19. I like you too

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Zayn
Tutto quel parlare con Louis di culi e di cose da infilarci dentro mi aveva fatto venire una gran voglia di scopare. A lavoro notai che Liam mi stava fissando con uno sguardo quasi famelico. Liam non era un brutto ragazzo e sembrava che neanche io gli dispiacessi più di tanto, quindi decisi che sì, si poteva fare. Avrei segnato una doppietta, due fratelli, era una cosa così allettante. Non mi ci volle molto a sfoderare il mio charme e fargli quella proposta palesemente perversa. Gli avevo fatto capire che nel retro del ristorante non avrei solo fumato, ma ci sarebbe stato dell'altro. Quindi se mi avesse seguito si sarebbe assunto tutte le responsabilità.
Accesi una sigaretta e iniziai ad inspirare. Aspettai un po', giusto il tempo di finire di fumare, quando la maniglia della porta si abbassò.
"Credevo non venissi più" dissi senza guardare, sapevo fosse Liam.
"E invece sono venuto."
"E non sei curioso di sapere come verrai tra un po'?" gli domandai stavolta voltandomi nella sua direzione.
"Oh aspetta. Stiamo parlando con i doppi sensi, perché... io... ceh non l'avevo capito..." disse lui esitante.
"Per una buona volta, Liam, chiudi quella cazzo di bocca e spalanca quelle gambe."
Lo sbattei bruscamente contro il muro, con la testa a collidere sulla superficie imperfetta. Mi posizionai dietro di lui e cominciai a palpare la sua erezione già ben formata.
"Payne, non sapevo di farle questo effetto" dissi languidamente imitando il suo modo di parlare.
Lui si limitò ad ansimare per il piacere provocatogli dai movimenti della mia mano.
"Che c'è? Nessuno ti aveva mai toccato così, mh?" gli sussurrai all'orecchio sapendo che, neanche questa volta, avrei ricevuto una risposta.
Gli leccai una volta la nuca con la mia lingua ruvida e gli abbassai velocemente i pantaloni.
Mi piaceva l'idea di dominarlo, di dominare il mio capo. Finalmente era piegato al mio volere e pendeva dalle mie labbra. Aspettava la mia prossima mossa. Gli infilai velocemente due dita nella sua apertura. Era dannatamente stretto ma, in quel momento, non mi domandai il perché. Poco dopo le sostituii con il mio membro e cominciai ad affondare dentro di lui. Gli imponevo stoccate forti e prepotenti. Dovevo soddisfare la mia fame, il mio appetito sessuale. Venni dentro di lui e Liam fece lo stesso contro il muro poco prima di me. Mi allontanai da lui e sollevai immediatamente i pantaloni. Liam era ancora rivolto verso la parete. Gli diedi uno schiaffo sul sedere ancora nudo e "È stato divertente, Liam. Alla prossima" dissi prima di tornare al ristorante. Quando mi chiusi la porta alle spalle sentii dei suoni strani provenire da fuori. Erano forse singhiozzi? Oh, andiamo, non potevo avergli fatto così male.

Harry
Zayn e Louis mi avevano lasciato solo. E adesso cosa ci facevo con tutta quella colazione che avevo preparato? Ripensai alla notte precedente. La camera di Louis aveva un buon profumo, non di quelli forti delle colonie o dei deodoranti, no, aveva l'odore della sua pelle. Il cuscino era impregnato del profumo dello shampoo al cocco che usava per i suoi capelli, i suoi fini e morbidi capelli. Dio, perché tutto mi sembrava così perfetto in lui? Ritornai in quella stanza solo per inebriarmi di nuovo di quella sensazione. Cominciai a dare un'occhiata in giro. C'era un disordine pazzesco. Decisi di mettere un po' d'ordine. Mi raccolsi i capelli in un
tuppo vaporoso, accesi lo stereo a tutto volume e cominciai a pulire. I suoi vestiti erano sparsi ovunque, per terra, sulla sedia vicino la scrivania, persino sopra l'abat jour. Ad un tratto la musica si fermò.
"Cosa ci fai nella mia camera?" una voce mi riportò alla realtà.
"Sto dando una pulita. Ti dà fastidio?"
"Fa come vuoi ma non sentirti in dovere. Non sei la nostra donna delle pulizie."
"Oh no. A me fa piacere."
"A te piace fare la casalinga?"
"Certo. Mi piace rifare il letto, cucinare, pulire, fare la lavatric-"
"Okay, okay, basta. Ho capito."
Louis si gettò di peso sul materasso e fece ripartire la musica.
"Hai intenzione di rimanere qui?" urlai per riuscire a sovrastare il suono dello stereo.
"Sì, tu continua a ballare come stavi facendo prima che arrivassi. Io rimarrò qui a guardarti, principessa."
Principessa? Oddio, avvampai subito. Mi aveva visto ballare. Ed io non ero di certo un bravo ballerino.
"Non voglio che mi guardi" dissi stoppando definitivamente la musica.
"Perché no? Posso assicurarti che era un bello spettacolo."
Mi sedetti ai piedi del letto e fissai i miei occhi nei suoi. Feci raggiungere il letto anche alle mie gambe e cominciai a gattonare lentamente verso di lui.
"Se ti interessa, posso renderti partecipe di un altro genere di spettacolo" soffiai senza distogliere lo sguardo.
"Da quando sei diventato così spavaldo?" mi domandò indietreggiando.
"Da quando ho capito che è questo che ti piace" risposi con lo stesso tono languido.
Lui continuava ad allontanarsi.
"Che fai? Scappi da me? Ti posso assicurare che più dietro di così non puoi andare. Sei con le spalle al muro, Loueh."
Mi allungai verso di lui. Louis serrò gli occhi e li riaprii solo dopo qualche secondo. Io, intanto, mi ero seduto con le gambe incrociate e avevo fra le mani una foto che avevo notato sul suo comodino.
"Queste chi sono?" gli domandai abbandonando del tutto l'atteggiamento di poco prima.
"Sono le mie sorelle" rispose.
Il sui occhi si illuminarono improvvisamente e sul suo volto si disegnò uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
"Ti va di parlarmi di loro?" azzardai.
"Harry, il mio passato non è stato molto semplice" confessò in un sospiro.
"Ma io voglio saperlo. Raccontami di loro. Raccontami di te" lo supplicai.
"Preparati. Usciamo."
"Cosa? Dove andiamo?"
"Andiamo nella casa famiglia dove vivono le mie sorelle. Ti spiegherò tutto durante il tragitto."
Gli sorrisi in risposta.
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"St. Peter."
"Cosa?"
"St. Peter è il nome della casa famiglia."
Eravamo in metro da un po' e Louis ancora non aveva accennato alla sua storia. Io non gli chiesi niente. Non volevo obbligarlo a parlare. Lo avrebbe fatto quando si sarebbe sentito pronto. Infatti stava semplicemente raccogliendo le forze per buttare tutto fuori.
"Perché si trovano lì?"
"Ti ho già detto che mio padre era un alcolizzato e che ci picchiava, no?"
"Sì, me lo hai detto quella mattina..."
"Bene. Mia madre se ne andò di casa dopo aver partorito le mie gemelline Daisy e Phoebe. Io avevo 13 anni."
Prese una pausa.
"Da allora le cose andarono sempre peggio. La rabbia di mio padre si scagliò tutta su di noi. Mia madre era riuscita a scappare e non voleva perdere anche noi. Divenne sempre più severo e più violento."
Si fermò ancora una volta.
"Tu non immagini quanto sia stato doloroso vedere, ogni giorno, i volti delle mie quattro sorelline macchiati di sangue, la loro pelle bianchissima colorata da chiazze violacee e i loro bellissimi occhi azzurri perdere la lucentezza."
Una lacrima gli rigò il viso. Gli strinsi inavvertitamente la mano, lui sembrò non farci caso.
"Poi finalmente arrivarono i servizi sociali. Mio padre era stato denunciato diverse volte, era un pregiudicato, ma durante le ispezioni appariva semplicemente come un uomo al quale piaceva alzare il gomito una volta ogni tanto. Ma quella volta le cose andarono diversamente. Gli ispettori arrivarono proprio nel momento giusto. Fui io ad aprire la porta, mio padre non se ne accorse impegnato com'era a picchiare Lottie. Fu processato e accusato di reati su minori e condotta pericolosa. Venne condannato a 6 anni di carcere. Le mie sorelle furono portate al St. Peter, mentre io, essendo maggiorenne, andai a vivere con Zayn, il mio amico di sempre."
"Louis, è terribile. Mi dispiace così tanto."
"Avrei solamente voluto essere più forte, ma ormai è passata. Siamo arrivati. Scendiamo."
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Le sorelle di Louis erano bellissime, assomigliavano tantissimo a lui. Avevano gli stessi occhi, le stesse labbra fini e le stesse sopracciglia inarcate. E lui era così dolce con loro. Quello che stavo vedendo in quel momento era un nuovo Louis, un Louis che non avevo mai visto e, se è possibile, mi piaceva ancora di più. Inoltre sembrava che lì lo conoscessero tutti. Era abituale di quel posto. Tutti i bambini, non solo le sue sorelle, lo adoravano e lo spingevano da una parte all'altra per cercare di avere un po' più di attenzioni. Louis li intratteneva giocando con loro, raccontando storie di principesse in pericolo e mostri spietati che accontentavano sia i maschietti che le femminuccie.
"Hey, Boo. Lui chi è?" una bambina con due trecce ai lati della testa mi stava indicando.
Louis mi guardò e "Lui è un mio amico, tesoro" le rispose "Vieni, te lo presento" continuò prendendo in braccio la bambina.
Si avvicinarono piano a me, poi Louis posò la piccolina per terra.
"Phoebe, lui è Harry. Harry, lei è Phoebe."
"Piacere, principessa" le sorrisi porgendole una mano.
Lei me la strinse saldamente e "Boo mi ha detto che sei un suo amico" disse.
"Boo?" le domandai.
"Sì, Boo" ribadì lei puntando l'indice verso Louis.
"Boo" ripetei "È davvero un bel nome, Lou. Perché non me lo hai mai detto prima?" domandai ironicamente al ragazzo dietro la bambina.
"Perché non sono affari tuoi" rispose lui con un sorriso sghembo, spingendomi leggermente all'indietro con un gesto delicato della sua mano sul mio petto.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora