17. AMOS

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La prima cosa che ho pensato dopo aver visto Iris Thomson entrare in sala è stata: «Che grandissimo idiota, Amos.»

La cosa non è finita lì però, lo dimostra la cena di stasera.

Ricordo piuttosto vividamente come, mosso da una grande convinzione, avevo affermato che Iris Thomson era una bella ragazza, ma nulla che potesse avere a che fare con me o essere alla mia portata.

Be', non so se quella volta abbia spiato i miei pensieri ma mi ha fatto mangiare la polvere con una misera tutina e un paio di tacchi. È devastante e solo uno sciocco non lo ammetterebbe. Con quegli occhi da cerbiatto, i capelli ramati e un portamento da donna, Iris mi ha colpito.

Ho fatto il possibile per non darlo a vedere; voglio dire, incontro donne meravigliose quasi sempre nella mia vita, dovrei essere immune al loro fascino, eppure, non ero ancora rimasto a corto di fiato a causa di una babysitter.

Come se l'aspetto non fosse abbastanza, si è aggiunto il modo elegante con cui si pone ai miei genitori. Sorride, annuisce, risponde alle domande che le vengono poste e nel frattempo aiuta Colin a mangiare.

Non mi piace ammettere di avere torto, sono rare le volte in cui accade, ma sono grande abbastanza da capire quando è il momento di buttare giù l'orgoglio e accettare di aver sbagliato.

Mamma e papà non mi hanno cresciuto con la mentalità chiusa di un ragazzino, anzi, mi hanno sempre insegnato che quando si ha torto bisogna chiedere scusa. Adesso, è un bene che non abbia espresso i miei pensieri alla diretta interessata, ma meriterebbe delle scuse dal sottoscritto. È stato ingiusto da parte mia presumere che Iris non potesse starmi al passo, perché sembra farlo, e pure alla grande.

Mia madre pende dalle sue labbra, papà l'osserva con interesse vero e Colin... Colin si accontenta di mangiare l'insalata che Iris gli porge in attesa del branzino. Almeno quello lo mangia con tranquillità.

Ho ripetuto un centinaio di volte a mamma di smetterla con queste pietanze particolari dato che a Colin non piacciono, ma puntualmente se ne dimentica, pensa a voler stupire il nipote e ogni volta mi tocca vagare per Queen Anne alla ricerca di fast-food che anche un bambino può mangiare. Non il mio momento più alto, tutt'altro, ma preferisco dei nuggets di pollo allo stomaco vuoto di mio figlio che brontola.

«Allora, hai detto che sei in attesa di risposte?» chiede papà.

Iris tampona il tovagliolo sulla bocca di Colin e annuisce. «Sì.»

«Presso quali strutture? Magari faccio una telefonata e riesco a procurarti un altro colloquio» sorride lui.

Iris diventa dello stesso colore dello smalto di mamma. «Oh, no, no. Assolutamente. Apprezzo tantissimo il pensiero ma non voglio alcun tipo di aiuto e, francamente, signor Wright, lei ha molta influenza a Seattle.»

La sua risposta mi sorprende ancora una volta. Ma del resto, non mi sono mai scomodato per sapere qualcosa in più della babysitter di Colin che non fosse strettamente necessario. Non che le cose siano cambiate, certo. Attrazione o meno, quella è l'unica la strada che offre la mia persona. L'organo che ho in petto batte solo e soltanto per mio figlio, e pianifico di lasciare le cose come stanno per ancora molto tempo.

«Ti fa onore, Iris, non tutti si farebbero scappare un'occasione del genere» asserisce mamma.

«La ringrazio. Confido in me e sono certa che prima o poi arriverà l'opportunità che cerco, nel frattempo... mi godo questo piccolo ghiro» sbuffa una risata Iris mentre Colin poggia la testa sul suo braccio e finge di russare.

Le risate vengono interrotte dallo chef che serve il branzino. Finalmente Colin può mangiare.

«Tesoro, hai trovato un'accompagnatrice per il gala di beneficenza?» Mi guarda mamma.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora