29. AMOS

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Ho ceduto.

Ho ceduto alla brama.

Ho sentito il suo profumo, il suo calore, mi sono ubriacato del suo piacere, ma non ho potuto assaggiarlo. Non ancora.

Sono stanco di reprimere i miei impulsi, sento la necessità di soddisfarli. E lo farei pure, se non fosse per il chiodo fisso che prende il nome di Iris Thomson.

Forse scopandola l'interesse svanirà una volta per tutte, capirò che è come ogni altra donna e la cosa si chiuderà lì. Del resto, le ho fatto presente che non desidero relazioni e lei mi ha risposto che lo sa. Suppongo abbia visto la mia faccia su qualche rivista, non mi stupisce. La cosa va a mio favore, però; non può aspettarsi niente di più di quello che ha visto in copertina. Oggi tocca a lei, la prossima settimana sarà un'altra. Giusto?

Aggrotto la fronte, infastidito dai miei pensieri. Certo che è così. Iris non ha nulla di diverso dalle altre. È una donna. È bella, tenace, adora Colin e credo che nasconda un fuoco dentro. Ma nient'altro. Deve essere così.

Sabato sera, tornato a casa, mi sono toccato sotto la doccia pensando a lei. Non succedeva da parecchio. Di solito preferisco un contatto diretto alla mia mano, ma ero frustrato, voglioso di mettere la faccia tra le sue gambe e prendermi tutto quello che non ho potuto assaggiare in ascensore.

Stamattina, mentre aiutava Colin a mettere lo zainetto, non ho potuto fare a meno di guardarla per bene. Quando ho raggiunto la macchinetta del caffè, però, mi sono reso conto dello sguardo curioso di Winona, così mi sono affrettato a riempire il thermos e poi ho richiamato Colin.

Adesso, stanco dall'interminabile giornata trascorsa tra una riunione e l'altra, vorrei solo tornare a casa e poltrire sul divano insieme a Colin, ma non posso. Gli farò una bella sorpresa fra poco e non vedo l'ora di vedere il suo viso sorpreso.

Quindici minuti dopo riesco a trovare parcheggio, Iris mi ha scritto un messaggio poco fa in cui mi informava che erano entrati da poco, perciò mi affretto a pagare l'ingresso e le chiedo dove si trovano. La sua risposta arriva all'istante: zona dedicata alla Seconda guerra mondiale.

Osservo la mappa che ho pescato al bancone e raggiungo la zona in questione con una piccola corsetta. Non è lontana, ma nemmeno a due passi.

Quando arrivo, cerco tra la folla Colin e Iris trovandoli poco dopo vicino un enorme aereo, non conosco i nomi dei singoli velivoli non essendone appassionato ma devo ammettere che sono molto suggestionanti. Colin, in braccio a Iris, indica qualcosa con la manina e non si accorge della mia presenza. Iris, invece, volta il capo nella mia direzione e mi sorride emozionata.

Il mio cuore perde un battito, ma è chiaramente l'emozione che gioca brutti scherzi.

Copro gli occhi di mio figlio con le mani e mi avvicino. «Indovina chi c'è?»

«Papà!» strilla Colin rigirandosi tra le braccia di Iris.

Lo acciuffo all'istante quando sta per lanciarsi verso di me e lo stringo al petto. «Sorpresa.»

«Che bello! Sono felicissimissimo!» esclama entusiasta.

Sbuffo una risata e gli bacio la fronte prima di metterlo giù. «Posso unirmi alla gita?»

«Certo! Sì! Che bello! Iris è venuto il mio papà!» stringe forte la mano della rossa che ricambia il gesto e gli sorride.

«Allora iniziamo davvero il giro, abbiamo un sacco di aerei da vedere!»

Mano nella mano con mio figlio, Iris al suo fianco, iniziamo a visitare il resto degli aerei appartenenti alla Seconda guerra mondiale, poi, tra una foto e l'altra, ci spostiamo al secondo piano per visitare quella della Prima. L'ansia mi attanaglia quado scorgo degli enormi aerei penzolanti dal soffitto. E se cadessero? Dio, non voglio nemmeno pensarci.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora