Verso l'Eden

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I capitoli sono quasi tutti scritti, li rileggo per correggere per quanto possa essere nelle mie capacità, e rileggendo questo ho trovato mi piacesse in modo particolare.
Forse sono stata ottimista nel datare la mia storia nell'anno 3122? Quanto potrà resistere la nostra terra ancora? Come la vedete?
A me piace l'idea che ci possa essere sempre una piccola zona da cui ripartire.

Quando la comunicazione con l'eccelso fu  conclusa Dogas fu subito addosso a Sara, uno di fronte all'altro cercavano conferma delle parole dette poco prima dall'altro di fronte a Botos.
Lentamente Dogas le mise le mani sulle spalle, appena a sfiorarla le fece scorrere verso i gomiti, poi ai polsi e trovate le mani intrecciò le dita alle sue. Piegò di lato la testa e l'abbassò verso il volto di lei lentamente fissando gli occhi di lei. Sara non si mosse e attratta dalla forza magnetica dello sguardo di lui attese il bacio mentre le gambe si facevano molli. Fu un bacio lento, delicato, senza la solita irruenza di Gas, dolce e tenero, protettivo e pieno di promesse. Dogas alzò la testa inebriato dal sapore di lei. Quella nuova versione di lui emozionava Sara tanto da spaventarla. Gas notò una fugace espressione di tristezza in lei e subito si accigliò «Che c'è» chiese.
«Niente!» abbassando lo sguardo che a quanto pare lui riusciva a decifrare.
«Sara! Che c'è?»
Lei si morse il labbro, rialzò lo sguardo verso di lui e con voce tremante diede voce ai suoi timori: «Se non... ...se noi... ...se io non riuscissi... ...nei due mesi..» lui si intenerì e la strinse forte a se, la testa di lei sprofondata sul suo petto, le braccia di lui come morse su spalle e schiena.
«Ce ne occuperemo quando verrà il tempo! »
Poi le disse: «Amore mio! Ora andiamo, l'isola ci aspetta» ma non riusciva a lasciarla.
«Gas?» chiamò lei
«Mmmh?»
«Mi stai soffocando.»
Lui la lasciò all'istante e lei riprese fiato, si alzò sulle punte e gli diede un bacio al volo.
Ultimi comandi sul pannello, pochi oggetti da portarsi dietro e furono subito fuori a volare nei cieli della sfera che li proteggeva dalle radiazioni e dai gas atmosferici. Sfrecciarono fra i settori fino ad arrivare all'aeroporto di frontiera.
Prima di passare dall'altra parte furono rivoltati come calzini. Vennero ispezionati documenti e perfino le calzature. Dovettero lasciare caschi e giubbetti in deposito insieme alla motojet perché di materiali non consentiti all'esterno. Anche il dispositivo di comunicazione da polso di Gas fu requisito, nonostante fosse un equipaggiamento militare non essendo in missione lo dovette lasciare. Le guardie dissero che nel kit avrebbero trovato anche dispositivi consentiti sull'isola.
Una navetta più piccola li portò sulla Navetta grande diretta all'isola.
L'isola non era quello che un tempo veniva considerata tale. Nei secoli passati le varie cupole del mondo avevano trovato il modo per recuperare zone un tempo contaminate, aride e desertiche. Erano riusciti a convogliare la condensa delle cupole su terreni che si erano impegnati a bonificare, su questi terreni era stata man mano reintrodotta flora e fauna per quanto possa essere possibile data la delicatezza dell'equilibrio dell'eco sistema che era costantemente controllato, studiato e modificato in base all'evoluzione geologica.
Una di queste zone, la più ambita da tutti i cupoliani era per l'appunto l'isola.
Era chiamata così perché circondata non da acqua ma da terre desertiche e impercorribili senza dovute precauzioni, anche se ogni anno riuscivano a recuperare qualche metro alla distruzione causata da guerre e armi chimiche. Non era consentito stabilirsi in pianta stabile, ma solo brevi soggiorni.  Era in regime controllato e non più di un milione di persone potevano accedervi contemporaneamente, se ne uscivano due potevano entrarvi due.
Era un caso raro è particolarmente fortunato che potessero trascorrervi addirittura tre settimane. Solo grazie alla stima che i generali nutrivano per Gas e al successo delle sue missioni era stato considerato un meritato premio all'unanimità.
Sarà guardava ciò che si cominciava a vedere dell'isola da uno dei vetri schermati. La navetta volava su un binario sospeso che percorreva zone a bassa radioattività, unici punti di accesso. Si intravedevano le alte mura di piante verdi che creavano uno schermo e una zona franca subito prima dell'accesso. Oltre quella protezione si scorgevano parte dei giardini botanici dove si potevano trovare le più antiche piante di cui si era riusciti a riprodurre la genetica. Un intero laboratorio era adibito a questo. Poi vi erano distese di prato verde, papaveri, e lavanda, piantagioni di lenticchie in fiore, uno spettacolo già a guardare dalla navetta. Per un tratto Sara era riuscita a vedere quello che chiamavano il mare. Era al centro dell'isola e da un lato defluiva come se fosse un fiume. Dogas le disse che un tempo, più di mille anni prima, il vero mare era una distesa immensa di acqua salata, e che era abitato da molte specie animali, questo era più simile a quello che in quei tempi era chiamato lago. I continenti erano circondati dai Mari e acque salate e vi erano spiagge di arenile simile a quella riprodotta sull'isola. La lancia della navetta si abbassò per cominciare a ridiscendere, e la navetta entrò in un tunnel nero. La velocità era esorbitante e nel tunnel venne sparato un vortice d'aria ad ammortizzare la frenata. Questo faceva vibrare enormemente la navicella e Sara che non era mai uscita dalla cupola cercò e strinse la mano di Dogas, guardò dall'oblò e disse «È tutto buio fuori, non si vede nulla!» lui si portò la mano alle labbra, la baciò e se la tenne sul cuore.
«Non devi avere paura, io sono con te!»
Sara chiuse gli occhi e percepì il battito del cuore di gas attraverso la camicia.

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