Parte Seconda- Dieci Anni Dopo-Capitolo 1

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Giulia spinge la porta girevole ed entra nel palazzo. L'ascensore è già pronto per portarla al dodicesimo piano. Respira lentamente nella breve salita, perché quella mattina sa che l'aspetta del lavoro straordinario e le mette sempre un po' d'ansia sapere che dovrà cimentarsi in un certo tipo di ricerche. L'ufficio è tutto per lei, gli altri sono già partiti in missione.
Le fa strano pensare di far parte di quella squadra ormai da tre anni e dietro l'insegna di
quell'ufficio al dodicesimo piano, che parla di agenzia import-export Casati, in realtà si nasconda un'agenzia governativa specializzata nel dare la caccia ai più efferati serial killer. Non avrebbe mai immaginato anni fa, pensando al suo futuro, che la sua abilità con i computer l'avrebbe portata a questo e nel modo assurdo in cui era successo. Appoggia la borsa sul tavolo ed accende il suo fidato portatile e tutti gli schermi collegati che fanno parte della sua postazione. Non era stato facile accettare tutto quel dolore e guardare ogni giorno foto di cadaveri, uccisi nei modi più violenti. L'aveva portata sull'orlo dell'esaurimento dover entrare nella testa perversa di quegli assassini e scavare nelle loro vite, fatte spesso di dolore ed infanzie orribili ed ogni giorno si era detta di essere stata fortunata. Nonostante anche la sua non fosse stata facile, l'odio non aveva corrotto la sua anima, come invece era successo a quei criminali. In fondo avere le loro vite di fronte tutti i giorni le serviva per ricordare cosa avesse rischiato. Ogni tanto ripensava a Giovanni, si chiedeva cosa stesse facendo, se il suo ricordo ogni tanto lo sfiorasse. Non si erano più visti o sentiti, anche se sapeva che era diventato un violinista di fama mondiale e questo non poteva che renderla felice, almeno lui era riuscito a realizzare i suoi sogni.
Si avvicina alla macchina da caffè ed inserita la tessera, seleziona il tasto dell'espresso.
Mentre il liquido scuro precipita nel bicchierino la sua mente torna a quei giorni di cinque anni prima, quando tutto questo era cominciato.

Sono ancora davanti a questo schermo e sono le due. Devo fare piano, perché rischio di svegliare tutti e non sarebbe facile spiegare loro perché non stia dormendo. Sono riuscita ad entrare nel sistema informatico dell'archivio dell'anagrafe di stato, non è stato facile superare i blocchi di sicurezza, ma ora che sono così vicina alla meta i polsi mi tremano per l'ansia. Finalmente potrò avere il nome del mio vero padre, sono sicura che qui troverò l'informazione che mi porta a lui. Mamma e papà non si sono mai sposati, ma per un breve periodo hanno vissuto nella stessa casa, prima che io nascessi. Lo so per certo, perché me lo aveva confessato la zia di mamma, quando mi aveva comunicato la notizia che lei fosse morta. Per quanto non provassi più nulla per lei, da anni, un dolore sordo mi aveva squarciato il petto, perché tutto ciò che mi legava alle mie origini era sparito per sempre. Per quanto avessi imparato a volere bene ai miei genitori affidatari, sentivo di aver bisogno di prendere possesso del mio passato ed ora sono così vicina alla verità. Sono dentro il loro archivio, respiro piano, quasi avessi paura che possano sentirmi. Mi muovo cauta, devo lasciare meno tracce possibili della mia presenza, so che hanno dei sistemi di rilevazione degli ingressi indesiderati e potrebbero risalire a me, anche se sono stata abile a confondere le orme. So con esattezza l'anno da ricercare e anche il periodo esatto in cui i miei genitori hanno convissuto, devo cercare Daniela Donati ed il suo stato di famiglia di quel momento. Finalmente lo vedo, il suo nome mi balla davanti agli occhi, mentre le lacrime mi bruciano le ciglia, Mattia Merola.
Papà, quella parola che non ha mai fatto parte del mio vocabolario, anche se Carlo, il mio padre affidatario, ormai lo considero tale. Vorrei proseguire nelle ricerche per acquisire più informazioni possibili su di lui, ma mi accorgo che il sistema mi ha bloccato. A malincuore devo interrompere le ricerche, non manca molto perché mi rintraccino e non posso rischiare. Esco dalla navigazione e spengo il pc. Rimango a fissare lo schermo vuoto, il cuore che pulsa veloce nel petto, l'ho trovato, dopo tanto tempo ho il nome di mio padre.

Trascorse alcune settimane da quella scoperta, a Giulia sembra di essere arrivata ad un vicolo cieco. Per quante ricerche possa fare su quel nome, Mattia Merola, non trova riscontro da nessuna parte, le sembra di brancolare nel buio e che lui si sia volatilizzato nel nulla. Nessun lavoro che lo veda protagonista, nessuna traccia di lui in alcun ospedale, centro sportivo, estetico o nella lista di negozi per acquisti importanti. Non risulta avere tessera di nessun club, non è iscritto a nessun social, praticamente non ha una vita. E non è neanche morto, perché di lui non c'è riscontro in nessun necrologio o funerale. È semplicemente scomparso nel nulla. Mentre cammina a passo spedito, per recarsi al negozio dove ha iniziato a fare la commessa da pochi giorni, per non pesare totalmente sulle spalle dei suoi per pagare le lezioni all'università di ingegneria, viene affiancata da una macchina nera, con i vetri oscurati, che procede lentamente come se la seguisse.
Accelera il passo ma la macchina non si ferma e non accenna a cambiare strada. Quando sta per voltare l'angolo e sottrarsi a quella specie di inseguimento la macchina si ferma e la portiera si spalanca.

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