{✩ 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 ✩}
-𝐭𝐡𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐜𝐮𝐞𝐫𝐬-
dove un nuovo supereroe dall'aspetto stravagante sopraggiunge tra le strade di new york, catturando l'attenzione dei giornalisti, dei comuni cittadini, e soprattutto, quella del precedente...
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nel corso della sua vita, lee know si è scontrato con uomini grossi il doppio di lui, montagne con pistole e coltellacci stretti tra le dita, e li ha disarmati a mani nude, senza ripensamenti. lui salta di tetto in tetto, si getta tra le fiamme dei palazzi quando gli incendi divampano, senza timori, ed ha il coraggio di combattere contro chiunque minacci la pace nella sua città. è noto per il suo coraggio.
e cosa direbbe la stampa, se lo vedesse in queste condizioni? con le mani sudaticce, il battito cardiaco accelerato, le labbra premute l'una contro l'altra e lo sguardo rivolto verso il cielo, tutto pur di evitare quello di han, mentre tenta di trovare le parole giuste. ridicolo, una delusione nazionale, un codardo. "mi dispiace." sospira, finalmente. potrebbe ripetersi, recitare punto per punto il discorso fatto a quel maledetto gatto, ma non gli sembra corretto, non sarebbe spontaneo. "sono stato davvero un bastardo, scusami. ero solo spaventato." borbotta. jisung annuisce, sa quanto sia difficile per lui, e gli viene incontro. "lo so, non sono arrabbiato. ci sono rimasto male, sì, ma so perché ti sei comportato così." fa spallucce, e le sue gambe dondolano nel vuoto. minho alza un sopracciglio, dubita fortemente che lo sappia, ed ha ragione.
"hai paura che il piano fallisca." dice infatti il castano, con ovvietà, voltandosi. il supereroe, a questo punto, si ritrova davanti ad un bivio: potrebbe fare la cosa giusta, annuire in silenzio, chiudere lì la questione e fare finta di niente, per poi continuare serenamente con la propria vita e tornare così a concentrarsi sul loro principale problema, la sconfitta di hwang. oppure, potrebbe essere un po' egoista, per una volta, assecondare i suoi sentimenti e comportarsi come il ventiquattrenne innamorato che è, dimenticando per un istante di essere il protettore di new york. "no, non è solo per quello." risponde, senza neppure rendersene conto. lui ha creato le sue stesse, sciocche regole, e lui può infrangerle.
il bruno si porta la mano sotto il mento, guardando il maggiore con attenzione. "no?" ripete, confuso. passa qualche secondo, prima che minho trovi il coraggio di replicare. "non voglio che ti accada qualcosa." ammette, risoluto. hanster sbatte le palpebre, piacevolmente colpito dall'inaspettata confessione, e sorride, arrossendo appena. "non mi accadrà nulla." lo rincuora, strofinando il palmo contro il braccio dell'altro, teso. "lo so." taglia corto, ovviamente lo sa, ne è più che certo, non lo avrebbe permesso.
il sole è tramontato, e come il buio, anche il silenzio piomba su di loro, ma ha vita breve, tanto che nel giro di pochi istanti, viene sormontato dalla voce di jisung. "credo di doverti delle scuse anche io." sbuffa, prima di cambiare posizione, portandosi le ginocchia al petto. il suo sguardo, rivolto precedentemente al rossastro scenario del crepuscolo, trova nel volto sorpreso dell'altro un nuovo panorama, altrettanto affascinante. "non avrei dovuto darti del bastardo, lo sai, no? che non lo penso davvero." continua, riservandogli la sua completa attenzione, e minho annuisce, comprensivo. "ora lo so." risponde.
ma non basta, secondo l'eroe in rosso, che riprende il suo discorso con una disinvoltura che il corvino vorrebbe tanto possedere. "è che ci sono rimasto male, io ti ammiro molto, lee know. ho sempre pensato, non so, di essere banale, in confronto a te." sussurra, imbarazzato. l'ha sempre pensato, da ben prima che diventasse effettivamente un supereroe, quando ancora si limitava ad ammirare i manifesti appesi nella sua camera e sperava, un giorno, di sentirsi all'altezza del fenomenale lee know, il suo unico idolo. non importa quanto grandiosi i suoi poteri siano, quanto sicuro di sé possa apparire agli occhi dei giornalisti, sotto la maschera, si nasconde comunque un ragazzino, un ventunenne insicuro, quello stesso perdente che al liceo passava inosservato, e adesso si crogiola nella fama che ha sempre cercato. "una persona normale, ecco." conclude, quindi.
minho ripete quella parola tra sé e sé, tentando di darle un senso, non gli è molto chiaro. "ma sei un supereroe." controbatte, guardandolo dritto negli occhi, con le sopracciglia aggrottate come al suo solito. han scuote la testa. "non intendo quello. non so come spiegartelo, ma sono normale." borbotta. solitamente, quando si confida circa certe preoccupazioni con changbin e christopher, le loro risposte si concretizzano in mere consolazioni, che tuttavia, non lo fanno stare poi tanto meglio. sta lì, una delle più profonde differenze trai due supereroi, se hanster non avesse il dono dei mutaforma, condurrebbe una vita come tante. lee know, d'altro canto, è nato per essere speciale, con o senza le sue abilità sovrumane, è un eroe. "ecco, sono una persona normale, con capacità anormali." confessa, allora.
"mi piace, normale." bisbiglia il moro, senza neppure rendersene conto, ma quando realizza di aver pronunciato realmente quelle parole, boccheggia e chiude gli occhi. jisung lo osserva, silenzioso, e sente il cuore battere come mai, prima d'ora. le dita tremano, e le incrocia. "certo, come no." ridacchia, nervoso, convinto che l'abbia detto così, con leggerezza, tanto per sollevargli il morale dopo una giornata stancante. ma lee know non ha più le forze, per continuare a girarci intorno, e finalmente, lo ammette. "mi piaci tu, a dire il vero." mormora.
il tono della sua voce è basso, tanto che han crede addirittura di esserselo immaginato, e continua a guardarlo, le palpebre spalancate. "cosa?" chiede, avvicinandosi con incertezza all'altro, che prende un bel respiro, finché non si sente pronto, per la seconda volta oggi. "mi piaci, han, davvero tanto. è per questo che sono stato così brusco, prima, voglio che tu sia al sicuro, non so che farei se ti accadesse qualcosa." confessa, di nuovo, e lo travolge quella stessa inquietudine di prima, che lo porta ad gonfiare il petto e respirare affannosamente. "mi piaci davvero, da impazzire." aggiunge, agitato.
ma l'immediata reazione di jisung lo tranquillizza, ed è decisamente più appagante di quella di quel rognoso gattaccio. le sue labbra si increspano in un sorriso meravigliato, trema, sente gli occhi farsi lucidi e nonostante non sia in grado di proferire parola, le sue azioni parlano da sé. si allunga nella direzione dell'altro, e prima che minho possa studiare e comprendere le sue intenzioni, lo bacia, con decisione, come ha sempre voluto fare.
e così, sotto la luna ed abbracciati dal vento di quella fredda serata, si abbandonano ai loro timidi istinti, e credono di meritarselo.