50. AMOS

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Ammirare mio figlio stretto a Iris mentre si gode il giro sulla ruota panoramica non ha prezzo. Credevo che non sarebbe mai riuscito a trovare il coraggio di affrontare un'altezza così corposa e la distesa infinita di mare sotto di noi, invece... ce l'ha fatta. Scrutava tutto con attenzione, le braccia strette attorno al collo di Iris e le gambe attorno ai fianchi, come un perfetto koala. Iris gli accarezzava la schiena, sussurrandogli parole di conforto e facendo un lavoro eccezionale.

Una volta scesi ci aveva informato che non ci sarebbe tornato per un bel po' di tempo ma che si era comunque divertito. Un traguardo enorme per un bambino di quasi cinque anni. Manca sempre meno al compleanno del mio ghiro – dannazione, del mio Colin e non vedo l'ora di farlo felice. Sebbene sia un momento di profonda tristezza, vista la mancanza di Cara, rimane comunque anche un momento di gioia pura. Tra sedici giorni spegnerà cinque candeline, gli anni più belli della mia vita insieme a quelli in cui ho conosciuto sua madre e abbiamo creato una famiglia.

A volte mi sorprendo di come mi sfugga il suono della sua voce dolce o di come il ricordo del suo tocco sia ormai sfumato. Dicono che sia normale, col tempo, allontanarsi, ma lo voglio davvero? E se un giorno la dimenticassi del tutto? Se il suo ricordo diventasse sempre più sbiadito fino a perdersi nei meandri della mia mente? Cosa si direbbe di me e, soprattutto, cosa ne penserebbero Ingrid e Arthur?

Ho detto loro che se mai avessi avuto una compagna loro non avrebbero dovuto intromettersi, ma il punto è: la voglio una compagna? Desidero condividere il mio tempo, il letto, la mia vita con un'altra donna che non sia Cara? Voglio ripercorrere la navata, fare un altro figlio? Insomma, sono pronto a lasciarmi tutto alle spalle e donare me stesso, anima e corpo, a un'altra persona? Sono domande complesse queste. Domande a cui adesso, in questo preciso istante, non so se riuscirei a rispondere.

Forse dovrei seguire il consiglio che mamma, papà e Seth mi hanno dato anni fa e contattare uno psicologo, una figura professionale in grado di aiutarmi a intraprendere un percorso di accettazione. Devo pensare anche a Colin e capire cos'è meglio per lui. Sono certo che vedere il proprio padre spesso distratto o con quella malinconia negli occhi non lo aiuti, perciò forse dovrei mettermi in gioco e riprendere davvero in mano la mia vita. Non lasciare che mi schiacci.

«Ehilà? C'è nessuno in casa?» ridacchia Iris sventolandomi una mano davanti al viso.

Torno alla realtà osservando la rossa davanti a me. «Che c'è?» chiedo.

«Ti ho detto che Colin si è appena addormentato, Flounder è con lui e io ho messo in ordine il divano. Se non c'è altro vado a dormire.»

«Gli hai chiuso la porta?» domando.

Lei annuisce, un po' confusa. «Socchiuso, come sempre. Perché?»

«Perché voglio scoparti con vista e preferisco che non ci siano rischi» rispondo.

Iris batte le palpebre velocemente un paio di volte, poi si volta e corre in corridoio. Sconvolgendomi da solo, sbuffo una risata, incapace di contenerla.

Qualche secondo dopo Iris torna di corsa da me mentre si disfa della maglietta e la lancia sul pavimento. «Fatto.»

«Che brava ragazza» mormoro, avvicinandomi a lei. «Spogliami, per favore.»

Iris non perde tempo; slaccia il primo bottone della camicia, poi alza lo sguardo e mi rivolge un'occhiata furba. Stringe i lembi della camicia tra le mani e tira. I primi due bottoni schioccano sul pavimento, seguono il terzo, il quarto... fino a crollare tutti quanti.

«Ops.»

«Era di Armani» la riprendo, anche se non me ne frega un accidente. Voglio solo punzecchiarla, giocare con lei.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora