46. IRIS

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Ho comprato la colazione all'uomo che mi ha fatto venire molteplici volte nelle ultime ore, poi, con un braccio fasciato e tre punti, mi ha riportata a casa e se n'è andato al lavoro. È stato solo quando ho notato l'ora – le nove e mezza – che ho realizzato cos'ha fatto davvero Amos. Mi ha portata in ospedale, ha atteso che venissi medicata e poi siamo andati a fare colazione. Voleva persino trascinarmi in farmacia ma gli ho fatto notare che ce n'era una proprio a due passi da casa mia. Mai una volta ha menzionato l'essere in ritardo per il lavoro o di trovarsi in camicia e pantaloni della tuta.

Non posso negare di aver sorriso come una stupida al pensiero che si sia seriamente preoccupato per me. E non posso nemmeno negare di aver sentito il mio cuore palpitare più in fretta.

Ignorando il pizzicore al braccio, ho rinunciato all'idea di fare yoga o grandi movimenti e ho fatto una doccia prima di sistemare un po' casa. È stato fastidioso dover avvolgere della pellicola sulla zona e un sacchetto di plastica, ma urgeva lavarsi. Eliminare il sudore e l'olio dal mio corpo è stato bellissimo, mi è sembrato di tornare a respirare. Con cura e precisione, ho anche pulito l'area attorno alla ferità, accontentandomi di un panno imbevuto e del sapone neutro.

Prim ha detto che dovrei togliere i punti tra sette, dieci giorni e che ci penserà lei. Anche questo mi consola, non mi fa impazzire l'idea di avere addosso delle mani sconosciute.

Successivamente, ho preparato il pranzo a Primrose, sapendo che tra un paio d'ore sarà di ritorno ma io non ci sarò, e adesso mi preparo per andare dai Wright. Mi è dispiaciuto non aver svegliato Colin, deve essere stato un po' frastornante per lui, ma conto di rimediare. E poi oggi dobbiamo anche fare un bel bagnetto a Flounder, sono certa che a Colin l'idea piacerà da matti.

Apro l'app del calendario sul cellulare per segnarmi la nota a proposito della rimozione dei punti e sbatto le palpebre, basita, quando mi accorgo di che giorno sia oggi. Venerdì 17.

Domani è il mio compleanno. E... quello di Amos. Lo ricordo perché accanto alla sua foto, su internet, c'era anche la sua data di nascita. Una delle poche informazioni reperibili in rete.

Non ho idea di come sia già arrivato il mio compleanno, eppure, eccolo qui. I Wright hanno risucchiato ogni energia, ogni pensiero e, tra tutte le cose accadute nelle ultime settimane, pensare al mio compleanno non rientrava di sicuro tra di esse.

Ventisei anni. Domani compio ventisei anni e i miei genitori non sono presenti dai ventidue. Sono cresciuta e loro non hanno avuto la possibilità di vederlo.

Scuoto il capo, scacciando i ricordi tristi e, notando che ho ancora mezz'ora abbondante prima di dover andare, mi affretto a cercare su internet un regalo per Amos e uno per Colin. Non è il suo compleanno, ma mi piace viziarlo un po'.

Adesso, cosa si regala a un uomo che potrebbe avere tutto? Picchietto l'indice sul mento, riflettendo su delle possibili idee. Sposto lo sguardo sul mio borsone e... la lampadina si accende. Ma certo, certo! Sghignazzo, compiaciuta di aver trovato un'idea brillante come la sottoscritta. Trovo quello che stavo cercando in pochi minuti, seleziono la spedizione premium e sorrido soddisfatta quando leggo che il mio ordine arriverà domani tra le nove e le undici. Perfetto, direi.

Calzo le scarpe e mi affretto ad andare. Non sembra, ma il traffico è infernale a quest'ora della giornata.

«Sei sicura che non ti serve niente, Ris? Puoi dirmelo se sei stanca.» Colin mi osserva, uno sguardo preoccupato sul volto.

Me lo trascino sulle gambe e gli picchietto il naso con l'indice. «Sto benone, davvero. E poi la merenda era deliziosa. Grazie ancora, Win!» esclamo, voltando il capo in direzione della cucina.

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora