Parte Terza-Capitolo 5

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"A che ora era l'appuntamento?"
Da quando sono arrivati al punto prestabilito Joele non fa altro che camminare avanti e indietro su quel marciapiede, guardando nervosamente l'orologio.

"Un'ora fa, non capisco. Se le è successo qualcosa io.."

"Se le è successo qualcosa dovrai vedertela con me." Joele l'ha afferrato per la giacca, spingendolo contro la macchina, occhi negli occhi e quello che Giovanni vi legge non promette niente di buono. Si divincola dalla sua presa e si allontana verso il ciglio della strada, perché in lui si fa sempre più insistente una consapevolezza orribile e il solo pensiero lo piega a metà e lo scuote di brividi freddi. Li sente scendere dentro di lui, come un'ombra che lo riempie e gli strappa il cuore.
Siede sull'asfalto, appoggiandosi alla macchina e chiude gli occhi, non riuscendo a calmare il respiro affannoso.
L'ha lasciata sola, ha permesso che qualcuno le facesse del male, perché lo sa che è così, ne sente la consapevolezza in ogni fibra di quella parte oscura che risiede nel punto più remoto della sua anima.
Lui ha vinto.
Per ora ha vinto.

"Smetti di piangerti addosso e cerca di ricordare qualsiasi cosa possa aiutarci a trovarla. Dove doveva andare, chi doveva vedere?"

"Non lo so, non me l'ha detto!" È quasi un urlo quello che esce dalle sue labbra, mentre artiglia le gambe con le dita, con tale forza da lasciare segni rossi sulla pelle, sotto i pantaloni.

"Ascolta Giovanni, tu non mi piaci, mi sembra abbastanza chiaro, ma Giulia crede in te tanto da rischiare la sua vita per proteggerti e dobbiamo cercare un punto di incontro, se vogliamo salvarle la vita. Ora cerca di dirmi tutto ciò che vi siete detti e che possa essere utile per ritrovarla. Ti avrà parlato di qualche persona che aveva intenzione di contattare, con cui voleva parlare, sono sicuro che l'abbia fatto, pensaci bene."
Si è seduto vicino a lui, poggiando una mano sul suo braccio cercando la sua attenzione, che ora vaga nella sua testa preda di pensieri oscuri. Cerca di concentrarsi perché sa che non serve a niente farsi prendere dal panico, anche se non è facile.

"Mi aveva parlato del figlio di Antonio, con cui avrebbe voluto parlare, ma non so altro, davvero. Che stupido sono stato, avrei dovuto chiederle dove stava andando."

"Avresti dovuto impedirglielo, orma è fatta, spera solo non sia troppo tardi." si guardano negli occhi per un istante e nonostante le sue parole, Giovanni legge altro nel suo sguardo, come se comprendesse il suo tormento e lo condividesse. Giulia è importante anche per lui, in un modo che non riesce a comprendere.
Per loro è semplice rintracciare l'indirizzo di Davide e partono immediatamente per recarsi a casa sua. Dopo pochi minuti sono lì, Joele ha guidato ad una velocità molto sostenuta, che ha rischiato più volte di capovolgere lo stomaco di Giovanni, mettendolo a dura prova. È contento quando può appoggiare i piedi a terra, scendendo dalla macchina.

"Tu resta qui."

Lui scuote la testa con decisione e lo sguardo fermo.

"Accidenti, almeno stai dietro di noi, sarai un bersaglio meno facile."

Entrano sfondando la porta e con le pistole in pugno, non sperano certo di trovarci il proprietario, ma sperano almeno che non ci sia nessuna traccia di sangue, o peggio.
La casa è pulita, non ci sono segni del passaggio di Giulia o di qualcun'altro, forse non è neanche stata lì. Miriam vede qualcosa che spunta da sotto al divano, un braccialetto di perline colorate e lo prende fra le mani, mostrandolo agli altri.

"È di Giulia."
Giovanni si deve sedere, perché le gambe gli tremano a quella consapevolezza, lei è stata lì, e ora è scomparsa.

"Deve averlo fatto cadere volutamente, forse era un segnale per noi. Non l'ha uccisa subito e questo ci dà del tempo per agire e pensare. Carmine, chiama la scientifica, dobbiamo rilevare qualsiasi traccia del suo passaggio, qualsiasi piccolo indizio..."

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