𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐎

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A chiunque abbia fatto della solitudine 

la propria casa.

Insomma, è una bella giornata quando metto piede fuori dal letto; preparo il caffè come prima cosa, mi godo la mia tazza di porridge con frutta secca e gocce di cioccolato e mi vesto, indosso i tacchi che detesto più di ogni altra cosa, becco pers...

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Insomma, è una bella giornata quando metto piede fuori dal letto; preparo il caffè come prima cosa, mi godo la mia tazza di porridge con frutta secca e gocce di cioccolato e mi vesto, indosso i tacchi che detesto più di ogni altra cosa, becco persino l'inizio di una fitta pioggerellina che non era affatto in programma e questo non mi toglie il lampo di speranza negli occhi.

Quindi cosa c'è che non va?

Succede che sono claustrofobica.

Che odio gli spazi ristretti.

Che inizio a sudare e poi ad arrossire.

Che sparo a raffica frasi insensate o che nemmeno penso.

E poi ridacchio.

Oh... inizia tutto da una piccola risatina che poi diventa una risata vera e propria.

Infine, a concludere lo show, ci sono le lacrime.

Singhiozzo, il petto mi trema e lo sento pesante, il viso bollente e gli occhi gonfi e rossi.

Al momento sono bloccata in un ascensore, con un uomo che non ho mai visto, ma che ha un aria familiare, e che sospira infastidito mentre fissa il cellulare. Come se l'ascensore non stesse per risucchiarci, come se non stia succedendo nulla di cui preoccuparsi.

Mi ritrovo allo stadio uno: sudore.

Percepisco le goccioline formarsi alla base della nuca, nella valle dei seni e dietro le orecchie che iniziano già a tingersi di rosso. Non ci vorrà molto prima che il petto mi diventi dello stesso colore delle orecchie. Poi sarà il turno del collo, delle guance, la fronte. Persino le labbra credo che si inscuriscano.

Pigio il bottone giallo una decina di volte, senza smettere di fissare la piccola griglia incastonata in un ottagono da cui dovrebbe uscire la voce di qualcuno. Il portiere? La segretaria? Una delle due guardie di sicurezza? Non importa, qualcuno.

«Signorina.»

Ignoro la voce rauca dell'uomo che mi sta di fronte e continuo a pigiare. Ripetutamente.

«Signorina, credo che abbiano sentito l'allarme la prima volta.»

«Non si sa mai. La sa quanta gente sorda esiste al mondo? Tantissima, signore, tantissima» asserisco, non scollando gli occhi dal bottone.

Ed eccoci allo stadio numero due: parlare a raffica.

«Ci sono tanti studi, sa? Personalmente credo sia a causa di quelle dannate cuffiette che si piantano nelle orecchie giorno dopo giorno. Voglio dire, persino io lo faccio, ma con cognizione di causa. Che significa, poi, cognizione di causa nello specifico?» Mi volto a guardarlo. «Cioè, lo so che significa, è solo che è complicato da ricordare, no? Chi lo utilizza?»

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora