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ghirlande metalliche di stelle argentate pendono dal candido soffitto a doppia volta dell'ingresso di uno degli alberghi più lussuosi e fastosi della città, e riflettono sulla propria liscia superficie una luce tendente al violaceo.

sono le dieci, una leggera musica d'atmosfera si diffonde per la sala e si trasforma in un piacevole sottofondo per tutti gli ospiti di quell'esclusivo evento, intenti in frivole chiacchiere e discussioni di natura più formale. il tema della serata, specificato con puntigliosa precisione negli inviti ricevuti, sono le stelle; brillantini, capi argentati o d'oro, costose decorazioni luccicanti, e calici in vetro con lustrini incastonati alla base. e minho non si è mai sentito tanto fuori luogo.

è la prima volta che accetta di partecipare ad un evento dalla simile rilevanza, e ad ogni secondo che passa in quell'inferno, ne rammenta il perché. oltre alle sue tremendamente scarse capacità sociali, si aggiunge il fatto che per lui sia assolutamente impossibile rilassarsi e godersi la fontana di cioccolato nella quale tutti sembrano divertirsi ad immergere spiedini di frutta, troppo impegnato a preoccuparsi di ogni minuscola, eventuale emergenza che potrebbe scoppiare in quell'istante. per quanto vorrebbe andarsene, qualcosa glielo impedisce, e ora lo capisce.

non è tanto la necessità di tenere sotto controllo quello scalmanato di han jisung, fino a poco fa impegnato in una conversazione con un gruppo di modelle che lo avrebbe accerchiato, come si era invece auto convinto. la verità, è che non sopporterebbe di diventare lui l'altro supereroe, non dopo tutto quello che ha fatto per la città. e se per continuare ad essere il numero uno dei cittadini deve presentarsi a qualche festa e scambiare un paio di parole con qualcuno, ben venga. anche se passare la serata da solo, sul balconcino del primo piano, che da proprio sull'elegante giardino interno dell'hotel, non è ciò che convenzionalmente si intende con socializzare.

"che tristezza. cosa bevi?" si sente domandare alle spalle, dalla vivace voce di jisung, che rabbrividisce non appena il vento soffia contro la sua pelle accaldata. l'eroe non si volta.
"prima mi insulti, poi mi chiedi cosa bevo?" risponde, agitando il lungo bicchiere che tiene nella mano destra, e il ghiaccio sbatte rumorosamente contro il vero. l'altro scrolla le spalle, affiancandolo.
"certo, pensavo ci insultassimo per dimostrare affetto, è la nostra dinamica. allora, che bevi?" chiede nuovamente, sorridendogli ampiamente, e minho sbuffa, dando un'occhiata alla bevanda rosata dell'altro.
"gin." si limita a dire.

jisung annuisce, il gin è decisamente troppo forte per lui, ma abbinato ad un po' di coca cola diventa abbastanza bevibile.
"con?" lo guarda. minho scrolla le spalle.
"gin," chiarisce. "tu che hai lì?" chiede a sua volta, curioso dallo stravagante colore del contenuto del suo bicchiere, ancora praticamente pieno.
"vodka alla fragola." ammette, l'altro storce immediatamente il naso, strano che ad una festa di lusso ci sia una bevanda simile.
"sicuro di non avere quattordici anni?" dice, in una smorfia, e il più basso ridacchia, senza rispondergli. nessuno dei due, per la prima volta, sembra essere in vena di cominciare a battibeccare con l'altro, troppo stanchi per trovare risposte sufficientemente sarcastiche.

"come mai ti sei allontanato?" ad aprire un nuovo discorso è minho, che si prende un secondo per squadrare il profilo dell'altro, pensante. la sua maschera è più lucente del solito, probabilmente l'ha ripulita per l'occasione.
"ero stanco di spiegare alle persone che il mio nome non è hamster." si gratta la nuca, mentre elabora mentalmente una lista di tutti gli invitati che dall'inizio della serata lo hanno chiamato nel modo sbagliato, almeno una trentina.
l'altro torna a guardare davanti a sé.
"certo, potevi scegliere un nome diverso. questo crea confusione." commenta. il castano gonfia le guance, e sbatte le palpebre, pigramente.
"a me piace. ma mi piacerebbe ancora di più se qualche volta, qualcuno lo azzeccasse." borbotta.

la calma che li circonda è inusuale, tanto da sembrare quasi sospetta ai sospettosi sensi di lee know, come la quiete prima della tempesta. al contrario, hanster sembra bearsene, passare del tempo con il perfetto e rigido eroe della metropoli si sta rivelando stranamente piacevole.
"non ti stai divertendo, vero?" nota poi, dandogli una spallata, e ricevendo in risposta una sorta di occhiataccia indecifrabile.
"non riesco, ho una strana sensazione, riguardo stasera. come se stesse per accadere qualcosa." spiega, toccandosi la punta dell'orecchio destro, tremolante fino a poco prima. jisung segue il suo sguardo, concentrandosi anche lui sulla cinquantina di persone nel giardino.

la constatazione sorge spontanea.
"magari non sai divertirti." e potrebbe avere ragione, a dirla tutta. minho non è mai riuscito a divertirsi, a spegnere il cervello per qualche ora, ogni tanto vorrebbe esserne in grado. mugugna, senza dire nulla, fermo sul posto.
l'altro prende un respiro, finché uno degli invitati non cattura la sua attenzione.
"sai, tutti parlano di te e quel giornalista." enuncia, indicando il diretto interessato con il mignolo. lee felix si fa strada attraverso la folla, salutando qua e là qualche volto ormai familiare, e le sue gesta aggraziate per natura vengono accentuate dalle maniche svolazzanti dell'aderente maglia bianca che indossa. a rincorrerlo, jeongin, con una giacca nera a noleggio di circa due taglie più grande.

minho non ha bisogno di seguire la traiettoria della sua indicazione per capire di chi stia parlando, e si morde le labbra.
"la cosa non mi sorprende." sospira.
"gli avranno fatto un miliardo di domande su di te, non sapevo ci fosse un'intesa." mormora curiosamente jisung, allontanandosi dalla ringhiera bianca, per adagiare la schiena contro il muro, con le braccia al petto. il più alto fa schioccare la lingua contro il palato.
"alla gente piace inventare storie d'amore. è l'unico da cui mi faccio intervistare, perché è bravo, non perché mi piace. e l'ho salvato un paio di volte, secondo loro è l'ostaggio perfetto, per tendermi una trappola." gli racconta, lo trova piuttosto interessante.

lee felix è in assoluto la persona la cui incolumità personale è più a rischio di tutta la città, secondo molte menti criminali, è la scorciatoia più veloce per arrivare all'inafferrabile supereroe. forse è proprio la sua presenza, ad agitare tanto minho quella sera. tanto da fargli prudere la punta del naso, come l'avesse punto una zanzara.
"c'è qualcosa che non va, devo andare a controllare." dice quindi, guardandosi attorno con insistenza, ma quando fa per rientrare l'altro si precipita giocosamente davanti alla portafinestra spalancata del balcone.
"non c'è niente che non va! devi rilassarti, così agiti pure me, e io sono la persona più calma del mondo." ride, tentando di convincerlo a restare.

non saprebbe bene spiegare il perché, ma c'è qualcosa di estremamente gratificante, per lui, nel parlare amichevolmente con quella stessa persona che fino al giorno prima non ha fatto altro che riempirlo di insulti. lo fa sentire bene. minho, come suo solito, alza un sopracciglio.
"spostati, ho un sesto senso per queste cose."
e ce l'ha, tutti sanno che ce l'ha.
tutti tranne jisung.
"se cerchi una scusa per andartene, prova a trovane una migliore, su." piega la testa da un lato, mettendo su un teatrale broncio, che l'altro ignora completamente. gli si avvicina.
"fammi passare." scandisce bene le parole, come unico risultato, jisung prende a sghignazzare.

ma quell'irritante sorrisetto sul suo volto viene spazzato via come polvere, quando un boato, proveniente dal piano di sotto, semina il panico tra gli invitati.









𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora