Ancora un giorno

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Forse esagero? È troppo? Spegniamo le luci!

L'indomani si svegliarono abbracciati e inciampati! Sara rise vedendo il braccio di lui sbucare dall'ascella di lei mentre lei aveva una gamba sotto di lui completamente addormentata e l'altra sull'altro braccio e sotto una gamba di lui. Come cavolo avevano fatto ad annodarsi così. Sara cominciò a gridare battendo il piede addormentato e percorso da piccole scosse fastidiose. Quando Dogas riuscì a liberare il braccio e tutto il resto si mise in ginocchio le prese il piede, se lo appoggiò sulla coscia e cominciò a massaggiarglielo. Con i polpastrelli manipolò le dita, poi alzò il piede e fece scorrere le nocche sotto la pianta poi si occupò del calcagno, salì verso il polpaccio e massaggiò a lungo, anche se già sembrava distratto. «A cosa pensi?» chiese lei
« A due splendide gambe che mi circondano i fianchi quando...»
E la fissò . Fine del massaggio, inizio gambe di lei sui fianchi di lui
Lei sussurro «Non usciremo mai da questa stanza!»
«Ci metterei la firma signora mia.» affondando di nuovo in lei.
Poco dopo erano sulla motojet e Dogas la portò sulla sommità della cupola per vedere il punto da dove si poteva scorgere un pezzetto di cielo azzurro. Il vero cielo, non quello riprodotto sinteticamente. Dogas le indicò un punto da dove si poteva vedere l'isola è un altro punto dove si vedeva l'inizio di un'altra cupola.
«Una volta non c'era bisogno delle cupole, c'erano distese di prati verdi, cascate, fiumi. Cose che ora si riescono ad osservare solo in alcuni rari posti. Come sull'isola»
«Mmm! Lo abbiamo studiato a geografia antica.» accennó lei « all'epoca non mi interessava molto e mi annoiava come materia, mentre adesso mi interesserebbe di più»
Dogas la guardò con un sorriso sornione e la punzecchiò: «Mi pare che ricorre in te questo atteggiamento!» lei lo guardò distratta, poi capì a cosa si riferiva addrizzò la schiena lo colpì sul petto e gridó «Cosaaa?» lui rideva mentre lei lo riempiva di colpetti con mano delicata. Dogas le prese le mani e la baciò. Un bacio breve, mantenendo le distanze che Sarà colmó non appena ebbe le mani libere. Si strinse a lui e reclamò un bacio vero.
«Però devi ammettere che, seppur svogliata all'inizio, poi sono una scolara volenterosa»
«Sch! Potresti applicarti meglio!» la prese in giro lui. E lei arretrò fingendosi offesa. Poi fece la sua espressione da folletto e disse: « Dovremo rimediare allora! Ok! Studierò di più e fra tre giorni ti farò cambiare idea»
Dogas la guardò corrucciato chiedendosi che tiro si sarebbe dovuto aspettare. Allungò le mani per riavvicinarla a se, lei a braccia conserte si finse imbronciata per un paio di secondi poi si lasciò abbracciare.
Rimontarono in sella e sfrecciarono fra i piani dei settori. Loro in alto e tutto il resto sotto, piccolo e lontano. Dogas la sentiva dietro di se a stringersi ogni volta che inclinava la motojet verso l'alto o verso il basso, la testa con il casco inclinata di lato sulla sua spalla, e ogni volta aumentava la velocità per sentirla più vicina, "basta" pensò "è una tortura" .
«Torniamo a casa» disse, voltò la moto e la portò al suo appartamento.
Quando "stanza" era diventata " casa"?
Vi arrivarono in fretta. Sara quasi venne trascinata di peso via dalla moto e su per il piano. Dogas pensò che la porta ghiera mettesse troppo tempo per aprirsi. E quando si aprì spinse Sara dentro che quasi cadde, il tappeto muta forma l'aveva avvolta e le aveva impedito la corsa verso il pavimento.
«Ma che modi!» esclamò Sara tentando di tirarsi su. Era caduta in avanti ed ora poggiava seno e pancia sul tappeto che l'aveva quasi abbracciata e ed era praticamente a novanta gradi. Dogas entrato in stanza dietro di lei si godette la vista. Lei girò la testa e si arrabbiò: «Mi dai una mano, invece di starmi a fissare?» nicchiò tentando di arrivare con la mano sulla spalla per spingere il tappeto mutaforma e potersi liberare.
«Gas! Sono incastrata!» finalmente lo vide muoversi verso di lei con la coda dell'occhio.
Ma Gas invece di toccare il tappeto mise le mani sul suo sedere e ne fece scorrere una fin su la schiena badando a non toccare il mutaforma. «Gas! Che stai facendo? Liberami!» gridò Sara.
«Sì, aspetta un attimo! Sto finalmente apprezzando questo trabiccolo, vedo che infine è più utile di quanto pensassi in un primo momento!»
«Ma che dici! Sono incastrata! Non vedi che non riesco a muovermi?» torcendo il collo per guardarlo.
«mmm....  No, mi sembra che questa zona qui si muova benissimo!» e le mani tornarono sui glutei.
«Dogas!» gridò lei quando sentì lui strofinare i suoi fianchi sul proprio fondo schiena, «ti prego...» la voce le si smorze quando sentì che lui le aveva abbassato i pantaloni.
«Dogas...»
«Vuoi che mi fermo?» chiese con voce roca mentre le accarezzava fianchi e cosce
«...no» rispose lei senza fiato
«Non hai che da dirlo»
«Cosa?» sussurrò lei
«Non hai che da dire "Gas fermati" e io mi fermo»
Non lo disse mai. Fino a quando non ebbe finito. «Gas ora liberami!» lui la liberò, la portò sul letto e la fece venire baciandola.

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