era silenzio assoluto. Mi avvicinai cautamente a Louis non sapendo come comportarmi. Non lo avevo mai visto così disperato. Cercai di posargli una mano sulla spalla in un gesto di conforto ma me lo impedì.
"Non toccarmi! Non voglio che tu mi veda in queste condizioni, Zay..." singhiozzò scosso.
Il mio cuore sussultò. In quel momento fu come vedere la scena a rallentatore. Si dice, infatti, che in situazioni critiche il cervello rallenta la nostra percezione di tempo, per poterci dare la possibilità di pensare più a lungo. L'angoscia prese il sopravvento. Non avevo mai visto Louis così triste, era avvilito come mai prima d'ora. Non potevo immaginare che l'abbandono di Harry avrebbe potuto causargli tutto quel dolore. Se stava male però, era solo colpa mia. Ero stato io a mettere in scena quell'assurdo teatrino del tradimento, ero stato io ad insinuare il dubbio in Harry, ero stato io ad architettare un maledetto piano con Max. Dovevo ammettere anche di essermi divertito, di aver gioito di quelle sventure delle quale io soltanto ero il regista. In quel momento mi sentii un verme. Il motivo era facile da comprendere. Io, che vantavo di essere il migliore amico di Lou, colui che lo conosceva meglio di chiunque, il ragazzo che gli era stato accanto fin dall'infanzia, lo avevo tradito. Avevo tradito la sua amicizia, la sua fiducia, la sua serenità, per cosa? Per un probabile divertimento carnale? Cosa volevo ottenere? Uno scopa-amico? Volevo davvero gettare tutto in malora, per qualcosa di così stupido e materiale? Ero stato un completo idiota, un egoista. Avevo pensato solo al mio divertimento, ignorando la felicità che Harry era in grado di dare a Louis. Avevo giocato a fare Dio. Mi ero intromesso in qualcosa che non mi spettava, avevo giostrato con le loro vite e avevo cambiato il corso degli eventi. Avevo voluto creare relazioni che si basano soltanto sulla bugia, sul complotto e sulla macchinazione. Avevo trascurato la felicità del mio migliore amico per il mio divertimento personale, per un semplice capriccio. E adesso lui soffriva e la causa ero io. Riemersi dai miei pensieri e mi avvicinai ancora a lui.
"Louis, smettila! Vieni qui" dissi sfilandogli la bottiglia dalle dita.
"No, Zayn tu non puoi capire! Harry e Max... Dio che schifo. Si è consolato facilmente.... Non contavo niente per lui" si lamentò disgustato.
Un pugno allo stomaco sarebbe stato meglio di vederlo in quelle condizioni. Harry e Max. A quanto pare anche la seconda parte del piano era andata a buon fine. Max aveva predetto tutto nei minimi dettagli. Ne ebbi quasi paura.
"Lou..." tentai di consolarlo, accarezzandogli la schiena e massaggiandogli le spalle.
"L-lui... Lui mi aveva promesso che mi avrebbe aiutato e i-invece se n'è andato" disse in modo straziante.
Indicò la bottiglia sul tavolo, l'afferrò e la scaraventò con forza sul pavimento.
Il rumore di vetri in frantumo riecheggiò nella cucina.
"Ed invece eccomi qui! A bere come quell'ubriacone di mio padre! Mi faccio schifo!" urlò infuriato.
Si alzò di scatto e barcollò a causa del troppo alcol ingerito. La sedia cadde a terra in un tonfo mentre lui si manteneva a stento in piedi.
"Mi ero dedicato a lui! Gli avevo presentato le mie sorelle! Gli avevo raccontato la mia storia! E lui cosa ha fatto? Si è subito consolato tra le braccia di quel porco!" Si sfogò con rabbia.
Lo trattenni tra le mie braccia per impedirgli di cadere rovinosamente per terra.
"Ma chi voglio prendere in giro... é solo colpa mia! Io l'ho tradito" disse infine colto da un momento di lucidità.
"Louis, non dire così! È colpa di entrambi! Anzi la colpa è solo mia. Ho voluto organizzare io quella festa con fiumi d'alcol" mi intromisi.
"Non prenderti colpe che non hai, Zayn!" mi difese strillando.
"Ora calmati però."
Lo strinsi con forza e lo aiutai a tenersi in piedi.
"Vieni" lo incitai.
Lo trascinai fino alla sua stanza e lo feci accomodare sul letto. Si sdraiò completamente e gli rimboccai le coperte.
"Ora riposati e non pensare a niente" gli dissi.
"Sdraiati accanto a me" mi supplicò.
Lo feci senza storie e mi accoccolai al suo corpo stringendolo.
"Grazie, Zayn"
Nel sentire quelle due semplici parole mi sentii malissimo. Mi stava ringraziando? E per cosa? Per averli rovinato la vita?
"Perdonami, Lou" sussurrai.
Gli stavo chiedendo scusa per tutto, per il dolore che gli avevo inferto, per la tristezza che gli avevo causato e per i complotti alle sue spalle. Naturalmente, arrivati a questo punto, non potevo più svelargli la verità. Avrebbe fatto ancora più male. Mi limitai soltanto a scusarmi, celando dietro quelle parole un mare di significati.
Attesi che si addormentasse, dopodiché mi allontanai riluttante dal suo corpo sfinito e andai a lavoro.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora