Al bar

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Il giorno dopo
"Grazie e arrivederci" dissi al cliente che stava uscendo dal negozio. In quel momento entrò Alessandro con la tuta da motociclista.
"Non penso che tuo padre sia contento nel vederti con quella tuta. Sporchi tutto lo studio in questo modo"
"Ma tu non puoi farti i cazzi tuoi?" Rispose lui brusco.
"Ok, io ti ho avvisato."
In quel momento entrò Fabio e io mi preparai al peggio.
"Esci immediatamente da qui. Ehi hai sentito cosa ti ho detto?" Cominciò lui.
"Ma vaffanculo. Vedrai che non torno più a romperti" rispose Alessandro.
Si precipitò verso la porta e uscì. Guardai Fabio. Era distrutto. Dovevo fare qualcosa.
"Vado a parlargli, ok?"
"Grazie." Rispose lui.
"Alessandro aspetta!" Urlai appena fuori dalla porta. Lui stava per andarsene con la sua moto ma riuscì a sentirmi. Si tolse il casco e disse:
"Cosa vuoi? Ti ha mandato mio padre?"
Non potevo mentirgli ma dovevo conquistare la sua fiducia se volevo parlargli. Guardai la moto. Se era veramente quella la sua unica passione forse mi poteva essere utile.
"A quanto vedo ti piacciono le moto. Mi porti a fare un giro?"
"Stai scherzando? Torna a lavoro va"
"Dai ti prego" lo supplicai. In realtà non avevo voglia di salire su quella moto. Poi non mi fidavo di Alessandro. Chissà come avrebbe guidato. Ma era l'unico modo per convincerlo a parlarmi.
Lui come risposta tirò fuori un altro casco e me lo porse. Ok, forse il mio piano stava funzionando. Volevo avvisare Fabio ma avevo paura che Alessandro potesse cambiare idea. Così mi misi il casco e partimmo.
Non so in realtà dove mi stava portando però almeno non mi aveva respinto. Dopo una decina di minuti si fermò ed entrò dal cancello di casa sua (almeno pensavo fosse la sua casa).
"Si può sapere perché mi hai portato qui?"
"E dove avrei dovuto portarti? Devo fare alcune cose e non ho intenzione di modificare i miei programmi per te. Io devo cambiarmi perché come mi hai fatto notare prima la tuta si è sporcata. Se vuoi puoi entrare"
Approfittai del tempo per mandare un messaggio a Fabio che nel frattempo mi aveva chiamato. Gli scrissi che ero uscita con Alessandro e che probabilmente non sarei tornata quel pomeriggio.
Poi entrai dentro casa. Era molto spaziosa e immaginai che Alessandro vivesse ancora con il padre. Riconobbi alcuni strumenti professionali che ogni tanto portava in studio.
Io intanto mi sedetti nel divano del salotto. Dopo un po' Alessandro tornò e notai che si era cambiato e non indossava più la tuta da corsa ma dei jeans e una camicia.
"Allora mi vuoi dire perché mio padre ti ha mandato da me?"
"Chi ti ha detto che tuo padre me l'ha chiesto?"
"Perché so perfettamente che tu non mi avresti mai seguito di tua spontanea volontà."
Vabbe era inutile continuare a mentire.
"È molto preoccupato per te."
"Scommeto che ti avrà raccontato tutta la storia della mia vita soffermandosi sul fatto che sono diventato maleducato e arrogante."
"Si può sapere perché sei sempre così sulla difensiva?"
Mi ricordava tanto me stessa fino a qualche mese prima.
"Cosa vuoi risolvere in questo modo? Non cambierò di certo perché una sconosciuta mi dice di farlo."
"Ma io non ti ho detto di cambiare. Devi essere te stesso sempre. Ti chiedo solo di essere più comprensivo con tuo padre. È preoccupato per te ed è normale visto che lo tratti così."
"Non mi lascia fare quello che voglio. Vuole che mandi avanti quello studio di merda e a me non va."
"Non mi sembra che ti ha imposto di lavorare nello studio. Anzi lui è molto contento della tua passione per le moto"
"Se è così non me l'ha fatto mai notare."
"Fabio sta facendo di tutto per accontentarti. Cerca di capirti ma gli è difficile se tu non gli dai la possibilità di farlo."
"Non mi conosci. Come puoi dire cosa devo o non devo fare?"
"È vero non ti conosco. Però conosco le persone come te"
"E che tipo di persona sarei?"
"Enigmatico, lunatico, imprevedibile e anche arrogante. Un po' come me insomma"
"Ok. Se lo dici tu. Ma non ti conviene intrometterti in affari che non ti riguardano."
Stava per andarsene così io lo seguì.
"Va bene. Io non parlerò più di tuo padre però devi promettermi che ci parlerai e che lo ascolterai. Avete tante classe da dirvi"
"Vedremo. Adesso dobbiamo andare."
"Dove?"
"Tu mettiti il casco e stai zitta."
Alzai gli occhi al cielo e mi pentí di non essere rimasta in studio. Chissà dove mi avrebbe portato.
Dopo una quindicina di minuti di fermò davanti ad un locale.
"Dovrei incontrarmi con alcuni miei amici e sono già in ritardo."
"E io cosa faccio?"
"Non lo so. Vai a farti un giro qui intorno."
"No, entro anche io. Dai fammeli conoscere."
Non fece in tempo a rispondere che un ragazzo dietro di me disse:
"Alessà ti stavamo aspettando. Sei sempre in ritardo. E questa chi è?."
Mi girai di scatto.Era un ragazzo basso e robusto che in realtà non mi faceva una bella impressione. Di sicuro era uno di quelli che Fabio temeva di più per il figlio.
"Ah nessuno. Adesso se ne va giusto?" Rispose Alessandro rivolgendomi a me.
"Ma no lei può restare. Dai entrate"
Rientrò nel locale e io seguì Alessandro che però non era contento della mia presenza.
Appena arrivati al tavolo un altro ragazzo mi squadró e poi si rivolse ad Alessandro.
"Alessà non dirmi che ti sei trovato la ragazza"
Lui non rispose perché qualcun'altro lo fece al posto suo. La voce proveniva da dietro e la riconobbi subito.
"Se te piacerebbe" disse Mattia che si avvicinò a me con delle birre in mano.
"Si può sapere che ci fai qui?" Mi domandò. Sembrava arrabbiato come se non potessi uscire senza il suo permesso. Quanto mi dava fastidio questo suo comportamento.
Allo stesso tempo però non potevo rimanere indifferente da quegli occhi verdi che mi ipnotizzavano ogni volta che li incrociavo.
Mattia mi era mancato in fondo.

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