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scocca la mezzanotte; i violenti rintocchi di un grosso orologio a pendolo in ebano riempiono il religioso silenzio nel quale felix si è risvegliato, legato ad una poltroncina nera nel bel mezzo di una stanza fredda, buia e apparentemente vuota. le cinghie in pelle che gli abbracciano braccia, busto e polsi, si fanno messaggere di una firma inconfondibile, solo un dettaglio lo disorienta.

"hai cambiato sedia?" sono le sue prime parole, guardando davanti a sé, certo che il temuto criminale dai capelli rossi si celi nell'ombra, impaziente di rivelarsi con un'entrata ad effetto, che il tono sereno del giornalista manda a monte. le luci si accendono in quell'istante, e a qualche metro da lui, adagiato su una scrivania ad angolo dai riflessi ferrigni dall'altro lato della saletta, hwang incrocia le braccia al petto, con aria insoddisfatta, ed un sopracciglio inarcato.
"ma come, non tremi di paura?" dice, retorico. è ovvio, che felix non abbia paura, tanto abituato ai suoi costanti rapimenti, la considera quasi una formalità, un gioco tra l'eroe e la sua nemesi, nel quale lui interpreta sempre il ruolo di damigella in difficoltà. perché mai dovrebbe essere preoccupato? non sarà diversa da tutte le altre volte, in meno di una settimana, lee know lo avrebbe salvato e sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni.

il biondo sbuffa, inclinando la testa da un lato, un torcicollo lancinante lo porta a stringere i denti, ma si ricompone con immediatezza, e fa mente locale sugli avvenimenti di qualche ora prima.
"lo sai che non ci si presenta ad una festa senza invito? eppure ti credevo un gentiluomo." lo rimbecca, e fa per accavallare una gamba sull'altra, ma le stesse cinture circondano anche le sue caviglie, tenendolo fermo sul posto.
"sono un gentiluomo, per questo ho cambiato sedia." annuisce hyunjin, tra sé e sé, ripensando a quella volta in cui, in ostaggio nel suo covo un paio di mesi prima, lo aveva sentito lamentarsi di quanto scomoda fosse la vecchia poltroncina.

un mugugno sfugge alle sue labbra sigillate, ancora rosacee di un leggero trucco.
"mi hai rovinato la serata. non puoi rapire qualcun altro, di tanto in tanto? tra milioni di giornalisti, ci finisco sempre in mezzo io, all'università non mi avevano mica avvisato." si lamenta, osservando l'altro mentre si volta in direzione degli innumerevoli schermi sulla parete, cercando di connettersi alle telecamere di sorveglianza dell'albergo dell'evento.
"perché sei il preferito di lee know." risponde, alzando gli occhi al cielo, annoiato.
"secondo me sono solo il tuo preferito."

e ovviamente hyunjin non avrebbe permesso a nessun altro di rivolgersi a lui in quel modo, ma il fare pungente del giornalista e il suo tono mordace sono alcuni dei motivi per cui non si annoia mai, quando gli fa da ostaggio.
"sei il più fastidioso, almeno gli altri sarebbero spaventati a morte." ghigna, scrollando le spalle con indifferenza, per poi voltarsi nuovamente verso il suo prigioniero, che gli regala un sorriso divertito, al ricordo di un simpatico episodio.
"è difficile avere paura di un uomo, dopo averlo visto mangiare dello yogurt con una forchetta." ride, facendo spalancare la bocca al criminale.
"è successo solo una volta, e-"
"e il tuo tirapiedi non trovava i cucchiai, lo so, è la decima volta che tiri fuori questa scusa."

ad interrompere il loro teatrino da amici di vecchia data, un colpo di tosse forzato, ed entrambi tornano seri, spostando l'attenzione su seungmin, che dietro di loro trasporta uno scatolone straboccante di tubi e rotelle.
"non sono il suo tirapiedi." afferma, posando il pesante contenitore ai piedi del capo. felix gli fa un cenno, cordiale come sempre.
"non ti avevo visto! ciao, seungmin." dice, contenuto, schiarendosi la gola.
"ciao a te, felix." lo saluta a sua volta, affiancando hyunjin. lui tira fuori dalla scatola quelli che al giornalista pare una sorta di sperone di latta, appuntito, e lo studia con attenzione, per poi annuire con convinzione all'assistente, che in risposta imita il suo gesto, e riafferra il recipiente.

felix allunga un occhio, curioso.
"strumenti di tortura?" domanda, sardonico. lui più di tutti sa bene che non gli torcerebbe un capello, la furia del supereroe incomberebbe su di lui come una tempesta tropicale sulle palme.
"solo se mi dai fastidio." sta al gioco il criminale, posando l'ordigno sulla scrivania, proprio sopra una montagnetta di fogli scarabocchiati, ammucchiati l'uno sopra l'altro.
"ora se permetti, è giunto il momento di pianificare gli ultimi dettagli del mio piano, gradirei un po' di silenzio." annuncia, digitando qualcosa sulla sua lunga tastiera, qualcosa che a felix non è dato sapere. il giornalista sospira.

non gli rimane nulla da fare, se non attendere pazientemente di essere salvato.
per l'ennesima volta.


𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora