45. I'm here to let you go

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Max
Quando mi rifiutai di andare in camera con quel ragazzo dall'imponente muscolatura, sentii di aver fatto la cosa giusta. Per una volta ero fiero di me stesso. Harry mi aveva chiesto di smettere con la prostituzione ed io lo avrei fatto. Una volta liquidato il ragazzo evidentemente scocciato e inorridito dalla mia affermazione "mi spiace amico ma sono fidanzato", il mio sguardo andò subito a cercare quello di Harry. Al bancone non c'era nessuno, i miei occhi vagarono velocemente sondando il territorio dello Scandals, balzavano di qua e di là, ma niente. Il riccio sembrava sparito. Mi rattristai. Avevo bisogno della sua approvazione. Avrei voluto che avesse assistito alla scena di poco prima. Non volevo sentirmi dire 'bravo', ma volevo solamente che quel gesto mi venisse riconosciuto, che fosse stato notato. Volevo leggere nello sguardo di Harry e capire se era felice, grato o impassibile per quello che avevo fatto. Probabilmente quello era solo un mio dovere. Avrei dovuto smettere di prostituirmi molto tempo prima e dedicarmi completamente al mio ragazzo ma, in qualche modo, quella situazione mi appariva del tutto normale. Inizialmente avevo pensato che sarebbe stato Harry a doversi abituare al mio modo di essere, alla mia vita e al mio lavoro. Se mi voleva con sè doveva prendere tutto il pacchetto, no? Non dovevo cambiare per lui. Quella era l'idea primitiva. Adesso le cose erano un po' cambiate. Mi ero ritrovato a dover lottare per tenermi stretto quel ragazzo e sarei stato disposto a tutto pur di riuscirci. Ogni giorno che passava mi rassegnavo al pensiero che probabilmente quello sarebbe stato l'ultimo della nostra relazione. Mi sentivo in costante pericolo, come se sapessi che ci fosse un bomba da qualche parte pronta a scoppiare in qualsiasi momento. Sapevo che il problema c'era, ma non ero a conoscenza del momento esatto in cui sarebbe esploso distruggendo e portando via con sé tutto ciò che c'era di più bello. Sarebbero rimaste solo le macerie, le mie macerie a marcire su un suolo freddo, senza la possibilità di aggiustarsi o di tornare alla loro forma originaria.
Respirai pesantemente mandando giù l'ultima goccia di vodka nascosta sul fondo del bicchiere. Erano settimane che facevo questi pensieri tristi e non ne potevo più. Era come se non riuscissi a fare a meno di pensare, pensare e pensare. Ormai era quasi mattina. Il sole non era ancora sorto, ma lo avrebbe fatto a momenti. Era decisamente troppo presto per del bourbon, ma decisi di versarlo ugualmente. Un bel bicchiere di whisky americano per colazione, era il modo migliore di cominciare la giornata. Lasciai riposare il liquido per alcuni secondi. Poi posai il naso sul bordo del bicchiere e contemporaneamente aprii la bocca sul vetro. In questo modo potevo sentirne il profumo e assaporarne l'aroma. Finalmente ne bevvi un sorso e lo lasciai rotolare lentamente sulla lingua in modo da gustarmi a pieno il suo sapore, dopodiché ingoiai facendo una smorfia impercettibile. Mi ritrovai nuovamente a riflettere. L'aroma del bourbon varia da bottiglia a bottiglia e da persona a persona. C'è chi sente il retrogusto di legno vecchio, chi di vaniglia, o ancora di caramello e addirittura di fiammiferi. Beh il bourbon era come l'amore. Il bourbon è un alcolico, così come l'amore è un sentimento. Ma entrambi possono essere assaporati o vissuti in modo diverso. L'amore può essere vissuto come gioia, tristezza, rabbia e delusione. Beh io ne avevo sperimentato tutti i gusti. Ma perché continuavo a fare certi pensieri? Stavo impazzendo per davvero. Dovevo smetterla o mi sarei ritrovato rinchiuso in qualche istituto psichiatrico. Ma non potevo farci niente. Harry mi faceva questo effetto. Non avevo mai pensato così tanto prima di allora.
Harry. Harry. Harry. Quel nome si ripeteva nella mia testa producendo un eco pazzesco. Stavo facendo di tutto pur di non perderlo, ma era come se mi stesse sfuggendo qualcosa. Qualcosa di importante. Qualcosa di incomprensibile. Qualcosa di nascosto. Perché Harry mi aveva voluto dare un'altra chance? Perché diceva di voler riallacciare i rapporti, ma dimostrava tutt'altro? Eh sì, perché c'è una bella differenza tra quello che si dice e quello che effettivamente si fa. Era come se Harry stesse facendo tutto questo controvoglia, come se ci fosse stato costretto. E invece lui non lo era. Non era costretto a stare con me se non lo voleva. Si era giustificato dicendo che entrambi non eravamo più capaci di stare da soli, ma stare insieme e stare male, non era forse uguale, se non addirittura peggio, che stare soli? Sì, perché io ed Harry stavamo male insieme. Quei piccoli passi avanti che avevamo fatto non erano serviti a niente. Adesso, invece, era come se stessimo in retromarcia. Ogni giorno andavamo sempre più indietro. Ma allora perché si ostinava a riprovarci, consapevole che così ci stava solo facendo del male? No che io non lo volessi. Non ci avevo nemmeno sperato di avere un'altra possibilità, tanto mi sembrava inverosimile. E adesso era lì, ma non riuscivo a godermela perché sapevo che ci fosse qualcosa sotto, ma non riuscivo a capire cosa. Era tutto un casino. L'unica cosa di cui ero convinto era che avrei voluto riassaporare quelle labbra. Non le baciavo da tanto e il solo pensiero mi faceva morire dentro. Quando sarebbe tornato tutto come prima? Probabilmente mai. Sapevo che sarebbe finita, prima ancora che cominciasse. Non potevo continuare a vivere in quel sogno che mi ero creato. Sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto e io semplicemente non lo meritavo. Prima o poi le persone si svegliano e devono fare i conti con la realtà. Una cosa era certa però. Avrei giocato tutte le mie carte al fine di rimandare il più possibile il giorno in cui io ed Harry ci saremmo detti addio.
Puntellai i gomiti sul bancone e feci sprofondare la testa nelle mie mani. Mi stropicciai lievemente gli occhi per poi passare le dita su tutta la mia faccia. Tentai di recuperare la lucidità nonostante fossi stanco e assonnato. Un semplice rumore di passi, il ticchettio fastidioso dei suoi stivaletti, bastò a ridestrami da quello stato di trance. Era come se mi avessero fatto un'iniezione di adrenalina. Mi misi in piedi con un'energia che credevo ormai mi avesse abbandonato e fissai i miei occhi indagatori nei suoi indifferenti. Volevo e dovevo sapere cosa aveva fatto fino a quell'ora del mattino. Così, da quella distanza, glielo domandai.
"Dove sei stato?"
Cercai di mantenere un tono fermo. Non dovevo lasciar trasparire nulla.
"Hai fatto quello che ti avevo chiesto?"
Rispondere ad una domanda con un'altra domanda. Eh no, mio caro Styles. Questo trucco lo avevo inventato io. Voleva cambiare argomento e tenere il coltello dalla parte del manico, ma no, non glielo avrei permesso.
Mi catapultai sul suo corpo azzerando immediatamente la distanza tra noi. Lo feci sbattere, non troppo ferocemente, contro un muro e, con le labbra vicinissime alle sue, gli riproprosi la stessa domanda.
"Ti ho chiesto dove sei stato" ribadii provocando un inesorabile sfioramento di labbra.
Era incredibile come la tensione sessuale fra noi fosse viva e ardesse anche in quel momento.
"In giro" rispose fintamente indifferente.
"Non ti credo" mi affrettai a rinfacciargli.
"Comunque sì" continuai in risposta alla sua domanda di prima, quella che mi chiedeva chiaramente se avessi mantenuto quella sorta di promessa di non scopare più con nessun altro.
Portai le braccia ai lati della sua testa e sbattei furente le mani contro il muro. Sussultò. Avevo scalfito di poco quella finta armatura che aveva costruito. Poi mi avvicinai ancor di più e "Perché, a differenza tua, io ci tengo alla nostra relazione e sto facendo di tutto per farla funzionare" sussurrai a denti stretti senza abbandonare i suoi occhi nemmeno per un secondo.
Volevo che capisse quanto mi stessi impegnando, quanto tenessi a lui, a noi. E forse non si aspettava quella confessione così sincera e prepotente, perché abbassò lo sguardo, sottraendolo al mio. E questo mi fece innervosire ancor di più. Che fine aveva fatto la sua arroganza? Perché non stava dicendo nulla sul fatto che avessi rispettato la promessa? Forse perché lui in primis si sentiva in colpa per qualcosa che non avrebbe dovuto fare.
"Non ti voglio perdere, Harry. Perché con te sto bene, come non lo sono mai stato con nessun altro. Tu mi fai stare bene. Non voglio tornare ad essere quello di una volta e tu sei l'unico che può impedire che ciò accada. Eh sì, sono un egoista, perché lo sto facendo solo per me."
Mi separai velocemente dal suo corpo, come se scottasse, come se quella rivelazione scottasse. Perché mi costava ammetterlo, ma era così. Harry non cosceva il Max del passato. Quel Max che era migliorato solo grazie a lui. Volevo che continuasse ad aiutarmi, perché se fossi precipitato di nuovo nel baratro non ci sarebbe stato più nessuno disposto a salvarmi.
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Uscii in fretta dallo Scandals. Stavo cominciando ad infastidirmi e non volevo che quella rabbia repressa si sfogasse su Harry, altrimenti avrebbe avuto un altro motivo valido per allontanarsi il più possibile da me. Vagai per le vie di Londra. Evitai appositamente quelle più affollate. Volevo restare un po' solo con me stesso. Accesi una sigaretta e iniziai a fumarla con una lentezza estenuante. Camminai piano. Riuscivo a contare i miei stessi passi. Era come se il tempo si fosse fermato e le immagini di tutto ciò che mi circondava si rincorressero a rallentatore. Fu un attimo. Un lampo. Un flash. Lo vidi. Louis dannato Tomlinson era a pochi metri da me. Aveva una confezione di birre in mano. Probabilmente le aveva appena comprate nel minimarket poco distante da lì. Quel fottuto nanetto era il responsabile di tutti i miei problemi. Aveva rovinato il mio rapporto con Harry proprio nel momento in cui lo avevamo ufficializzato, proprio quando Harry, indossando quell'anello, aveva creato in me tutte quelle speranze su una vita felice. Lo odiavo con tutto me stesso. Forse avevo trovato qualcuno su cui riversare la mia ira. Spensi la sigaretta contro un muro, sul quale lasciai un vistoso segno nero. Era arrivato il momento della resa dei conti. Decisi di attirare la sua attenzione.
"Ma guarda un po' chi abbiamo qui."
Indirizzò i suoi occhi vispi sui miei e mi guardò seccato.
"Non ora, Max. Non sono dell'umore giusto."
"Ma guarda un po' che coincidenza" sorrisi menefreghista.
"Si dia il caso che è da più di un mese che il sottoscritto non sia dell'umore giusto" dissi allargando le braccia per indicare la mia persona.
"E indovina un po' di chi è la colpa?" lo provocai ironico.
"Ti ho detto che non ho intenzione di restare qui in balia dei tuoi giochetti da psicopatico" rispose innervosito.
"Oh andiamo LouLou" lo apostrofai.
"La risposta è più semplice di quel che sembra. Ci puoi arrivare, su" continuai con la mia recita.
Mi guardò in cagnesco per poi riprendere a camminare nella mia direzione e darmi una spallata. Passo falso, Tomlinson.
Afferrai il suo polso e lo costrinsi a guardarmi.
"Ti dò un indizio. Inizia per 'L' e finisce con la 'S'. Ci sei arrivato oppure vuoi comprare una delle tre vocali?" dissi, stavolta duramente, abbandonando il tono giocoso di poco prima.
"Ho detto basta. Questo gioco non mi piace" affermò al limite di una crisi di nervi.
"Come vuoi tu."
Lo lasciai libero per un istante, per poi afferrare la sua maglietta e tirarlo nuovamente verso di me.
"Se vuoi adesso facciamo un gioco che piace ad entrambi, mh?"
Serrai il mio pugno e scagliai un destro potentissimo al suo stomaco. Emise un gemito di dolore e si piegò su sé stesso. Ma non permisi che si accasciasse. Al contrario. Lo tenni in piedi afferrando i suoi capelli e tirandoli verso l'alto, in modo che potesse guardarmi negli occhi. Ma non lo fece. Il suo viso era contratto in una smorfia di dolore e le sue palpebre chiuse lo accompagnavano. Un Louis sofferente era un piacere per la mia vista.
"Questo è per il pugno dell'altro giorno" dissi.
"Il naso ha continuato a sanguinarmi per un po' e non è stato divertente" lo informai con tono sprezzante.
Dopodiché mi avventai sul suo viso che colpii sullo zigomo sinistro.
"Questo è per Harry" asserii mentre Louis cominciava a sputare del sangue.
Stavolta lo lasciai cadere per terra. Era inginocchiato con la testa rivolta verso il basso. Portai una gamba all'indietro e mi preparai a scagliargli un calcio sulle costole.
"Questo è per esserti messo in mezzo."
Un grido si liberò dalla sua gola. Posò le mani al suolo e si fece forza per rialzarsi. Non infierii. Non mi piaceva lottare contro i vermi. Si mise in piedi con fatica, nonostante le gambe tremolassero vistosamente. Dopodiché fece qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Scoppiò a ridere avvicinandosi a me.
"È tutto questo quello che sa fare il leggendario Max?" domandò con la risata ancora a sconvolgere il suo viso.
Mi ritrovai ad indietreggiare leggermente.
"Evidentemente non sei poi così incazzato. Ora te lo faccio vedere io un bel gioco" continuò severo.
Non lo vidi neanche. Fu velocissimo. Sentii un dolore lancinante colpirmi il naso. Barcollai abbandonandomi all'indietro.
"Questo è per aver rubato l'amore della mia vita" mi fece il verso.
No, era lui che aveva rubato l'amore della mia vita. Perché, per quanto potessi lottare, sapevo che avevo già perso, sapevo che il mio Harry sarebbe tornato da lui. Era solamente questione di tempo.

UNFAITHFUL LIPSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora