25. IRIS

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La febbre di Colin sembra svanire nelle prime ore della notte. Sbadiglio continuamente, ma non chiudo gli occhi. A cena, tra una chiacchiera e l'altra, io e Amos siamo riusciti a convincerlo a mangiare e poi, dopo un'oretta di cartoni, è crollato tra le braccia del padre. È stata una scena molto dolce, a dirla tutta. Amos stravede per Colin, ma è anche abbastanza chiaro che si senta in colpa a causa del suo lavoro, si sente poco presente.

Se da un lato comprendo il suo desiderio di voler trascorrere più tempo col figlio, dall'altro non posso far altro che bacchettarlo un po': Amos lavora per dare a Colin il meglio, per garantirgli un futuro perché di certo, nella vita, non c'è proprio nulla.

Basta guardare me, un giorno credo di avere una famiglia che mi ama, un lavoro che va a gonfie vele e poi perdo entrambi a distanza di quattro anni. Resto con niente. La mia famiglia si riduce solo a Prim adesso.

Mi sarebbe tanto piaciuto avere un fratello o una sorella, ma mamma e papà hanno lottato abbastanza per avere me, chiedere loro di riprovare e vederli sottopressione pur di farmi contenta sarebbe stato da vera egoista. Così mi sono accontentata dei miei amici a scuola, dei cugini che vedevo una o due volte l'anno in occasione delle feste, e poi è arrivata la mia Primrose. Sono fortunata ad averla nella mia vita.

Martedì Colin resta a casa, Amos chiama il suo pediatra e lo informa della situazione. Per fortuna, il medico gli consiglia solo di tenerlo altri due giorni a casa, di stare al caldo e bere molto. Mercoledì e giovedì volano nello stesso identico modo dei giorni precedenti. Coccolo Colin il più possibile, faccio una lista più dettagliata dei luoghi in cui desidero portarlo e, nella notte, quando sono sola in camera, mi alleno un po' a ballare stringendo a me una delle tante scope che ho sequestrato dallo sgabuzzino.

Lo so, imbarazzante a livelli estremi, ma non voglio disturbare Amos con le mie paranoie quando i suoi pensieri sono – giustamente – focalizzati su Colin.

L'unica nota positiva è aver chiesto a Prim di selezionarmi un paio di vestiti tra cui scegliere. È euforica all'idea del gala di beneficenza di cui non so nulla. A proposito, dovrò chiedere qualche dettaglio ad Amos, non voglio arrivare totalmente impreparata.

Venerdì mattina mi sveglio agitata. Non solo perché realizzo che ho praticamente dormito qui tutta la settimana, ma perché domani sera andrò a un gala e sarò l'accompagnatrice di Amos Wright.

Dannazione.

Stamattina Colin ritornerà a scuola, quindi mi affretto a compiere la solita routine e quando lo vedo propenso a sbrigarsi per andare all'asilo, sospiro di sollievo. È meraviglioso vederlo di nuovo più attivo e soprattutto con la voglia di tornare a imparare.

«Non prendere freddo, evitare di stare vicino alle finestre e aspetta che il padre del tuo compagno sia già arrivato prima di uscire, va bene?» sistemo il giubbino di Colin, accovacciata davanti a lui.

«Va bene» sbuffa. «Posso andare adesso?»

«Scusa se ti ho infastidito» sollevo le mani e mi alzo. Winona, dalla sua postazione, ridacchia sotto ai baffi mentre Amos attende Colin davanti alla porta.

«Papà mi ha già avvertito, ho capito» borbotta.

«Papà si preoccupa. E anche io. E Winona» replico, accarezzandogli velocemente il mento. «Ci vediamo lunedì, tesoro.» Gli lascio un bacio sulla fronte e lo guardo andare via insieme alla sua copia adulta.

«Ciao ciao, Ris, mi mancherai» agita una mano, mentre con l'altra tiene la cinghia dello zainetto.

Il mio cuore si scioglie.

Sarà strano non ripresentarmi qui dopo pranzo, ma Colin è stato invitato da un compagno a dormire a casa sua per il fine settimana, quindi dopo l'asilo non tornerà a casa.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora