𝐁𝐎𝐍𝐔𝐒

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IRIS


Chi ha detto che partorire è un gioco da ragazzi stava chiaramente mentendo o era sotto sedazione pesante. Partorire fa male. Tanto male. Eppure, ho letto su centinaia di forum di mamme che hanno avuto parti tranquilli, veloci, sereni. Il mio? Sto soffrendo già da dieci ore, la nostra famiglia attende in sala d'attesa un qualsiasi aggiornamento e cos'è che può dire loro l'infermiera?

«Si è dilatata di un altro centimetro, continuate pure ad aspettare!»

E poi il mio Colin sarà sicuramente stanco, non può continuare a sonnecchiare su un divanetto d'ospedale o in braccio a Seth o Prim. Gli verrà mal di collo e poi starà male.

«Fa portare... Colin... a casa» biascico, strizzando gli occhi.

Amos mi osserva, confusione sul suo volto. «Pensa a respirare profondamente, Col sta benone. Credo sia al suo sesto sonno.»

«Amos» sibilo. «Ha sei anni, è piccolo. Deve riposare e—» un gemito abbandona le mie labbra, facendomi strizzare gli occhi.

Fa. Male.

«Eccoci qua, Iris» sorride la dottoressa Hilton entrando in sala parto. Si sistema davanti alle mie gambe già divaricate e annuisce. «Ti avevo detto che c'eravamo quasi ed è così. Dieci centimetri. Siamo pronti per dare il benvenuto alla piccolina.»

Il cuore inizia a battere frenetico, emozionata e terrorizzata all'idea che presto incontreremo la nostra Ophelia.

Scegliere il suo nome non è stato affatto semplice, abbiamo iniziato a pensarci già dopo aver scoperto il sesso. Sono stati cinque lunghi mesi di ricerca e finalmente siamo riusciti a trovare un punto d'incontro. Non penso potessimo scegliere di meglio. Ophelia, un nome che emana eleganza e dolcezza, perfetto per una piccola Wright, perfetto per nostra figlia.

Dio, l'emozione che nutro ogni volta che pronuncio o penso queste due semplici parole è talmente forte da soffocarmi.

Ophelia è arrivata in un momento in cui io e Amos avevamo iniziato a solidificare quella base per una vita sana e piena di amore, noi l'abbiamo accolta con sorpresa ma entusiasmo. Vedere l'euforia e le lacrime di Amos quando gliel'ho comunicato mi ha fatto piangere per giorni. Anche adesso, se ci ripenso, gli occhi si inumidiscono.

Amos mi stringe la mano. «Pronta, bellissima?»

Guardo l'uomo che mi ha rapito l'anima, colui che mi riempie la vita di gioia da qualche anno ormai, e annuisco. Farà tanto male, soffro già, ma sono certa che ne varrà la pena. «Pronta.»

«Adesso devi iniziare a fare respiri profondi, al mio tre spingi. D'accordo?» istruisce la dottoressa.

Amos si sistema meglio al mio fianco e annuisce, come se la donna stesse parlando con lui. Se non mi stessero squartando le parti intime, riderei.

Faccio come mi dice la dottoressa Hilton e alla prima spinta un urlo lacerante fuoriesce dalle mie labbra. Oddio. Non può... «È normale che faccia così male?» singhiozzo, scioccata.

«Normalissimo. Forza, un'altra bella spinta e poi respirazione.»

Le successive tre, quattro spinte sono asfissianti. Il dolore è incredibile. Mi sembra di non avere più fiato in corpo, ma la dottoressa dice che ci siamo, che riesce a scorgere la testa.

«Avanti, amore, puoi farcela. Sei riuscita a conquistare un pezzo di ghiaccio come me, credi di non poter portare al mondo la nostra bimba?» scherza Amos.

«Non dire così, sei...» strizzo ancora una volta gli occhi, l'ennesimo rivolo di sudore sulle labbra. «Non sei un pezzo di ghiaccio e io... ti amo» sospiro, stanca.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora