39. IRIS

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Non era in casa quando sono arrivata. Winona mi ha detto che è uscito prima e che dovevo portare io Colin all'asilo. Per me è stato un piacere poterlo fare e, lo ammetto, anche un sollievo avere avuto un altro po' di tempo prima di rivederlo. Amos mi rende nervosa, parecchio. Così ho lasciato Colin all'asilo dopo averlo sbaciucchiato per un po' e messo in imbarazzo davanti ai suoi compagni e poi sono tornata a casa.

Adesso, di fronte alla soglia, cerco di trovare il coraggio di entrare. So che non sono ancora arrivati, mancano una ventina di minuti ancora, però so che lo faranno e che dovrò vederlo.

Sarà ancora arrabbiato con me? Pensa che mi licenzierò e ferirò Colin? Gli importerebbe un minimo se me ne andassi? Voglio solo mettere in chiaro le cose, ma allo stesso tempo desidero che sia lui a fare il primo passo perché mi sento un pollo in questo momento. Mi sembra di aver lasciato il coraggio nascosto da qualche parte e non mi piace, non sono così.

Rilascio un profondo sospiro e inserisco la chiave nella serratura. Non mi piace usarla quando c'è Amos in casa, preferisco suonare, ma la maggior parte delle volte lo faccio perché Winona ha le mani in pasta o è indaffarata in qualche faccenda; dunque, per non disturbarla, entro da sola.

«Ehi, Rissy!» esclama Winona salutandomi. Ha iniziato a chiamarmi Rissy da qualche giorno e devo dire che lo trovo molto carino, nessuno mi chiama mai così.

«Ciao, tesoro!» ondeggia la mano curata Penelope.

Mi volto e scorgo Penelope Wright entrare in sala. È qui da molto?

«Ehi, Win. Salve, Penelope. La trovo in forma» le sorrido.

Lei mi riserva un abbraccio e un caldo sorriso. «Faccio pilates, ma sono una schiappa» arrossisce. «Win, posso chiederti un caffè?»

Winona annuisce. «Certo, signora Wright.»

«Penny. Quante volte devo dirtelo? Abbiamo la stessa età e ci conosciamo da una vita, santo cielo!» sbuffa la madre di madre.

Io e Winona ridacchiamo davanti alla sua esasperazione. Penelope è esuberante, divertente e allegra. Una vera boccata d'aria fresca per chi le sta attorno. Ci siamo viste solo un paio di volte, ma mi piace sempre di più.

«Aspetti Colin?» chiedo, accomodandomi su uno sgabello mentre rubo un pezzetto di zucchina dalla ciotola. Ho iniziato a darle del tu dopo che al gala mi ha ripreso per la millesima volta. Devo ancora abituarmici, ma lo apprezzo.

«Hm-hm. Volevo portarlo a fare un giro al parco, che ne dici? Ti unisci a noi, ci prendiamo qualcosa di caldo e lo riportiamo prima che Amos torni a casa.»

«Posso pure rimanere qui, Penelope, non c'è alcun problema. Non vedi spesso Colin e capisco che voglia passare del tempo con lui.»

«Sciocchezze» agita la mano mentre con l'altra afferra la tazza che le cede Winona. «Mi fa piacere passare del tempo anche con te e poi Colin ti adora.»

«Aspetta che ti racconti dei disegni che ha fatto oggi. Stamattina mi ha detto che non vedeva l'ora di mostrarceli, adesso che ci sei anche tu ne sarà ancora più felice» sorrido. «È migliorato un sacco a colorare dentro i contorni e non sbaglia nemmeno una lettera quando scrive il suo nome» aggiungo, fiera. È un gran bel traguardo da celebrare. Prima aveva l'abitudine di scrivere la C e la N al contrario, adesso, da un paio di settimane, scrive perfettamente Colin.

Penelope sbuffa una risata e annuisce. «È un perfetto Wright. Amos a cinque anni e mezzo sapeva già leggiucchiare.»

«Davvero?» domando, curiosa di apprendere qualcosa in più della sua infanzia.

«Sì. Ci mettevano in giardino o in salotto e con tanta, tanta pazienza lo aiutavo ad esercitarsi. Quando è iniziato l'anno scolastico era più avanti rispetto agli altri, però non lo faceva pesare a nessuno e si adattava» sorride, un filo di malinconia nella sua voce. «Gli è sempre piaciuto leggere.»

𝐒𝐞𝐰𝐞𝐝 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora