CAPITOLO II.

140 13 95
                                    

Chifuyu aprì con forza la porta di casa: aveva il fiatone per quanto aveva corso, ringraziava che l'hotel fosse vicino al bar e avesse capito subito come tornare a casa.

Dopo aver sentito quello che aveva detto Takemichi, gli aveva risposto che sarebbe tornato subito, e aveva percorso tutta la strada cercando di non pensare a quelle parole.

Un omicidio... Cosa poteva essere successo?

A giudicare dalle facce dei suoi amici, niente di buono.

La porta d'ingresso, dopo un piccolo atrio in cui i ragazzi lasciavano scarpe e giubbotti, dava direttamente sul soggiorno.

Non era molto grande: la parete opposta alla porta d'ingresso aveva un divano poggiato contro, con due poltrone vicine, e un tavolino davanti; una televisione era incastonata nella parete vicino alla porta.

A destra c'era una finestra, con un piccolo balcone, mentre poco a destra del divano la porta che conduceva alla zona notte e uno dei bagni e, a pochi centimetri da essa, quella che portava alla zona con la cucina e l'altro dei due bagni.

I suoi amici erano quasi tutti in soggiorno: Takemichi seduto al centro del divano, una coperta addosso e una tazza in mano, teneva lo sguardo basso; di fianco a lui c'era Hina, che gli stava sussurrando qualcosa, e dall'altro lato Akkun; Makoto era seduto su una delle poltrone, con Yamagishi in piedi di fianco a lui.

Non appena il ragazzo entrò, tutti si voltarono verso di lui, tranne Takemichi, che tenne lo sguardo basso.

Mentre Chifuyu si toglieva velocemente le scarpe, Akkun si alzò e andò verso di lui, parlando a voce più bassa possibile.

- Takemichi deve aver visto qualcosa di sconvolgente, ma Hina mi ha detto che spesso al locale mettono profumi che sballano leggermente per fare divertire di più la gente, e soprattutto al piano di sopra gli ospiti non sono  mai tranquilli. In teoria lui non ne ha respirati abbastanza, ma sai che Takemichi è sensibile a certe cose... Cerchiamo di non dare di matto prima di esserne certi-.

Chifuyu annuì, sapendo bene che Akkun non avrebbe mai detto cose simili perché non credeva all'amico o la considerava una questione di poca importanza: era più probabile che lui stesso volesse convincersene, invece di pensare che veramente Takemichi avrebbe dovuto convivere con il peso di aver visto un omicidio avvenire davanti ai suoi occhi.

- Ho portato il tè per tutti- affermò Takuya, entrando in soggiorno con un vassoio con delle tazze sopra.

- Grazie mille- gli disse Hina, mentre Akkun andava verso il ragazzo per aiutarlo a distribuire le tazze; Chifuyu intanto andò a sedersi di fianco a Takemichi.

- Hey- gli poggiò la mano sulla spalla - mi dispiace essere sparito in quel modo- sussurró.

L'amico probabilmente era in quello stato da ore, e lui non gli era rimasto vicino... Era sicuro che gli altri lo avessero fatto, ma si sentiva leggermente in colpa per non esserci stato.

- Non preoccuparti... Sono felice che tu stia bene. Sono contento se ti sei divertito, non potevamo certo prevedere cosa sarebbe successo- mormorò Takemichi, con un tono di voce piuttosto flebile.

- Ti va di raccontare anche a me cosa sia successo?- chiese Chifuyu.

- Non ci ha ancora detto niente, voleva aspettare te- affermò Hina.

Chifuyu annuì, poi tornò con lo sguardo su Takemichi, che fece un respiro profondo.

Ci aveva pensato tutta la notte, ma aveva i ricordi parecchio confusi e non era certo di riuscire a raccontare tutto... Ma doveva almeno provarci.

TOKYO REVENGERS: VENDICATORI MALEDETTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora