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quando il cielo si tinge di rosso, ed il sole è sul punto di tramontare, la tenue luce dei suoi raggi si affievolisce dietro i residenziali grattacieli della città, lontani decine e decine di isolati dai quartieri come quello di jisung.

per lee know, riconoscere il suo palazzo è stato un gioco da ragazzi, ne rammenta perfettamente i dettagli, le finestre con i loro davanzali bianchi, il mattonato color terra, e per aiutarlo, un altro piccolo indizio. un grande gatto dal pelo castano, tendente ad un arancione sporco, se ne sta beatamente appollaiato sull'alto cornicione in cemento, intento ad osservare il panorama, ed il supereroe è certo non si tratti di un qualunque animale randagio.
"han?" mormora, raggiungendolo con cautela e lui rizza le orecchie, voltandosi per poi sedersi nella sua direzione, dando così le spalle alla sua new york. lì, minho riceve la conferma della sua supposizione, e sospira.
"puoi tornare umano, per un secondo?" domanda. il gatto rimane immobile, apparentemente poco propenso ad assecondare la richiesta dell'altro, ignorandola con aria seccata, ma il suo sguardo felino resta ancorato a quello profondo dell'interlocutore.

il moro sbuffa, annuendo tra sé e sé mentre si passa una mano tra i capelli e sente gli occhi gialli dell'animale fissi su di sé, come stesse aspettando qualcosa, qualunque cosa.
"va bene, lo capisco. sei arrabbiato." sussurra, mordicchiandosi il labbro. non è solito scusarsi, tantomeno lo è aprirsi con persone che non siano quell'affidabile ragazzo riflesso nel suo stesso specchio ogni mattina, ma deve farlo, lo deve a jisung, quanto a se stesso.
anche gli eroi meritano l'amore.
"ascolta, mi dispiace per come mi sono comportato, per quello che ho detto. non credo che tu sia d'intralcio al piano, non potresti mai esserlo." ammette quindi, avvicinandosi. il micio lo osserva, lo contempla, ed il suo sguardo pare addolcirsi, quando minho lo fronteggia, ma il suo silenzio persiste, fermo sul posto.
se lo merita, in effetti.

il supereroe deglutisce.
"so che sei forte, sono io a non esserlo abbastanza, credo." dice, portandosi una mano al petto, e stringe il suo costume nero laddove sente il cuore battere ad un ritmo insolito, per lui, tipicamente freddo come il ghiaccio. prende un respiro profondo, l'ennesimo da quando ha cominciato a parlare, e sa che non sarà l'ultimo.
"ho solo paura che ti succeda qualcosa, non mi è mai capitato prima, è tutto così nuovo, strano." borbotta. l'animale sposta l'attenzione, dalle sue iridi scure al pugno chiuso, e nel suo sollevare una zampa minho scorge quella curiosità tipica di hanster. trova quasi più semplice, vista forse la sua affinità con i gatti, parlare con uno di loro piuttosto che con un essere umano, ed è piuttosto convinto che jisung l'abbia capito, e che per questo motivo, stia aspettando la fine di quel suo inconcludente discorso, per ritrasformarsi.

"la verità è che tu mi piaci, e sono terrorizzato, da una marea di cose. non ho mai provato niente di simile per nessuno, e mi fai impazzire! ci sono momenti in cui vorrei solo prenderti a schiaffi, ed altri in cui mi tremano le ginocchia e mi sento come se il cuore stesse per esplodermi nel petto. mi fai sentire un completo idiota, ogni tanto." confessa, d'improvviso, tutto d'un fiato; tanto che il suo respiro si fa affannato, quando finalmente si tace e studia l'aria sbigottita del felino. lui non accenna tuttavia a muoversi, pare pietrificato sotto il folle sguardo supplichevole dell'altro, che non ne può più dei suoi maledetti poteri.

certo, non lo biasima. se potesse, anche lui si trasformerebbe in un qualsiasi animale per evitare certe conversazioni, complicate.
"puoi dire qualcosa, per favore?" sbotta, nervoso, e salta in aria quando una voce familiare, alle sue spalle, s'intromette.
"con chi stai parlando?" domanda.

"han?" sconvolto, minho lo squadra da capo a piedi. è decisamente lui, costume scarlatto, posa inquisitoria e beffarda, e capelli del medesimo colore del pelo di quello stramaledetto gattaccio, che nel frattempo salta via, e si dilegua.
"già, parlavi da solo?" chiede, confuso, riservando un'occhiataccia al micio della sua vicina di casa, un furbetto di nome pomodoro. e lee know vorrebbe sparire, vorrebbe mettersi le mani trai capelli ed urlare a squarciagola, tanto si sente imbranato, ma non può farlo. si ritrova, quindi, a mordersi violentemente le labbra.
"non ci posso credere." rantola, tanto a bassa voce da non farsi sentire dall'altro, che si limita a guardarlo con le mani sui fianchi.

jisung sospira, muovendosi di qualche passo nella sua direzione e quando lo raggiunge, prende il posto del gatto sul cornicione.
"che ci fai qui?" sbuffa, allora, incrociando le gambe, e si posa i palmi sulle cosce.
"ero venuto a cercarti, volevo scusarmi,
parlare con te." risponde affranto il più alto, adagiandosi accigliato accanto al castano, che gonfia le guance, stranito dal suo bizzarro comportamento, e piacevolmente colpito dal buon proposito del supereroe.
"davvero?" sussurra, quindi.
"sì, dannazione. ho già detto tutto a quel gatto, non so se sarò in grado di ripeterlo." farfuglia, una discreta inquietudine ne appesantisce il tono e l'aria attorno a loro gli sembra più pesante, rarefatta. han sbatte le ciglia, con stupore, ed un sorriso divertito s'impossessa del suo broncio.
"credevi fossi il gatto della signora kim?" ridacchia, grattandosi la nuca, e l'altro mugola, schiaffandosi una mano sul viso.
"è un gatto maledettamente espressivo." grugnisce, ed il bruno scuote il capo, sogghignando. lee know lo guarda, ed il suo cuore, alleggeritosi qualche istante prima, torna pesante come un macigno: jisung se ne rende conto, e tenta di aiutarlo, come meglio può.
"sappi che non sei obbligato a parlare, se non vuoi farlo." mugugna, sincero. non ha bisogno delle scuse, la sua presenza è sufficiente.

ma se ci è riuscito una volta, potrà farcela di nuovo, perciò prende un respiro profondo, e si siede al fianco dell'altro eroe, che ricambia audacemente il suo sguardo. 
"devo farlo." lo corregge, in un mormorio, per poi volgere l'attenzione alla loro grande mela, la loro amata città. passa qualche secondo, ed il silenzio li avvolge, come una coperta.

jisung non osa mettergli fretta, ma di tanto in tanto, con la coda dell'occhio, lo guarda e spera gli rivolga la parola. e quando lo farà, sarà pronto ad ascoltarlo.


𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora