29.

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Min Ho non si era presentato il giorno dopo e nemmeno quello dopo ancora. Era rimasto assente fino a venerdì.
Ora stava iniziando un nuovo weekend.

Dalla tapparella abbassata entrava qualche debole spiraglio di luce, probabilmente stava albeggiando. Io ero sveglia da ore ormai, in piena notte quell'incubo si era rifatto vivo. Fortunatamente ero riuscita a non svegliare Jungkook, altrimenti sarebbe rimasto sveglio con me.
Ormai quella scena appariva ogni notte e io dormivo sempre meno. Sotto i miei occhi c'era già un accenno delle occhiaie che presto sarebbero diventate molto più evidenti. Mangiavo e parlavo a stento, chiudendomi sempre più in me stessa.
Le chiamate di Luca erano aumentate notevolmente, sapeva cosa stavo passando. Mentre Jungkook era sempre più preoccupato, non mi lasciava da sola un attimo. Mi stava con il fiato sul collo e vedevo che era curioso di sapere cosa mi passasse per la testa.

Ieri mi aveva informata che oggi pomeriggio i suoi amici sarebbero venuti qui, io avevo annuito poco convinta. L'idea non mi entusiasmava molto. Lui aveva detto che era per passare un po' di tempo insieme ma l'ultima cosa che volevo fare era dover stare in mezzo a un gruppo di persone.
Sentivo addirittura pressante la sua sola presenza.

Avvertivo un macigno che mi opprimeva fino a lasciarmi priva di forze. L'energia fluiva via anche nei semplici gesti, come i passi che facevo dal letto al bagno. Ero sempre più debole e lo sapevo. Ma il mio intento era quello, era di indebolirmi. Speravo di ridurre al minimo le forza mentali, oltre che quelle fisiche. Perché faceva così male sentire quella vocina ripetere sempre la stessa frase.

È colpa tua.

Frusciava e gorgogliava, si insinuava in ogni pensiero e mi piegava in due. Continua, a ogni ora del giorno e mi abbatteva.

Sarebbero ancora qui se non fosse stato per te.

E ogni volta restavo a fissare il vuoto, la mia anima si dilaniava, tagliata da quei sibilii incriminanti. Ma andava bene così, era giusto così, era stata colpa mia e questo era il debito da pagare per essere in vita.
Non chiedevo di stare bene, solo di poter prendere il loro posto.

La loro mancanza a volte si faceva palpabile. Mi trasportava in un'altra dimensione, io ero piccola e stringevo le loro mani. E c'era anche lui, mi sorrideva e mi diceva sempre "tanto vinco io". Facevamo a gara, per ogni cosa.
Ma come ogni volta, dopo pochi secondi finiva tutto e io riemergevo fredda come il ghiaccio e senza ossigeno nel sangue.
Ci mettevo un po' a riprendermi e dopo ognuna di queste infernali trasposizioni nel passato, io mi sentivo un po' più morta di prima. E pezzi di me si estinguevano sempre più velocemente. Era una tortura tremenda e implacabile.

E davanti a quello sfascio disgregante che ero, solo una cosa non cercava di uccidermi: Jungkook.

Era tutto il contrario di me: io il buio, lui la luce; io avevo provocato distruzione e morte, lui creava continua vita; io con il viso spento e i mostri a infestarmi, lui con il suo sorriso fatale e quella voglia di entrarmi dentro e ferirsi con me.
Ma non glielo avrei permesso, mai. A costo di chiuderlo fuori e farmi odiare, perché nulla poteva essere peggio di caricarsi sulle spalle il macigno oneroso che mi trascinavo appresso da anni.
Però lo avvertivo, avvertivo come continuava a provarci.
Ma era impossibile amare e desiderare un vaso rotto e spigoloso, che non fa altro che tagliare e graffiare. Era impossibile anche per un animo buono come quello di Jungkook.
Ci si doveva proteggere da esso e non cercare di difenderlo.

Ma lui questo non voleva capirlo e io ci provavo a non lasciarglielo fare. Ero consapevole di poter annientare anche lui. Ma nonostante tutto, le mie crepe sferzanti e insanguinate, sussultavano e fremevano sotto le sue dolci carezze, sotto i baci vogliosi, di fronte a quella testardaggine che lo rendeva unico.
E non avevo il potere di non farmi modellare dalle sue dita che sapevano di belle promesse, non ero in grado di non credere a quelle promesse.
Perché sebbene sapessi di non meritare niente che fosse paragonabile a lui, io anelavo e bramavo focosamente qualcosa che gli fosse paragonabile. Io ambivo di un desiderio divampante Jungkook.
Ed era sbagliato, erroneo, maledettamente inopportuno. Aveva tutte le carte in regola per essere definito un pensiero egoista.

My roomie ಌ [J.Jk]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora