Lo scrittore misterioso

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'Cavolo mi sono dimenticata l'accendino' pensai tra me e me. Ogni volta che uscivo da lavoro avevo bisogno di fumare una sigaretta perché sennò diventato nervosa e irritabile. Fumare mi calmava e quel giorno ne avevo assoluto bisogno. Lavoravo come barista in un locale ma odiavo il mio lavoro. Era stressante e poco gratificante e i clienti spesso non erano per niente cordiali. Quella mattina per esempio una signora si era alzata all'improvviso dalla sedia mentre stavo passando con il vassoio pieno e aveva fatto cadere tutto "involontariamente". Stavo per bestemmiarle dietro quando mi resi conto che il mio capo mi stava guardando per vedere come mi comportavo. Allora io da brava cameriera accettai le scuse della signora e mi misi a pulire tutto. In fondo 'il cliente ha sempre ragione" no? Non potevo permettermi il lusso di sembrare maleducata davanti agli occhi del mio datore perché non volevo perdere quel lavoro. L'unico motivo per cui continuavo a lavorare in quel posto erano i soldi. Senza quelli non potevo realizzare il mio sogno.
Ah il sogno. Ci pensavo tutto il giorno. Io avevo sempre desiderato fare la fotografa fin da quando ero piccola ma nessuno mi aveva appoggiato. Dopo cinque anni di liceo classico decisi di non continuare gli studi e di dedicarmi alla mia passione. I miei genitori ovviamente non ne volevano sapere ma alla fine ho fatto le valigie e mi sono trovata un appartamento che condivido con altre due ragazze.
Non ho mai avuto un bel rapporto con i miei ma cerco di tenere i contatti il più possibile con loro. Molte volte mi mancano ma cerco di nascondere i miei sentimenti.
Con i soldi che stavo guadagnando avevo intenzione di cominciare a frequentare dei corsi di fotografia ma erano molto costosi. Io però non volevo arrendermi e darla vinta a tutti quelli che non avevano creduto in me. Non avrei mollato facilmente.
Ero persa tra i miei pensieri quando mi resi conto di essere quasi arrivata. Guardai l'orologio e cominciai a correre. Non volevo perdere di nuovo la metro perché sarei arrivata tardi a casa. Mi avvicinai con il fiatone alla fermata e aspettai impaziente la metro. Dopo un minuto arrivò sfrecciando sempre con quel rumore assordante che non sopportavo. In realtà erano ben poche le cose che sopportavo.
Entrai e con mia grande sfortuna vidi che c'era poca gente. Non mi piaceva rimanere in metro quasi da sola soprattutto di sera ma non potevo evitarlo. Mi ero fatta la patente da poco anche se avevo 22 anni e non potevo permettermi una macchina.
Mi sedetti davanti ad un ragazzo che non avevo mai visto prima. Era alto, con un cappello che gli nascondeva il viso, era vestito semplicemente con jeans e maglietta. Mi incuriosiva molto perché stava scrivendo qualcosa su un quaderno. Non mi sembrava uno studente e non stava copiando appunto o cose simili. Sembrava quasi che stesse scrivendo una canzone o una poesia. Vedevo infatti che non riempiva tutta la riga ma andava a capo a metà del foglio. Se era veramente così non so come facesse a trovare l'ispirazione in metro. Che strano questo ragazzo, pensai.
Cercai di allungare il collo per vedere cosa stava scrivendo ma in quel momento sentì suonare il mio cellulare. Perché non avevo messo la vibrazione?
Mi pentí subito di quello che stavo facendo perché il ragazzo, infastidito dal rumore del mio cellulare, alzò lo sguardo e si rese conto che stavo cercando di spiare i suoi appunti.
Solo allora vidi la sua faccia. Era di sicuro più grande di me con degli occhi stupendi. Erano verde scuro e aveva uno sguardo penetrante. Quando i nostri occhi si incrociarono distolsi immediatamente lo sguardo evidentemente imbarazzata e cominciai a cercare il cellulare in borsa.
Cercai di mascherare la mia vergogna ma di sicuro ero diventata rossa come un peperone. Perché dovevo sempre fare figure di merda davanti agli sconosciuti?
Quando vidi il nome sul display mi ritornò il sorriso e mi dimenticai per un attimo del ragazzo misterioso.
"Ciao amore. Sono in metro. Scusa ma non ti sento bene."
"Come sei in metro?? Io ti sto aspettando davanti al bar! Dovevo venirti a prendere o sbaglio?"
Era incazzato come sempre. Il mio ragazzo, Riccardo, ultimamente non faceva altro che provocarmi. Litigavamo spesso e di solito per cazzate. Io però ero sicura che non ci avevamo messi d'accordo il giorno prima e non mi aveva mai detto che sarebbe passato a prendermi al lavoro. Quanto lo odiavo quando faceva così!
"Se è uno scherzo non sono in vena Riccardo. Non mi hai mai detto che mi avresti dato un passaggio fino a casa!"
Dall'altro capo del telefono sentivo che lui sbuffava.
"Ma se te l'ho scritto per messaggio stamattina?!"
"Dirmelo prima no eh? Ero al lavoro stupido. Come facevo a risponderti?!"
Solo allora mi resi conto che stavo praticamente urlando e tutti mi osservavano. Anche il ragazzo di prima mi fissava infastidito dalle mie urla isteriche e aveva smesso di scrivere.
"Pronto? Pronto?? Mi senti?" Perfetto non solo stavo litigando per telefono con il mio ragazzo ma stavo anche perdendo il segnale.
Mi alzai per ritrovare la rete ma dopo aver fatto due passi la metro si bloccò di colpo.
Cercai di afferrare il palo ma persi l'equilibrio. Stavo per cadere quando sentì due mani che mi afferravano. Riaprí gli occhi e mi trovai faccia a faccia con lo scrittore misterioso che mi aveva appena salvato da una terribile caduta.

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