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I primi di novembre furono come la terra dopo un naufragio per me e Jungkook. Il decimo mese di quell'anno ci aveva messo a dura prova, ad entrambi. E ora sembravamo davvero due naufraghi, con i visi bruciati dal sole e sferzati dal vento, con la pelle delle mani e dei piedi spezzata dall'oceano. I nostri corpi riportavano ferite troppo profonde per essere tenute insieme dalle bende ottenute dai nostri vestiti sporchi. Per molto tempo le nostre anime avevano continuato a respirare solo perché i nostri corpi non avevano ceduto il passo alla morte. È scientificamente provato che il nostro cervello ha un proprio istinto di sopravvivenza. A volte questo istinto è talmente potente che potrebbe uccidere un'altra parte di noi per preservare la nostra mente. In questo caso, il naufragio era durato talmente a lungo, che ormai anche le nostre facoltà mentali erano ridotte a brandelli.
Mi sentivo stremata, anche respirare era faticoso, qualcosa per cui non avevo più la forza. Ma eravamo sulla terra ferma adesso, ci avevano tratto in salvo e anche se eravamo troppo deboli persino per realizzare che fossimo sopravvissuti, qualcosa in me l'aveva compreso. Era quella flebile speranza a tenere vivo il mio corpo malconcio. Ma quella speranza esisteva unicamente in funzione dell'esistenza di Jungkook, per cui utilizzavo le mie ultime energie per alimentare quella fiammella e tenere al caldo anche lui.

Avevo passato molti e molti mesi di ottobre a sopravvivere da sola, con Luca dietro ad acchiapparmi quando cadevo. E non era stato mai facile, ogni anno si ripeteva la stessa storia. La mia depressione era come una maledizione legata proprio a quel mese, non si presentava mai in altri periodi dell'anno, per lo meno non per lunghi intervalli di tempo. Ma per almeno 20 giorni di fila all'anno il mio corpo entrava da solo in uno stato di decadenza da cui non sapevo sottrarmi. E faticavo a credere che fosse una cosa fisicamente possibile, però mi succedeva e basta.
Questo ottobre però c'era stato Jungkook. E Jungkook non aveva certo evitato alla mia depressione di sopraggiungere o ai miei attacchi di panico di divorarmi, non aveva nemmeno spazzato via i miei incubi. Ma una cosa l'aveva fatta, aveva guadagnato la fiducia dei miei mostri e poi aveva spazzato via la maledizione. L'avevo capito appena avevo confessato ogni mia colpa: non mi sarei più lasciata morire di fame, non sarei più scappata, non avrei più permesso al tragico passato di vincere.
C'era solo una spiegazione a questo, una spiegazione che avevo accettato da tempo. Forse avrei dovuto accorgermene la prima volta che ci eravamo incontrati, quando davanti a quella porta con il numero 73, lui mi aveva accolta in casa. Forse avrei dovuto capirlo al nostro primo contatto, con la mia mano sul suo addome, gli occhi strabuzzati e l'anima esausta. O forse avevo solo bisogno di tempo per realizzare che non sarebbe mai bastato isolarmi, ignorarlo o fingere di non volerlo, perché Jungkook si sarebbe comunque irrimediabilmente infiltrato sotto pelle. Non sapevo come avevo fatto a non accorgermene la prima volta che lui mi aveva guardata con quegli occhi giganti, avrei dovuto capirlo... ma non ero mai stata abbastanza sveglia da vedere dentro le persone. Però Jungkook aveva un'aura così forte che dovevo proprio essere cieca per non realizzare che mi avrebbe travolta.
E ora mi sentivo così bene che avevo il cuore sorridente, ero pazzesco essere inondati dalla persona di Jungkook. Perché lui... lui era semplicemente miracoloso, era perfetto, buono, generoso e attento. Aveva donato tutto ciò che aveva per salvarmi, e non solo in senso figurato. Aveva davvero ceduto tutto il suo tempo, tutte le uscite con i suoi amici, aveva ceduto le notti, le lunghe dormite la mattina, aveva ceduto il buon cibo e la vita sana. Si era sbriciolato affinché io potessi cadergli addosso senza farmi male.
E io lo amavo, dio... lo amavo come non avevo amato mai nient'altro. Lo amavo perché ce l'avevo dentro, perché ero fatta dei suoi respiri e del suo tocco docile. Lo amavo perché la mia anima prendeva a volare quando si rifletteva nella sua. Lo amavo perché era lui, perché era stato fatto a pezzi, perché si era rialzato e aveva rialzato sua madre. Lo amavo perché mi sentivo scoppiare se mi imponevo di non farlo.
E l'amore era così forte dentro di me che non lasciava spazio ad altri sentimenti, come l'odio ad esempio. Ero così strapiena di amore che nemmeno l'odio per Jeon Do-yun trovava più posto. E non perché avessi perdonato quell'uomo diabolico, ma solo perché mi preoccupavo troppo di Jungkook. Mi stava troppo a cuore il suo cuore, per avere tempo di odiare. E così, percorrevo, improvvisamente dolorante, il modo in cui ottobre si era abbattuto anche su di lui. In maniera molto più mostruosa e crudele di come l'aveva fatto con me. Ottobre era stato insaziabile, insensibile, tremendamente crudo nei confronti di Jungkook per aver permesso a una persona come suo padre di rifare la sua comparsa. Non ero capace di immaginare cosa avesse provato, non potevo neanche lontanamente saperlo. Ma se c'era una cosa di cui ero cosciente, era che aveva dovuto fare maledettamente male. Male perché averlo visto di fronte a se aveva istantaneamente squarciato ogni cicatrice che Jungkook, con pazienza e dolore aveva ricucito. Male perché l'uomo non era tornato per rimediare, male perché se ne sarebbe andato di nuovo. Probabilmente nemmeno Jungkook sapeva definire i contorni di quel dolore immenso che era scaturito dalla cinica richiesta di soldi.

My roomie ಌ [J.Jk]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora