𝐄𝐩𝐢𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐏𝐫𝐢𝐦𝐨

28.6K 1K 206
                                    

Sei settimane dopo...

Sospiro profondamente, stiracchiando le gambe e sorrido all'istante quando una schiera di baci si deposita lungo la spalla, il braccio e poi di nuovo su, fino alla guancia.

Apro gli occhi e mi volto, di poco, per potermi scontrare con un paio di zaffiri. «Buongiorno.»

«Buongiorno. Dormito bene?» domanda Amos Wright, capo della Sewing Company, padre di un bellissimo ghiro e mio ragazzo.

Suona bene.

Suona molto, molto, molto bene.

«Sì, anche se avrei dormito di più se non fossi rimasto a leggere fino alle due del mattino e non mi avessi tenuta sveglia fino alle tre.»

Amos mi scruta imperturbabile. «Dovevo finire il caso. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata la nipote a uccidere tutti... sono rimasto impressionato. E non avevo molto sonno dopo.»

«Certo, quindi hai pensato di venire a disturbare me, il povero scoiattolo sacrificale» borbotto.

«Ricordo fosse un agnello» ribatte, trattenendo a stento una risata.

Avere l'onore di riuscire ad assistere a un tale spettacolo è magnifico. La prima volta che ho sentito Amos ridere di cuore è stato quando ho fatto cadere per sbaglio lo scoiattolo che gli ho regalato per il compleanno e non si è rotto, nemmeno graffiato. Amos dice che è maledetto. Io dico che sono stata fortunata.

«Fa lo stesso, è sempre un animale.»

Qualcuno bussa alla porta, ma è chiaro di chi si tratti, così Amos gli dà il permesso di entrare. Preferiamo sempre rivestirci dopo aver fatto l'amore, proprio perché sappiamo che il ghiretto potrebbe entrare. È un bene che bussi, ma non si sa mai.

Colin apre la porta e corre in direzione del letto, saltandoci sopra. Si getta nel poco spazio tra me e suo padre e sorride. «Buongiorno!» esclama.

Oggi andremo sullo Space Needle, Colin non c'è mai stato e non vede l'ora di visitarlo. Sono felice che gli sia piaciuta l'idea; lo zoo oggi è chiuso e non mi andava di portarlo in un museo, volevo che vedesse qualcosa di diverso e così ho pensato: "perché non portarlo in cima a Seattle?". Amos ha acconsentito e così ho prenotato per questo pomeriggio.

Sono state sei lunghe settimane e non perché mi sia annoiata, tutto l'opposto. Ogni giorno, con questa vecchia-nuova versione di Amos, è meraviglioso. Battibecchiamo ancora sulle solite cose, eppure, si riesce a percepire l'affetto che si cela al di sotto.

Ricordo ancora la prima volta in cui mi ha baciata al pranzo della domenica insieme alla sua famiglia, all'incirca una settimana dopo la sua dichiarazione. Aveva una videoconferenza insieme a Seth e un imprenditore italiano a cui partecipare e, prima di andare a sistemarsi nell'ufficio del padre, si è chinato e mi ha baciata. Al tavolo. Davanti a Colin. I suoi genitori. Seth. Poi se n'è andato con nonchalance mentre io, ancora a bocca serrata, lo fissavo con occhi sgranati.

«Buongiorno, ghiretto» sbadiglio mentre Colin si sistema sul mio petto e Amos si china a baciarlo sulla fronte.

Colin è estasiato all'idea di rivedermi più spesso, soprattutto sapendo che io e suo padre stiamo insieme. Non fa altro che starmi appiccicato o richiedere la mia attenzione. Da un lato la cosa mi fa estremamente piacere, perché mi è mancato da matti, dall'altro mi spezza un po' il cuore. Deve essersi sentito abbandonato, o messo da parte, e non avrei mai voluto che fosse così.

«Ho espresso due desideri al mio compleanno, lo sai?» sorride il mio ghiro.

«Ah, sì? E stai per dirceli?» chiedo, accarezzandogli i capelli scuri.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora