Niall
Quando fui dentro, nonostante gli effetti della droga, notai che lo Scandals era sempre la solita merda. A quella merda però ci ero ormai abituato. Trascorrevo più tempo lì che a casa. Era rumorosa e sudicia. Il soffitto era bassissimo e le pareti erano sporche. Il tanfo era tremendo. Ogni tanto un ventilatore rimescolava l'aria viziata. Sulla pista da ballo centinaia di ragazzi sudati e ubriachi si ammassavano. Corpi si guardavano, si bramavano e si seducevano. Sguardi colmi di malizia venivano scambiati. Mani desiderose di contatto venivano soddisfatte. Quel posto trasudava sesso. Era il tempio della lussuria e dell'appagamento. L'attenzione di tutti si concentrava solo in un momento della serata. Quello in cui faceva la sua entrata in scena Max. Era il suo, il corpo che veniva più agognato. Questo era lo Scandals: la discoteca gay più famosa di Londra.
Max aveva quell'aria da bello e dannato alla quale nessuno poteva resistere. Le voci sulle sue abilità tra le lenzuola erano diventate leggenda, ed io, un paio di volte, avevo avuto l'onore di constatare direttamente se quello che si diceva sul suo conto fosse vero. Lo era. Eccome se lo era.
Alto, muscoloso e dalle proporzioni decisamente esagerate. Il suo corpo era ricoperto di tatuaggi sparsi qua e là. Ne andava matto. Ma la sua vera passione erano i piercing. Ne aveva uno sul sopracciglio destro, uno sulla lingua e uno sul capezzolo sinistro. Per non parlare degli innumerevoli buchi che gli ricoprivano le orecchie. Li piacevano da morire e diceva che ben presto se ne sarebbe fatti altri. Tuttavia quest'aria da duro, veniva in parte tradita dal suo viso quasi angelico. Capelli biondo scuro, occhi blu come il mare più profondo, labbra carnose e un sorriso smagliante che purtroppo non mostrava tanto spesso. Era bellissimo. Il suo aspetto accontentava tutti i gusti proprio grazie a questa fusione tra il selvaggio e l'innocente. In quella discoteca non c'era praticamente nessuno a cui non piaceva. Max si era fatto la maggior parte dei ragazzi che ogni sera veniva nella sua savana. Sì, savana. Perché lui era un leone. Era il re. Era il predatore alla caccia della sua preda. Era Max. Tutti tremavano quando sentivano il suo nome. Chi per eccitazione, chi per paura, chi per altro. Attorno a lui giravano storie di tutti i tipi, che andavano dalla violenza alle rapine, dalle risse al carcere minorile.
Di certo non aveva avuto una vita facile. Abbandonato sulla porta di un orfanotrofio quando era ancora in fasce, aveva dovuto crescere in fretta ed imparare subito ad affrontare le difficoltà che la vita gli aveva riservato. Tutte le coppie desiderose di adottare un bambino lo avevano sempre scartato. Troppo violento. Troppo scontroso. Troppo prepotente. Affrontare i continui rifiuti e il senso di inferiorità nei confronti degli altri bambini che adesso avevano una vera famiglia, lo avevano reso solo più aggressivo e incurante delle regole. Aveva avvertito il bisogno di colmare il vuoto che sentiva nel petto con piccole trasgressioni. All'età di tredici anni aveva cominciato a fumare le sigarette che poi erano state sostituite dall'erba. Il brivido e l'eccitazione di fare ciò che era proibito lo facevano sentire in qualche modo vivo. Ma lui voleva di più. Voleva spingersi oltre. Hashish, mandrax, valium, LSD e pasticche furono gli stadi che lo portarono all'eroina. I soldi però cominciarono a non bastare. Una volta diventato dipendente fisicamente, aveva bisogno di molta più grana. Le crisi di astinenza si facevano sentire sempre più spesso. Fu in questo momento della sua vita che mi incontrò. Inizialmente ero io a prestargli dei soldi che rubavo al padre di Liam. Quando mi scoprirono, però, divenne tutto più difficile. Dovevamo trovare un altro modo. Iniziarono i furti. Max si procurò una pistola. Una magnum 357. Filò sempre tutto liscio, fin quando una sera, mentre minacciavamo il cassiere di un autogrill, una donna riuscì a chiamare la polizia. Max mi ordinò di fuggire. Lui venne arrestato prendendosi anche le mie responsabilità. Era anche per questo motivo che gli ero così devoto. Grazie a lui mi ero risparmiato il carcere. Sarebbe stata l'ennesima delusione per mia madre. Lo ammiravo. Lui era proprio come io avrei sempre voluto essere: spavaldo e forte. La sua famiglia adesso eravamo noi: io, Taka e Seba. Sapevamo di esserlo, anche se lui era restio a dimostrare affetto nei nostri confronti. Sebastian, altissimo, magrissimo, capelli castani sempre tirati su e occhi verde scuro, era il tipico ragazzo dalla faccia pulita. Era stato il suo unico amico in orfanotrofio. Una volta usciti da quel postaccio si erano persi di vista. Adesso erano di nuovo insieme, più uniti che mai, come se tutto quel tempo in cui erano stati lontani, non fosse mai trascorso. Poi c'era Takashi. Lo avevamo conosciuto nel giro dell'ero e della prostituzione. Capelli neri e occhi a mandorla non era un mix che attraeva molto i clienti, ma riusciva lo stesso a racimolare un po' di grana per la roba.
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UNFAITHFUL LIPS
FanfictionAmare. Odiare. Tradire. Possono queste parole essere così distanti eppure così legate fra loro? Harry penserà di aver trovato l'amore ma il destino, ancora una volta, lo sorprenderà. Perché si sa, l'amore gioca sporco, si nasconde dietro l'angolo e...