61. IRIS

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Mentirei se dicessi che, tornata a casa, non avevo pianto.

Avevo pianto.

Eccome se l'avevo fatto.

Primrose mi aveva tenuta stretta mentre le raccontavo ogni singola cosa. Poi avevo mandato un messaggio ad Amos chiedendogli di non portare Colin. Non me la sentivo di deprimerlo con il mio umore sotto ai piedi. Non avevo aspettato la sua risposta, mi ero limitata a spegnere il cellulare e a ignorare il mondo per il resto del fine settimana.

Lunedì non ero andata da Amos e nemmeno il martedì, ancora troppo scossa dalle sue dichiarazioni, ma si era presentato lui da me, dopo il lavoro, e, nonostante l'avessi ignorato per tutto il tragitto fino alla macchina, lui mi aveva seguita fino a casa e poi se n'era andato.

Mercoledì e giovedì aveva fatto lo stesso e venerdì... Dio, venerdì avevo pianto molto.

Tornata a casa Prim mi aveva chiesto di aprire l'enorme scatolone ai piedi del divano. L'avevo aperto e... ne avevo tirato fuori un sacco di roba: magliette, pigiami, pantaloni, accessori. Tutto con su stampati scoiattoli e iguane.

Al di sotto di tutto quel casino avevo trovato un biglietto e, dopo averlo letto, avevo ripreso a piangere come una stupida.

"Iris,

ho messo il resto degli indumenti nella tua parte di cabina armadio e ho sistemato in dispensa i piatti e i bicchieri orrendi con l'iguana. Adesso Colin mi sta costringendo a adottare uno scoiattolo domestico. È legale?

Tuo,

Signor Wright."

I regali avevano continuato anche per la settimana successiva. Credo di aver perso il conto di quante lacrime mi abbia fatto versare quest'uomo tra un pacchetto di arachidi e l'altro.

E arriviamo a oggi, sabato pomeriggio. Un altro biglietto e un altro scatolone.

«Chissà cosa propone oggi il menù perdono» si sfrega le mani Prim.

Le rivolgo un'occhiataccia e apro lo scatolone con l'aiuto di una forbice.

Il cuore batte a mille. Perché Amos mi manca. Perché so che non voglio trascorrere la vita senza di lui. Perché lo amo.

Ma so anche che mi ha ferita in un momento delicatissimo della mia vita. So che è stato intenzionale. So che ho paura di dargli una possibilità e rimanerne bruciata.

Spalanco occhi e bocca mentre tiro fuori il meraviglioso bonsai di ciliegio. Oh, mio Dio. Non posso credere che abbia fatto una cosa del genere.

«Caspita» mormora Prim, meravigliata, «è stupendo.»

Esamino il bonsai e rimango senza fiato quando scorgo l'incisione frontale. «L'ha fatto incidere» bisbiglio.

«Che c'è scritto?» indaga la mia migliore amica.

«Ad Iris, il mio personale simbolo di speranza e positività» leggo l'incisione, sfiorandola piano con i polpastrelli.

«E il biglietto cosa dice?»

Poggio delicatamente il bonsai sul pavimento e recupero il biglietto, tirandolo fuori dalla busta l'attimo dopo.

"Iris,

ricordo ogni conversazione. Quella sugli alberi di ciliegio e tua madre in modo particolare. Ho pensato di donarti un pezzo di lei. Spero tu ti senta meno sola.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora