26.

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«Ma dove l'ho messa?»
Stavo frugando nell'armadio alla ricerca del felpone che Luca mi aveva lasciato prima di tornare in Italia. Mi serviva qualcosa di lungo e largo che mi coprisse.

«Oh finalmente» era nascosta da un'altra felpa.

Mi tolsi il pigiama e infilai un paio di leggings neri, poi misi le braccia nelle maniche della felpa e tirai su la cerniera fino al collo. Sotto avevo solo il reggiseno e da fuori ero tutta nera.

Mi guardai allo specchio e quel succhiotto si vedeva ancora. Nonostante le felpe della Kappa fossero caratteristiche per il loro collo alto, quel segno era troppo esteso per essere coperto tutto. Era un marchio, un marchio impresso sulla gola. Ma non solo li, lui mi aveva impresso qualcosa fin dentro la carne.
Se fossi dovuta uscire l'avrei dovuto coprire per forza, non sarei mai andata in giro con quel coso.

Fino a poche ore fa ero certa che un segno del genere sulla pelle l'avrei ricevuto solo dal mio fidanzato e invece era comparso grazie al mio coinquilino. E non mi andava giù questa cosa.
Io avevo bisogno di continue certezze, sempre, e Jungkook non me ne dava neanche una. Lui parlava e mi faceva innamorare delle sue parole, mi baciava e poi?
Nulla.
Non mi piaceva andare avanti così.

Poi mi ricordai delle sue parole...
"abbi pazienza con me".
In fondo eravamo solo al primo appuntamento, avevamo già fatto un passo avanti e non era poco. Scossi la testa, ci avrei pensato dopo.

Camminai cheta fino alla porta, posai un orecchio sulla superficie di legno ma nessun rumore giunse a me. Alzai esitante un braccio e poi posai la mano sulla maniglia. Presi un grosso respiro e poi la abbassai.
Uscì accorta dalla mia camera e rimasi sorpresa da ciò che i miei occhi videro.

Jungkook era disteso sul divano.. dormiente. Lo sguardo mi cadde subito sul suo viso. Il mio rossetto gli contornava confusamente le labbra socchiuse. Aveva il braccio destro piegato dietro il capo mentre l'altra mano era posata sulla cinta dei pantaloni. Indossava ancora i vestiti di ieri. La camicia era completamente sbottonata e le due estremità erano accartocciate sul suo addome. Aveva le gambe allungate sul cuscino opposto a quello della testa. Indossava addirittura le scarpe.

Doveva essersi addormentato così la notte scorsa. I ricordi affiatati affiorarono tutti insieme e le mie guance si scaldarono al solo vedere le sue morbide labbra. Oppure quelle mani che mi avevano stretta, trattenuta, sostenuta. Il suo fiato bollente sulla mia pelle e poi i suoi occhi affilati che mi avevano tagliato il viso a pochi centimetri dai miei.
Sfregai i polpastrelli sui palmi appena sudati e poi mi avvicinai a lui.

Mi sedetti al suo fianco e rimasi interdetta sul da farsi, dovevo svegliarlo io?
Io che non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi?
Forse era meglio aspettare.
Come se non fossi d'accordo con me stessa, la mia mano si sollevò andando poi a posarsi impacciata sul suo petto, sfiorai con le dita il suo torace, accarezzai la pelle nuda. Calcai i contorni dei suoi tatuaggi e poi i suoi muscoli marcati. Trascinai le dita fino alla clavicola e poi mi fermai improvvisamente avvertendo un movimento da parte del moro.
Il mio cuore raddoppiò la sua velocità di pompaggio e il cervello andò in palla. Che si stesse svegliando? Cosa avrebbe pensato nel vedermi li. Mi avrebbe preso per pazza.

Nulla di tutto ciò accadde, aveva semplicemente lasciato cadere la testa sul cuscino, ora il suo mento sfiorava la punta delle mie dita. Ritrassi molto lentamente la mano e mi alzai, raggiunsi a rilento la cucina. Avanzai fino ad avere a un soffio dal naso il vetro freddo della finestra. Ci posai i palmi sopra, avvertendo il grigiore di quel mattino d'ottobre imbrigliarsi nelle dita e risalire le braccia, fino a far tornare ricordi indesiderati in mente. Quel colore smorto si inerpicò nella mia gola, scese fino al petto e con una nota definita strinse il mio cuore malandato. I sensi di colpa mi avevano dilaniata talmente tante volte che ci avevo fatto l'abitudine. Un senso di avvinta rassegnazione, una cosa che non andava bene così ma che dovevo accettare. Con gli anni avevo imparato a morire retrocessa da quei mesi di ottobre che si erano succeduti. Ma un giorno, un giorno più degli altri era capace di squartarmi dal dolore. E presto sarebbe arrivato.

My roomie ಌ [J.Jk]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora