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Scarlett
«Ci risiamo», borbottai all'udire il suono acuto proveniente alle mie spalle.
Quello era di certo il rumore della serratura appena bloccata.
Aiden andò a sedersi sulla poltrona di fronte mentre io rimasi con le gambe incrociate sul pavimento.
Era evidente che volesse starmi lontano, altrimenti mi avrebbe già raggiunta.
Non iniziai per prima nessun tipo di conversazione.
A dire il vero a me andava bene così.
O meglio, il mio intento era proprio trattarlo allo stesso modo di come lui trattava me.
Ciononostante, lo fronteggiai senza alcun disagio nonostante stessi veramente male fisicamente.
Osservai i lineamenti del suo viso assumere un'espressione diversa.
Quando Aiden sedeva in quel modo era palesemente arrabbiato.
Di nascosto, mi passai la mano dietro la schiena per poi poggiarla sul letto. Volevo provare ad alzarmi senza farglielo notare.
Ma, anche quella prova, mi fallì immediatamente dal momento in cui la voce roca di Aiden mi fece perdere l'equilibrio.
«Scarlett, che intenzioni hai?» domandò, massaggiandosi le tempie. Curvò le spalle e subito i muscoli delle braccia gli si scolpirono maggiormente.
Come sempre, mi era impossibile decifrare dove volesse arrivare con i suoi soliti tranelli.
«Vorrei fare una doccia e poi scendere in cucina», risposi pacatamente.
Di conseguenza, sollevò l'angolo della bocca. Mi sorpresi di vederlo lì, ancora seduto in attesa di chissà cosa.
«Ascoltami bene, questa è l'ultima volta che prenderò questo argomento», mi avvertì stufo.
La preoccupazione per ciò che stesse per dire mi inquietò. Da lui non sapevo mai cosa aspettarmi e in tutta onestà non vi era mai nulla di buono.
Preferii mantenere la calma. Non trovai alcun motivo per ribattere prima del tempo.
Il mio assoluto mutismo gli confermò che l'avrei ascoltato senza interromperlo.
Intanto, tirai con rapidità le mutandine che trovai sotto al letto e le infilai sotto il suo sguardo calcolatore.
«Mi sono rotto i coglioni delle tue cazzate, è chiaro? Cerca di smetterla di comportarti come una ragazzina e andremo d'accordo.»
«Le mie cazzate?» mi indicai, esterrefatta.
A quel punto, si alzò come una furia. Gli bastarono due dita per sollevarmi di forza e farmi atterrare sul letto.
Sbattei le ciglia. Ero in procinto di esplodere, di strillare come una pazza. Ma non lo feci. Altrimenti gli avrei dato modo di fargli capire ciò che in quell'istante non mi andava di esternare.