𝐄𝐩𝐢𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐒𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨

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Giappone, quattro anni dopo...

«Amore. Sì» biascica, inebriata dal piacere, la mia bellissima fidanzata. Il corpo di Iris ondeggia sopra al mio, alle prime luci del mattino, facendomi sprofondare sul materasso già basso. I suoi fianchi spingono, stretti tra le mie mani, mentre ricambio con vigore le spinte. È bellissima. Meravigliosa in tutto il suo essere. Mia. Presto, ufficialmente.

Iris Thomson è tutta mia.

E forse anche un po' di Colin. E di Ophelia. E di Flounder.

D'accordo, forse non è del tutto mia, ma il concetto è quello.

«Vieni per me, rossa» ansimo sulle sue labbra.

Iris spinge sempre di più, frenetica e desiderosa di raggiungere il culmine del piacere. È una dea, una che conquista ciò che desidera con un solo sguardo. E lo sa che con me otterrà sempre tutto quello che vuole, sa che le basterà aprire bocca per far sì che la renda felice. Eppure, in quattro anni di storia, la mia Iris non ha mai chiesto niente di prezioso, solo dannati pigiami orrendi e coordinati per la famiglia con i soliti animali stampati sopra.

Così ho pensato io di concederle qualcosa di prezioso, qualcosa di definitivo e duraturo nel tempo, ad esempio un anello di fidanzamento che presto la farà diventare mia moglie. Una promessa d'amore eterno. Estremamente romantico, ma veritiero.

«Amore» geme profondamente, stringendomi le braccia al collo mentre si accascia su di me e lascia che sia io a muoverla come più mi piace.

«Ti amo» sibilo, teso. «Ti amo, ti amo, ti amo» le sussurro sulle labbra mentre la faccio scivolare ancora e ancora sulla mia lunghezza fino a quando non vengo, vedendo le dannate stelle davanti agli occhi.

Ogni volta è così.

Si potrebbe pensare che con gli anni la passione si sia placata, ma non è così: continuiamo a fare l'amore come la prima volta. Siamo instancabili, insaziabili. E ci piace.

Iris mi bacia profondamente; lascio che le nostre lingue si scontrino, che i nostri corpi si facciano più vicini di quanto non siano già. E il caldo, il sudore, l'odore di sesso nell'aria, passano tutti in secondo piano quando la mia donna si scosta e mi guarda.

«Che c'è?» le chiedo.

«Devo dirti una cosa» sbuffa una risata, le guance arrossate e una scintilla negli occhi.

Occhi che le sorridono. Occhi che conto di far sorridere per il resto della sua vita. Gli stessi della nostra Lia.

Le scosto i capelli, portandoli dietro le spalle. «Ti ascolto.»

«Sono incinta» sorride, emozionata.

Sgrano gli occhi, colmo di stupore e amore. Non smetterò mai di adorare il modo in cui mi rivela una notizia del genere. Mi scruta, poi ridacchia imbarazzata e si lascia andare, scuotendomi da cima a fondo.

Iris rilascia un urletto divertito quando le afferro il viso tra le mani e glielo riempio di baci. «Grazie, grazie, grazie» mormoro.

«Sei felice?» chiede.

«Sempre. Ogni giorno di più» ammetto.

«È stato più veloce del previsto, sono parecchio stupita, signor Wright» stringe la presa attorno al mio collo.

«Aveva dubbi, signorina Thomson senza la p?» La punzecchio.

L'arrivo di Ophelia non è stato programmato, ma di certo tanto voluto. La prima volta che Iris, tre anni fa, mi ha rivelato di aspettare un bambino sono scoppiato in lacrime. Stavolta di gioia. Così come quando la nostra piccola è nata. Adesso, le volte in cui ho pianto sono salite a quattro e so che ben presto se n'è aggiungerà un'altra, ma va bene così.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora